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Luca Tommasi

L’arte accompagna e riempie le nostre giornate e come dico da tanti anni a questa parte “l’arte aiuta a vivere meglio”. Molti amici collezionisti se ne sono  resi conto durante la pandemia, quando si sono ritrovati chiusi e isolati nelle loro case e, soi-disant, quelli che hanno avuto la fortuna di trascorrere quel triste tempo circondati da tele, sculture e installazioni, pare che abbiano lenito in misura maggiore le loro sofferenze e in qualche caso hanno addiritturascoperto dettagli e sfumature inedite delle loro opere, agevolati da un godimento meno frettoloso e più meditato. Questo perciò è già un dividendo che incassiamo da subito nel momento in cui acquistiamo un’opera d’arte, e che poi l’arte sia ormai una forma di investimento vero e proprio, che viene analizzato e studiato come una qualsiasi commodity economica, non è più un mistero.

Il saggio di Fulvio Pellegrini dal titolo “Investire in arte tecniche e strategie per collezionisti” edito dalla nostra testata nel 2022 vuole essere una sorta di guida per muoversi nell’intricato mondo del mercato dell’arte. La pubblicazione è scritta da una persona che ha deciso di mettere al servizio della sua passione, il collezionismo, le vaste competenze accumulate in più di trent’anni in qualità di direttore finanziario di diverse banche di dimensioni locali e internazionali. Avendo gestito i patrimoni e le tesorerie di vari istituti di credito, Pellegrini ha operato con la gran parte degli strumenti mobiliari esistenti, quali titoli di stato, obbligazioni, azioni, partecipazioni societarie, fondi d’investimento, fondi pensione, derivati. Il libro intende fornire delle risposte alla vexata questio: può essere l’arte una forma di investimento, complementare o alternativa ai tipici investimenti finanziari? E se sì, in quali modi e con quali strumenti?

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Il libro, articolato in ventidue agili capitoli, ci porta attraverso un viaggio fra grafici, tabelle, classifiche che cercano di fornire una dimensione razionale a un fenomeno che poi completamente razionale non è. Vengono messi a confronto i mercati internazionali con quello domestico, si approfondiscono gli aspetti  economici e fiscali, legislativi e regolamentari, senza mai perdere di vista il termine qualità, che per i neofiti è spesso quel fattore che rende più difficile saper leggere con profitto le discrasie che su questo vitale parametro si possono mal interpretare con una disattenta lettura dei dati. Non manca una puntuale analisi su come la pandemia da Sars-Cov-2 abbia inciso sull’economia dell’arte, sia a livello globale che sul lavoro delle gallerie italiane. Il libro si conclude con un epilogo a cura di Gabriele Boni in cui si affronta il più recente caso degli NFT e dove si forniscono delle risposte alle domande che più frequentemente emergono in relazione a questo recente fenomeno.

La lettura di questo volume aiuta il lettore a trovare una propria bussola che fatalmente oscilla fra emozione e ricerca della tranquillità economica, senza tuttavia mai dimenticare, prendendo a prestito le parole dell’autore, che “L’arte è bellezza, un richiamo ancestrale che può aiutarci davvero a trovare un senso profondo alla nostra esistenza in tempi in cui tutto scorre, viene usato e poi gettato via a velocità supersonica, senza lasciarci nulla nel cuore. (…) Il futuro bussa prepotentemente alle nostre porte, ma in tutto questo movimento c’è qualcosa che resiste viaggiando a un ritmo differente: la possibilità di contemplare, di riconoscerci nel gesto artistico, di mantenere vivo il nostro pensiero e la nostra individualità in una scelta convinta, di allargare la nostra mente invece di lasciarla restringere dai meccanismi opprimenti della globalizzazione”.

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