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Francesco Boni

Caro lettore, la redazione della nostra rivista ha deciso di dedicare gran parte di questo numero alle problematiche della contemporaneità, cercando allo stesso tempo di mettere in rilievo – una volta di più – quanto sia importante oggi il contributo della Donna. Il tentativo è quello di abbracciare un discorso, quindi, che non si vuole limitare all’evoluzione del mondo dell’arte, ma cerca di dare una risposta alle domande che ogni individuo si pone sulle possibilità di sopravvivenza della nostra specie e della stessa civiltà che abbiamo creato.

Oggi, così come è sempre stato, l’artista si deve porre come sfida personale l’arduo compito di immaginare una condizione del domani, una visione nuova e differente, capace di mettere in discussione quella tradizionale ed occidentale dell’individuo inteso come “uomo della ragione”, al centro dell’universo. È la realtà, con tutta la sua schiacciante prepotenza, a presentarci un orizzonte ben diverso da quello a cui ci siamo abituati da secoli: la tecnologia è sempre più invasiva, il mondo sembra ora perfettamente diviso in due.

Da una parte regna l’ottimismo scientifico, che ci promette l’infinito perfezionamento della nostra corporeità grazie allo sviluppo della medicina. Dall’altra il timore, sempre crescente, di una sovrapposizione della macchina sull’individuo per mezzo dell’automazione e dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Una vera e propria frattura, acuita dalle vicende che ci hanno accompagnato negli ultimi due anni.

Eventi e situazioni drammatiche, che hanno ulteriormente intensificato le già esistenti distanze sociali così come l’uso di schermi e superfici elettroniche, eliminando in maniera drastica la possibilità di un dialogo diretto e costruttivo tra individui. Sullo sfondo, come se non bastasse, resta la coscienza dei disastri ambientali che il nostro sistema di vita provoca all’universo, quotidianamente.

 

donna e arte
Giuliana Cuneaz, un frame dall’opera filmica I Cercatori di Luce, 2021 (Paola Corti).

 

Lo stato delle cose, insomma, non può che rammentarci la caducità della nostra esistenza. Non siamo invincibili, tanto meno autosufficienti. Soltanto un approccio superficiale può portare a ignorare ciò che è semplicemente evidenza: esistiamo in quanto parte di un sistema che ci lega gli uni agli altri. Esseri umani, corpi, natura, pianeti, culture e linguaggi.

Tutto deve convivere e comunicare. Questo è il clima che ci fa respirare giustamente la Biennale di Venezia 2022 e qui, come un cerchio che si chiude, arriviamo come ho promesso all’importanza della Donna. Basterà visitarla, per constatare e comprendere finalmente la massiccia partecipazione della sensibilità femminile al mondo dell’arte. Ciò che stupirà il visitatore, di questo sono fermamente convinto, sarà l’evidente ridimensionamento del ruolo maschile nella creatività, nell’evoluzione del pensiero e della cultura contemporanea.

Per la prima volta nella storia della Biennale, la curatela è stata affidata a una donna italiana, Cecilia Alemani, ed è forse grazie al suo coraggio che viene denunciata in maniera forte e risolutiva la fine dell’antropocentrismo.

Nelle opere stesse, quindi, possiamo trovare il richiamo alla necessità di una nuova comunione tra gli esseri umani e tutto ciò che ci circonda, il bisogno di dipendenze inscindibili che ci leghino davvero gli uni agli altri, e poi ancora a tutte le forme di vita che prosperano sul nostro pianeta. Un appuntamento imperdibile con l’arte, ma anche con il futuro che ci aspetta: nascerà dall’enorme fermento creativo che oggi il panorama internazionale ci propone.

Nel presentare il suo progetto, Cecilia Alemani ci ha tenuto a far notare un aspetto. Per la prima volta un curatore della Biennale non ha avuto modo di incontrare personalmente gran parte degli artisti invitati: “Spesso ho dovuto vivere solo dal computer le immagini delle opere progettate o realizzate per l’esposizione”.

Si è trovata costretta, quindi, a svolgere gran parte del suo lavoro davanti ad uno schermo, in perfetto “stile moderno”. È accaduto alla maggioranza di noi, del resto, nel lungo periodo in cui improvvisamente non abbiamo più goduto della libertà di incontrarci, della gioia della convivenza e del condividere, di quella partecipazione fisica a cui la mia generazione era abituata. Credo che il domani ce la negherà sempre di più, sarà questa la nuova consuetudine.

 

 

Tutto si sta evolvendo, le nuove generazioni sono pienamente a proprio agio davanti ad uno schermo, lo constatiamo tutti osservando come i giovanissimi diventino facilmente padroni dei nuovi sistemi di comunicazione.

Per questo motivo, mai come ora, mi piace consigliare con viva convinzione ai nostri lettori di alzarsi dalla poltrona o dal divano per visitare questa rassegna unica al mondo, vivere questa esperienza. Sarà una meravigliosa anticipazione di ciò che il futuro ci riserva. Un bagno rinfrescante o comunque costruttivo, nell’acqua del domani.

 

 

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