Fino al 14 settembre 2025, tre sedi d’eccezione ospitano la mostra diffusa di Remo Salvadori (Cerreto Guidi, 1947).
L’esposizione, a cura di Elena Tettamanti e Antonella Soldaini, vede infatti coinvolti il Palazzo Reale, il Museo del Novecento e la Chiesa di San Gottardo in Corte, ripercorrendo in tutta la sua complessità e unicità l’opera del maestro toscano.
Sguardo, spazio, luogo. Si potrebbe sintetizzare così la grande mostra di Remo Salvadori Milano; con solo tre parole e lontani dalle dissertazioni, lontani dalle tematiche discorsive che si tuffano, ahinoi, nella pozza banale dell’osannata interdisciplinarietà. Ebbene sì, l’artista da sé ce lo ha detto, “non voglio pensare con la mente”, con una frase che ci appare tanto assurda quanto provocante, poiché, in verità: come si dovrebbe pensare? Eppure, come dare torto al maestro che è capace di rivelare con tanta “semplicità” la chiarezza della sua opera e l’insieme di una mostra da annoverare tra le più attuali.
Il pensiero è di certo frutto della mente, ed è anche corpo, matrice, sveglia recondita di una pratica che introduce al sé e all’altro; all’archetipico di una relazione possibile con lo spazio delle circostanze. Così hanno scritto le curatrici Elena Tettamanti e Antonella Soldaini: “Il linguaggio visivo dell’artista evita la narrazione didascalica per privilegiare una comunicazione più sottile, che si avvale di altri sistemi per entrare in risonanza con chi ne viene a contatto”. E tutto fila sin dall’impostazione della mostra, nemmeno lei vuole essere statica, ma, di fatto, diffusa.
Nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale (2-13 luglio) e al piano nobile della stessa istituzione (16-14 settembre), al Museo del Novecento (installazione permanente) e nella chiesa di San Gottardo in Corte (18 luglio-31 agosto). Tutto procede come procede il cammino. “Il luogo guida l’orientazione”, afferma il maestro riguardo a No’ si volta chi a stella è fisso, un’opera del 2004 (2025) composta da otto parallelepipedi accostati tra loro in modo tale che nel vuoto al centro dell’installazione si formi la sagoma di una stella.
Si, nel vuoto, che nel giorno della sua presentazione è stato accompagnato dalla musica e dal canto. Musicisti ordinati e disseminati, quasi casuali, inattendibili, progettati e non premeditati. Nel vuoto anch’essi, nello snodo dello spazio che si fa attesa. “La sua natura storica”, continua Salvadori a proposito della Sala delle Cariatidi, “mi ha portato a trovare nel suono del titolo dell’opera un vuoto che si fa stella”. E conclude: “Qui la stella si fa gioiello”. Lisce e nitide, specchianti talvolta, le opere impiegano linguaggi minimi che rischiano di non essere presi in considerazione, tanto siamo abituati all’opulenza di ciò che vuole affermarsi.
Ebbene, il lavoro di Salvadori ci costringe a rispolverare la forma che è poesia e la parola che si fa installazione. L’intreccio, la navigazione, il movimento e lo spostarsi da uno stato all’altro dello spazio, non deve quindi avvenire a testa bassa, con distrazione. Ci invita, mediante la pratica dell’artista consapevole di ciò che fa, a sostenere lo sguardo. La Sala del Piccolo Lucernario di Palazzo Reale gode di siffatta trama. Nell’unità di poco spazio, una accanto all’altra, vi è L’osservatore si sposta osservandosi (una struttura in ferro e oro simile a un cavalletto, del 1982) e Figura (elementi rettangolari disposti a formare un pavimento, del 1997), sulla quale poggia Continuo infinito presente (un cerchio composto da una serie di cavi d’acciaio intrecciati tra loro, realizzato per la prima volta nel 1985). E qui potremmo anche smettere di dire, poiché la poetica parla da sé; obbliga a stare lì, magari senza capire, ma cogliendone gradualmente (forse) qualche riferimento. L’unità dell’intreccio, che indirettamente sembra dare credito a chi sostiene che, alla fine, un’artista è come se realizzasse un’unica opera lungo tutta una vita. Nell’attesa dell’insieme, o nell’insieme dello spazio che si svolge per tappe o nel viluppo delle opere tra loro. Con una fitta trama di bacchette di rame si crea, dunque, l’Alveare (1996-2024) sulla grande parete lungo la rampa d’accesso del Museo del Novecento. Un’opera dall’atteggiamento metonimico che ci riconduce all’inizio. O meglio, alla fine di un percorso tutto da scoprire nelle sue variazioni. Come una parte della parte, oltre la soglia dei dodici fogli di piombo che compongono Nel Momento (1974-2025), allestiti site-specific sul lucernario del Museo; invitano a guardare attraverso e in basso, nella sala reale delle Cariatidi da cui tutto, per il momento, ha preso avvio.
Remo Salvadori
a cura di Elena Tettamanti e Antonella Soldaini
● Palazzo Reale | Sala delle Cariatidi dal 2 – 13 luglio 2025
● Palazzo Reale | Piano Nobile dal 16 luglio – 14 settembre 2025
● Museo del Novecento dal 2 luglio 2025 (installazione permanente)
● Chiesa di San Gottardo in Corte dal 18 luglio – 31 agosto 2025
www.palazzorealemilano.it
@palazzorealemilano
Immagine di copertina: Remo Salvadori, Nel Momento, 1974 (2025), Sala del Piccolo Lucernario, Palazzo Reale e Museo del Novecento. Foto © Agostino Osio
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