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Marzia Spatafora

Gianfranco Maraniello è il nuovo direttore del polo museale di Milano voluto dall’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi. È uno storico dell’arte con una lunga esperienza museale: già direttore del MART, Museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto e ancor prima direttore del MAMbo di Bologna.

È stato curatore presso il Centro d’Arte di Palazzo delle Papesse di Siena, il Macro di Roma e la Biennale di Shanghai, docente all’Accademia di belle arti di Brera e attualmente alla Iulm di Milano nel Dipartimento di Comunicazione, Arti e Moda. Oggi Milano rappresenta un’altra grande sfida per Maraniello che ne parla in questa intervista.

 

Gianfranco Maraniello
Galleria Futurismo ph. Margherita Gnaccolini

 

Gianfranco Maraniello, storico e critico d’arte di chiara fama, ha conseguito una carriera fulminante nel mondo museale italiano, adesso ha avuto un incarico di grande prestigio come direttore del Polo Museale milanese che raccoglie ben cinque musei: il Museo del Novecento, la Gam, Palazzo Morando, Casa Boschi Di Stefano, e lo studio/museo Francesco Messina.

Come pensa di dirigere e coordinare tutte queste identità museali così diverse tra loro?

Io credo che lavorare per un museo significhi operare solo in seguito a un ascolto e a una comprensione della storia e delle possibilità a venire, specifiche di un contesto. Non c’è metodologia ripetibile, ma adattamento interpretativo.Quel che personalmente ho avuto modo di fare finora è mettere assieme un serbatoio di esperienze non riproducibili, ma che mi spingono ad affrontare l’impegno a Milano con la consapevolezza del doversi rimettere in gioco e a disposizione di una visione più ampia rispetto alla competenza disciplinare di un esperto d’arte e di musei.

Tra le sue attività ci sarà pure una nuova grande sfida da affrontare: istituire la nuova Torre dell’Arengario collegata al Museo del Novecento. Un Museo che parte da zero. Che identità artistica vuol dare a questa nuova sezione museale Gianfranco Maraniello?

Certamente si tratta di una responsabilità importante, per la quale l’Amministrazione e, quindi, i cittadini investono molto e che impatta anche sul suo “esterno”, su Piazza Duomo, sull’immaginario e la visibilità che costantemente si manifesta già a partire dalla specifica situazione architettonica e urbanistica. Si tratta di un edificio che avrà condizioni operative e allestitive diverse dalla sua struttura gemella. Il primo arengario è ben delineato per contenere un percorso dell’arte del Novecento in un modello più classico, da pinacoteca, nel secondo si sarà forse sorpresi dal potenziale di ampi spazi che non “conterranno” l’arte, ma “saranno segnati” dall’irruenza di segni e gesti della contemporaneità.

 

Gianfranco Maraniello, ph. Margherita Gnaccolini

 

Pensa che il museo oggi debba essere concepito in modo diverso rispetto al passato?

Direi che anche solo parlare di “museo” sia un’illusoria aspirazione a un ideale. I musei sono diversi rispetto al passato e lo sono sempre tra loro. E lo sono sempre stati.

Palazzo Morando è la sede della collezione moda immagine, per Milano capitale della moda italiana potrebbe diventare un riferimento molto importante a livello internazionale; ha un progetto in proposito?

Sì, è prematuro parlarne e le anticipazioni sarebbero irrispettose nei confronti di diversi soggetti coinvolgibili in una nuova prospettiva, per una sede che già nella sua definizione promette troppo (moda-costume-immagine) e al tempo stesso appare generico negli obiettivi rispetto alla materia enorme e dinamica che potrebbe trattare. È certamente la sede che ha bisogno di riposizionarsi con maggiore coraggio rispetto al potenziale che può esprimere.

In passato, dal 2005 al 2015 si è occupato della gestione e direzione del MAMbo di Bologna e dell’intero sistema civico cittadino Bologna Musei, una sfida importante che molto probabilmente l’ha portata oggi a Milano, pensa che ci saranno differenze sostanziali gestionali e/o organizzative con la realtà milanese?

A dire il vero non trovo corrispondenze. Era una sfida diversa e che mi portò a dover pianificare prima un museo d’arte contemporanea e poi un progetto di gestione e interpretazione di un museo diffuso e articolato in tredici sedi, ma in un contesto più contenuto rispetto alla dimensione metropolitana di Milano e all’euforia di una città non facilmente schematizzabile, dove l’iniziativa pubblica deve essere un riferimento, ma anche un complementare facilitatore rispetto a quello che tanti sanno fare e producono con vigore straordinario e in autonomia.

 

Villa Reale, credit GAM Milano

 

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