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Gianluca Marziani

La spiaggia si riempie fin dalle prime ore mattutine, la gente prende gradualmente posto, scegliendo la postazione migliore mentre il sole inizia la sua salita zenitale. Ad un certo punto ecco qualcuno osservare la scena da un punto elevato: è un fotografo che indaga le relazioni simmetriche tra persone e spazi, un signore paziente che attende le assonanze risonanti, quel singolo istante in cui la messa a fuoco contiene la messa in equilibrio della vita in azione. Il nome di questo signore è Massimo Vitali, un riferimento solido nel panorama artistico mondiale, sorta di antropologo visivo che non cerca esotismi e anomalie ma gli habitat naturali del nostro immaginario italiano. La natura sensoriale dell’estate non era mai stata così empatica.

 

Massimo Vitali
Massimo Vitali, Tonfano from the Pier May 23rd 2020 17:29:57, 2020, Courtesy Galleria Mazzoleni London – Visionarea Roma.

 

Leporello 2020 No Country for Old Men è stata l’idea più attinente per aprire le porte in un momento di attesa rinascita, orientando lo sguardo verso il sole che cura, verso l’estate che giunge, verso il pubblico che attende. Massimo Vitali ha scattato le sedici foto del progetto tra giugno e settembre 2020, nel momento in cui l’Italia tornava al mare dopo la più surreale primavera del mondo recente.

Il tragitto costiero era lo stesso che il fotografo comasco (vive a Lucca da molto tempo) aveva attraversato quando girava il litorale toscano con il suo armamentario analogico, cogliendo gli spazi da un cavalletto con seduta, aprendo l’occhio su panoramiche vertiginose, abbracciando gli ambienti naturali dell’entropia umana. Da qualche anno Vitali fotografa con strumenti digitali ma le regole d’ingaggio sono sempre le stesse: posizionamento elevato, sguardo panoramico, messa a fuoco totale su ogni singolo dettaglio, luci naturali e omogenee, qualità di stampa e montaggio di eccellenza tedesca.

“Non sono mai stato attratto dal vuoto e le città deserte mi interessano poco”, ci racconta l’artista. “Ma in seguito alla chiusura primaverile, non appena è stato possibile lasciare la casa italiana per viaggiare, la gente è tornata sulle spiagge. E io ero lì, pronto a catturare gli italiani durante i loro momenti di relax e svago, chiedendomi se in qualche modo le persone fossero cambiate lungo l’esperienza pandemica. Dopo il primo mese di libertà, in cui una certa distanza era evidente e il tempo sembrava sospeso, i fine settimana estivi di luglio e agosto non si sono presentati molto diversi da quelli degli anni precedenti. Nascono così le 16 foto che sono diventate un’opera d’arte con le sembianze di un oggetto d’arte, una pubblicazione a fisarmonica, un leporello insomma”.

 

Massimo Vitali, Rosignano Llama, August 9th 2020 16:48:59, 2020, Courtesy Galleria Mazzoleni London – Visionarea Roma.

 

La parola “leporello” deriva dal nome del servo di Don Giovanni, colui che teneva un elenco di tutti i nomi delle avventure amorose del padrone, finché quel termine divenne la parola per qualsiasi tipo di libro piegato a fisarmonica. La mostra presenta sette fotografie del suddetto ciclo, stampate in anteprima per la mostra romana (in collaborazione con la Galleria Mazzoleni), che si affiancano ad una selezione di video, a diversi provini fotografici e a un leporello aperto sul tavolo, come fosse il viaggio dal finestrino mentre scorrono i panorami di un’Italia finalmente calda e felicemente “assembrata”.

Rosignano, Marina di Massa, foce del Serchio, Marina di Vecchiano, Livorno, Manarola, Porto Venere… spiagge che raccontano una parziale ma significativa storia italiana, legata ai ricordi delle lunghe estati, di stabilimenti attrezzati e spiagge libere, delle nuotate e dei racchettoni, dei tuffi dallo scoglio più alto, dei chioschi e dei bibitari, delle abbronzature, delle tresche sotto il sole. L’immaginario di Vitali ha quella rara sapienza di cogliere sentimenti diffusi, ricordi e frangenti collettivi, pezzetti mai didascalici di abitudini che creano rituali a cui tutti apparteniamo e che tutti sentiamo nel profondo. Dentro quelle foto, così complesse da apparire semplici come finestre sul paesaggio, esiste qualcosa di noi, dei nostri ricordi ma anche della nostra voglia di futuro, libertà e bellezza.

La fotografia di Vitali genera appartenenza mentre esprime un suo straniamento coreografico, una sua metafisica dal sapore filmico e dalla coscienza antropologica. Tutto è assolutamente reale, senza modifiche in postproduzione, eppure quelle spiagge somigliano a un set dalla regia meticolosa, sorta di sequenze in cui le comparse si dividono la ripresa, senza che nessuno prenda il centro della scena, senza che la prospettiva privilegi il vicino rispetto al lontano. Su quest’ambiguità figurativa si gioca la partita dello sguardo: e Vitali vince con quella rara capacità di gestire il ciclo spontaneo degli eventi, cogliendo le traiettorie invisibili che disegnano relazioni e misure degli spazi collettivi.

L’artista è un occhio silente che guarda il mondo con disciplina e pazienza, seguendo un approccio che fa pensare a Werner Herzog, a quei docufilm in cui l’autore tedesco sfidava i riti naturali con una mimesi che aderiva al tempo ciclico del paesaggio. Per Vitali la lunga attesa significa orchestrare i fili umani di un intreccio coreografico, una silenziosa entropia che solo l’artista può tarare, gestendo l’istante dello scatto, quel momento ipnotico in cui tutto sembra allineato all’equilibrio dei codici armonici.

La fotografia di Vitali assume il potenziale iconico del vedutismo veneziano di Canaletto, integrato ad una spinta tecnologica in cui l’iperrealismo metafisico nasce dal controllo olistico delle componenti estetiche. Ogni immagine è un cannocchiale prospettico che racchiude molteplici profondità di campo, una sfida magistrale allo spreco fotografico degli smartphone, sorta di evocativa controtendenza che concentra il massimo del potenziale tecnico nel singolo scatto semantico.

In un periodo dominato dal distanziamento sociale, il messaggio di Massimo Vitali ci riporta alle energie liberatorie dell’umanità, alla nostra attitudine verso lo scambio emotivo, ad una promessa di futuro che sia una riconquista di noi stessi tramite l’esperienza condivisa. Spiagge ma anche rave, concerti, piste innevate, città d’arte, luoghi che aggregano persone con tracciati umani spontanei, polarizzanti e randomici, siti in esterni dove il mondo narra le sue storie di vita abitata. I mondi di Massimo Vitali sono i luoghi dove le persone esprimono la massima dimensione collettiva, creando interstizi in cui la libertà non è più un lusso ma una condizione magnificamente sospesa.

 

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