Spiritualità, simboli, tecnologie: nuove vie dell’aniconico
L’Astrazione ha compiuto cent’anni da quasi un decennio (1912) e le modalità che la caratterizzano non sembrano essere mutate. I suoi protagonisti, pur a latitudini distantissime tra loro, sembrano mantenere la medesima riservatezza appartata e silenziosa, quasi che il ritmo della loro ricerca finisca col condizionarne anche la condotta.
La realtà contemporanea ci rende un’Astrazione in buona salute, diffusa capillarmente, il più delle volte rivendicata dai protagonisti con soddisfazione, consapevoli della sua storia centenaria.
Nelle ripetute occasioni in cui ho effettuato ricognizioni in quest’ambito – con le quattro rassegne pubbliche del progetto “Generazione astratta”, dal 1999 al 2007, individuando una ventina di protagonisti, oppure con le selezioni per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 2009 – gli artisti hanno risposto con una vitale dimostrazione di varietà interpretative, ora focalizzate sulla luce, ora sulla materia, sulla pregnanza cromatica o sul segno.
Viste le peculiarità di questa ricerca, operare oggi una selezione che possa avere un senso futuro, non significa quindi segnalare solo le personalità più convincenti o promettenti, ma quelle che, nelle differenti consistenze professionali, ne garantiscono un futuro nel suo insieme.
Da Roberto Floreani e Marco Tirelli, nati entrambi nel 1956, passando per Davide Nido (1966-2014), Marco Grimaldi (1967), Vincenzo Marsiglia (1972) e Paolo Bini (1984), si copre un arco generazionale di quasi un trentennio, dove l’indagine artistica viene declinata, di volta in volta, secondo modalità del tutto personali, ma con la medesima determinazione.
Roberto Floreani elabora da sempre una materia raffinata, organizzandola poi nelle geometrie dei suoi Concentrici, divenuti dal 2003 sigla espressiva riconoscibile.
Marco Tirelli affronta la sua personale sfida con la luce, partendo dalle tenebre del nero assoluto della grafite, sfidandone con sapienza l’impalpabile e inesorabile manipolazione.