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Rebecca Delmenico

Meravigliosamente eccentrico, teatrale, sovversivo… Tante anime abitano lo stile del fotografo e art director franco-ungherese Pol Kurucz che mette in scena un universo bizzarro e ipercolorato popolato da personaggi che raccontano eccessi, contraddizioni e ossessioni della società contemporanea; tra glam e bagliori teatrali si annidano i lati oscuri del nostro tempo. Senza mezze misure ma sempre con ironia, Pol Kurucz affronta temi sociali importanti come quelli legati alla razza o al genere, andando sempre verso un’estetica non convenzionale, sfidando i canoni dominanti e il concetto stesso di normalità.

D’altronde la creatività di Pol Kurucz ha avuto modo di crescere e prosperare sin dall’infanzia, quando trova nel teatro un mondo in cui convogliare la propria iperattività. E nel teatro continuerà anche da adulto, lavorando in ambito finanziario di giorno e curando la regia di spettacoli di notte. Cresciuto a Parigi, il fotografo ha poi compiuto molti viaggi per il mondo rimanendo conquistato dalle mille sfumature del Brasile. Attualmente Pol Kurucz porta avanti i suoi progetti tra lo studio di San Paolo, dove risiede, e quello di Los Angeles.

 

Pol Kurucz, Exentrix. Courtesy ©Pol Kurucz.

 

La fotografia arriva quasi per caso. “Quando mi sono trasferito in Brasile, ho cominciato ad avviare diversi progetti artistici tra cui mostre d’arte, cinema club, feste a tema e mi sono ritrovato ad aver bisogno di un fotografo per eventi, ma quelli che conoscevo erano costosi e un po’ noiosi”, racconta l’artista. “Così ho comprato una piccola macchina fotografica, ho iniziato a scattare e il mio istinto verso la regia teatrale ha preso il sopravvento, così mi sono ritrovato a dirigere nuovamente, questa volta modelli da dietro una fotocamera”.

Dal teatro al set, scene di vita tra il glamour e il trash

L’incontro con la fotografia è dirompente: Pol Kurucz smette i panni del manager e comincia a creare le sue messe in scena pop-statiche, surreali, paradossali, imbevute di colori vibranti, acidi, saturi, caratterizzate da un’estetica che danza tra glamour e trash. Le immagini che nascono sono scioccanti, ti investono con un impatto travolgente che non può lasciare indifferenti. Fanno rumore, irrompono nell’immaginario senza chiedere permesso: dietro il fulgore artificioso delle immagini emergono messaggi importanti.

 

Pol Kurucz
Pol Kurucz, Subway to Nowhere, 2020. Courtesy ©Pol Kurucz

 

Pol Kurucz, che si avvale della collaborazione di un team di professionisti, lavora a progetti che, con audacia, mettono in primo piano questioni come l’identità di genere, la difesa delle minoranze, la parità di diritti, il razzismo, il femminismo e il consumismo. Questioni mondiali ma anche locali e presenti nella società brasiliana, come le aspettative riservate alle donne di colore.

Le principali ispirazioni di Pol Kurucz provengono dall’universo cinematografico e teatrale. “Per citare alcuni nomi Roy Andersson, Alejandro Jodorowsky, Tim Burton, Rena Laloux, Jacques Tati. Il cinema influenza moltissimo il mio lavoro e voglio concentrarmi proprio su di esso, per collegarlo maggiormente alla fotografia”.

Gli ultimi lavori, condivisi sull’account Instagram di Pol Kurucz, combinano fotografie classiche con modelli virtuali e immagini 3D iperrealistiche. “Il covid”, racconta, “mi ha costretto a lavorare senza set reali, così ho cominciato a usare il palcoscenico del 3D e il mio lavoro 3D ha cominciato a svilupparsi. Non ho studiato un vero e proprio progetto. Inizialmente facevo semplici animazioni per avere più post su Instagram e con il tempo si sono aggiunte più funzionalità, livelli, effetti fino a quando queste animazioni sono diventate vere e proprie opere d’arte realistiche in movimento.

 

Pol Kurucz, Glam Jail – Barbie. Courtesy ©Pol Kurucz.

