Diciamoci la verità, siamo tutti dei pezzi di carne messi insieme da grumi di pregiudizi. Ogni ambiente, in effetti, ha i suoi. Pensiamo ad esempio al mondo dell’arte, che vede il cosiddetto “mondo di internet” come se fosse lava da cui fuggire, da tenere lontano.
Possiamo nasconderci dietro un dito, utilizzare retoriche spicciole, iperboli e metafore, ma il punto è che internet fa paura perché è una realtà che non conosciamo affatto. La comunicazione è trasferimento di informazioni, ed è proprio grazie alla comunicazione che una estetica può esprimersi in una narrazione adeguata.
E proprio nel mondo dell’“intellighenzia artistica”, chi utilizza il nuovo linguaggio non viene preso mai seriamente in considerazione. Chi invece utilizza il vecchio linguaggio sta pian piano scomparendo… E questa cosa mi fa impazzire!
Proprio nel mondo dell’arte, dove durante tutto l’arco della storia delle creazioni artistiche non abbiamo avuto altro che conferme su quanto qualsiasi tipo di evoluzione sia stata assorbita e rilanciata come avanguardia, continuiamo imperterriti a muoverci e parlare come se questo non fosse mai accaduto. C’è sempre stata un’evoluzione comunicativa, solo che non ce ne rendiamo conto, anzi, non ce ne vogliamo rendere conto. L’evoluzione tecnologica porta necessariamente in sé il germe di un’evoluzione estetica e comunicativa, un nuovo linguaggio della narrazione.
Vi ricordate cosa è accaduto con il cinema? Vi ricordate come veniva trattato al momento della sua nascita? Date un’occhiata a quale fosse la considerazione dei “grandi critici” di quel tempo, e fatevi due risate. E vi ricordate cos’è accaduto con la televisione? Vi ricordate quanto fosse snobbata dal mondo della cultura? La comunicazione viene sempre espressa con una evoluzione del linguaggio.
Si è passati dalla parola, alla scrittura, al linguaggio cinematografico, a quello televisivo, ad internet. Attenzione, non sto dando un giudizio di merito. Non sono qui ad esaltare il linguaggio di internet come se fosse il grado più alto dell’espressione comunicativa. Esaltarlo sarebbe sbagliato, ma non prendere atto del cambiamento, dell’evoluzione già avvenuta, è catastrofico.

La pandemia del Covid-19 ha determinato una accelerazione di questo fenomeno di semplificazione e in molti hanno cercato di fiondarsi su internet senza conoscerne il linguaggio… così, come se fosse un posto accessibile a tutti, facile, semplice. E tutti sono andati a stamparsi contro un muro!
Semplificazione non è semplicità, è complessità, ed anche se non è sempre chiaro quale sia un “meglio” da perseguire o il “peggio” da scongiurare, esiste un’evoluzione di idee e giudizi. Siamo abituati a non cercare fra le sfumature del senso. L’abitudine crea un giaciglio, un nido di sicurezze dove ci corichiamo, creiamo la nostra comfort zone etica ed estetica. Invece di cercare come possiamo esprimere idee attraverso mezzi nuovi, ci arrocchiamo sulla comodità del già conosciuto.
Non giudico i variegati gusti del linguaggio contemporaneo. Lo odiamo, oh, quanto lo odiamo, lo detestiamo, sì, fino alla morte, ma è così! In ogni caso, asserragliarci su posizioni dogmatiche (e negative) in merito al linguaggio contemporaneo non ci rende poi così diversi da quei critici che detestavano il cinema, o poi la televisione (cose che noi, ormai, essendo nati e cresciuti insieme a questi mezzi e al loro linguaggio, abbiamo interiorizzato a livello estetico).
Dobbiamo sempre considerare con favore chi ha portato un’evoluzione stilistica: questa esiste nell’arte come nella comunicazione.
L’idea che “velocità” non collimi mai con “qualità” è vaga e confusa. Spesso tendiamo a dimenticarci che il fulcro di ogni vera creazione artistica è il “modo”, il “come” viene declinato un certo nuovo linguaggio, non il semplice fatto di applicarlo o di rifiutarlo.
Ho sentito parlare di “inutilità dei nuovi linguaggi” o di contro, anche della “necessità di soppiantare i vecchi linguaggi”, ma sono solo estremizzazioni inutili. Le scale di grigio sono la fonte del pensiero critico e il fulcro del suo sviluppo, e personalmente adoro “surfare” sulle scale di grigio… E voi?
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