Facebook
Twitter
LinkedIn

Impossibile restare indifferenti davanti alle opere di Enrico Robusti: sono dichiarazioni che risuonano con titoli magniloquenti, talvolta volutamente ridondanti, popolate da personaggi che costituiscono un bestiario personale dell’artista, che, come i protagonisti delle tele, è travolto da quel vortice frenetico che è l’esistenza. Robusti non ha dubbi nell’ ammettere di essere dentro questa società distorta e inquietante, egli rifugge qualsiasi intento moraleggiante, anche l’artista è un peccatore. E così sia. Fortunatamente Robusti sta alla larga da quel perbenismo di facciata che castra e reprime qualsiasi pulsione, che inevitabilmente finisce per esplodere, perché le pulsioni tribali esprimono la parte più originale e animale dell’uomo, che è a tutti gli effetti una bestia.

 

Enrico Robusti
Enrico Robusti, Signorina! il suo profumo mi ha agganciato come un pescegatto, cm 100×120.

 

Avrebbe potuto adagiarsi sulla laurea in giurisprudenza e intraprendere, come molti, una carriera certamente più sicura, il mensile fisso fa gola. Invece Robusti, che aveva sempre alternato lo studio universitario a ore di pittura, sceglie proprio la strada con meno sicurezze, quella dell’artista. Subito dopo la laurea esordisce a Parma, nel 1986, con la mostra “De rerum natura”. Una mostra di oltre trenta ritratti; infatti Robusti diventerà in quegli anni un apprezzato ritrattista, avendo così, tramite molte committenze, l’opportunità di venire a contatto con molti dei personaggi della Parma bene di quel periodo.

Per anni Robusti si dedica al ritratto, acquisendo una tecnica notevole che sarà funzionale per i successivi sviluppi artistici e ritrovandosi ad essere un attore-spettatore in un ambiente borghese dove, ammette l’artista stesso, “dovevo adeguare il mio aspetto per sembrare uno di loro, solo così mi avrebbero preso sul serio”. Robusti entra in tantissimi spaccati esistenziali tramite la pratica del ritratto, a differenza di un artista che si chiude nel suo studio per partorire un’idea, lui sguazza in quella società borghese e la vive dentro e fuori.

 

Enrico Robusti, Bar Italia, 2001, olio su tela, cm 100×120.

 

Ma qualcosa bolle in pentola, e Robusti comincia a rivoluzionare le sue opere, ad aprire quel “vaso di Pandora” da cui escono personaggi grotteschi agitati in un vortice frenetico che, senza sosta, si affaccendano quasi fossero incalzati a vivere a tutti i costi. Ambienti e personaggi sono alterati dalla prospettiva grandangolare che crea un effetto di grande agitazione, un gorgo dal quale è difficile stare lontani, anzi, lo spettatore è invitato a entrare nell’opera perché ritrova le medesime sensazioni riportate dall’artista.

 

Enrico Robusti, Gli Intenditori, 2007, acrilico su tela, cm 120×100.

 

Questa svolta prospettica vede il suo esordio nell’opera Bar Italia (2001) dove Robusti comincia a scardinare la tecnica fino ad allora usata: comincia a svilupparsi quel cambiamento che diventerà uno dei tratti distintivi della pittura dell’artista.

Nelle scene di vita tipiche della pianura padana, dai riti culinari alle acque dense del Po fino al rito dell’aggancio in balera e ai divani damascati anni 70 immancabili protagonisti nelle case delle zie e delle nonne, Robusti racconta una società senza tempo, tipizzando impressioni e sensazioni da ricordi e appunti presi su un taccuino che porta sempre con sé, sul quale nascono prima i titoli che sono ampio compendio delle opere stesse.

Titoli come Zampone e lenticchie. Tanti soldi per gente con le zampine corte (2020) o Mistica della torta fritta.  Diffuso rito celebrativo della torta, che abbandonati gli speran-zosi lieviti della prima ora, diventa fritta per sempre! (2020) già ci fanno catapultare sulla scena: da un lato una tavolata imbandita per il capodanno, stipata di personaggi che si apprestano alla cerimonia di fine anno: zampone e lenticchie. Dall’altro una cucina una squadra di donne indaffarate nella preparazione di un piatto tipico emiliano, la torta fritta: a capotavola prima colei che tira la sfoglia, all’altro capotavola colei che frigge la sfoglia, tra le due altre donne ai lati del tavolo aiutano nella preparazione.

 

Enrico Robusti, Nello scegliere un libro ho fatto un movimento proibito e mi sono trovato improvvisamente crocifisso, 2008, acrilico su tela, cm 148×100.

 

In entrambi i casi la prospettica convulsa trasmette un senso di instabilità, i personaggi abitano stanze vertiginose, locali in cui tutto è stravolto, anche il cibo partecipa a questa baraonda. In quei contesti sociali, fatti di tavolate imbandite, gente che va al bar, che va in spiaggia, a ballare, che si ritrova in vari momenti della giornata, emerge l’inadeguatezza dell’uomo davanti a una società che lui stesso ha costruito. Il tuo posto è qui tra noi è un’opera emblematica: già il titolo suona come un invito a far parte dell’inquietante gruppo di ospiti che gravitano attorno a un grande divano, per l’appunto, damascato. È un campionario variegato: dalla madre che, lasciva, preferisce le avances del suo amante piuttosto che badare al figlio che tiene sulle gambe, al vecchio con lo sguardo demoniaco che tiene a sé due gemelle siamesi, fino alla donna super prosperosa che cinge sotto all’enorme seno un omuncolo spaventato da tanta esuberanza.

In Doppio brodo (2020) ci troviamo in una classica spiaggia satura di persone, tra donne lascive e palpeggiamenti vari, è un grande ammasso di gente che è più simile a pezzi di carne a lesso, stipati uno accanto, se non sopra, l’altro. In Il casquè della sirena (2006) siamo in una tipica balera delle zone padane, perfino il pavimento richiama un certo gusto di quei locali nati negli anni Settanta. Qui la carnalità e la sensualità che già di per sé ha il ballo, viene amplificato dagli abiti delle donne che poco lasciano all’immaginazione, e le donzelle volentieri si concedono a baci e toccamenti da parte dei loro cavalieri.

La liquidità è un termine che non può applicarsi alla società rappresentata da Robusti. Se la società liquida è in continuo cambiamento, l’incertezza l’unica certezza, in Robusti vengono immortalate circostanze, vive percezioni, figure che ritroviamo intorno a noi, e che l’artista immortala con sagacia e irriverenza. Robusti fa emergere situazioni intriganti, talvolta disturbanti che possono mettere in crisi dei valori morali “comuni”: scaturisce così quell’amalgama che riguarda l’uomo nei suoi istinti più ferini in rapporto alle consuetudini sociali. Robusti dipinge una società senza tempo: ci sono e ci saranno sempre situazioni in cui emerge il lato più oscuro e pruriginoso dell’uomo. L’artista ferma dei momenti che si sono impressi nella memoria, sensazioni e sentimenti che vengono restituiti con rapide pennellate su grandi tele che sono un tripudio di un’umanità in cui tutti possiamo rivedere e rivivere le stesse emozioni che trasfonde l’artista. Allora abbandonate ogni indugio, al bando ogni timore, lasciatevi trascinare in quel tumulto impetuoso di circostanze e suggestioni, perché così è la vita e già ci siete dentro!

 

 

Abbonati ad ArteIN per ricevere il magazine

Ti potrebbe interessare