 

Il lavoro ha preso corpo ma era iniziato quasi per gioco”. Questa la tendenza del lavoro di Pol Kurucz: le immagini in movimento delineano scenari provocatori, satirici, evocativi attraversati da una vena talvolta inquietante, come tipico dell’inconfondibile stile di questo creativo. Le immagini, visualizzate principalmente su dispositivi mobili sono molto vivide, infatti Kurucz e il suo team lavorano su monitor calibrati per ottenere una resa del colore il più simile possibile a quella dei dispositivi mobili più in uso.

La post produzione delle fotografie “è abbastanza semplice in termini di colore, contrasto, saturazione e luminosità generale… Ciò che viene fuori è il 90% dell’immagine finale. Dopo il servizio esporto il file RAW in TIF e lo invio a un ritoccatore. Quindi impieghiamo un’eternità per finalizzare l’immagine ritoccata”.

Pol Kurucz non ha dubbi e afferma: “Nel futuro penso che il confine tra foto, 3D e arte digitale diventerà sempre più sottile e i frame dei video potranno essere visualizzati come foto non appena la risoluzione lo consentirà”.

Nella serie “Politicas” viene affrontato il tema delle donne in politica, problematica più che mai attuale: da sempre Kurucz combatte l’idea maschiocentrica perché le donne possano essere protagoniste di ruoli politici e professionali, fatto che ora non rappresenta la normalità ma piuttosto un’eccezione.

“Glam Jail” affronta un altro tema caldo, quello dell’universo carcerario e purtroppo, ormai spesso, della brutalità della polizia. Lo spazio destinato ai colloqui, dove si consumano momenti tragici e delicati, diventa un’ambientazione artificiosa, simile a una pasticceria, dove tante lady si avvicendano in scene che sembrano raccontare una fiaba sì, ma dai risvolti dark.

 

Pol Kurucz, The Normals #3. Courtesy ©Pol Kurucz.

 

Il concetto di normalità viene messo in discussione nella serie “The Normals”: cosa vuol dire essere normali? Siamo portati ad adeguarci, a inquadrarci in quei canoni che sono stabiliti dalla società per essere accettati e far parte di essa. Ma non per tutti è così: c’è chi vuole esprimere la propria individualità andando oltre queste rigide barriere.

“Ho un problema con il modo in cui il mondo definisce cosa e come le cose dovrebbero essere per definirle ‘normali’, dice Pol Kurucz. “Le maggioranze tendono non solo a imporre la loro visione di ciò che è normale ma credono anche ciecamente all’universalità delle loro verità, il che porta all’accettazione, da parte delle masse, del terribile trattamento riservato ai ‘marginali’. ‘The Normals’ sono archetipi di queste anime libere che non si conformano al concetto di ‘normalità’”. Colori vibranti, talvolta fluo, ad alto tasso di vitalità accendono scene tra l’onirico e il paradossale.

Dissacranti le animazioni 3D che vedono animarsi i protagonisti dell’universo di Pol Kurucz. Esemplificativo il video in cui una prorompente modella trans abbigliata da una maglia multicolor, perizoma e scarpe alte si aggira nella boscaglia portando con sé una tanica di benzina, con cui vuole eliminare il corpo di uomo che, seppure a pezzi, è vivo e preoccupato della situazione… ne ha ben donde dal momento che indossa una maglietta con scritto “Make America Male Again”.

Pol Kurucz ha adattato la sua estetica glam-trash per toccare realtà scomode ma quanto mai presenti, che spesso è più comodo ignorare. “Gli esseri umani, specialmente quelli che sono insensibili a tutto il male che stiamo facendo gli uni agli altri e anche al nostro ambiente, fanno di tutto per rimanere nella loro comfort zone”, dice l’artista. “Senza provocarli, non c’è modo di avviare alcun pensiero che possa portare a un cambiamento”.

Smuovere le coscienze, andare oltre, provocare per scuotere e innescare un cambio di rotta. Pol Kurucz ti cattura, le sue mise en scène ti avvolgono e ti catapultano in una dimensione dove i ruoli si ribaltano e il categorico concetto di normalità non ha più senso di esistere.

 

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