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Giovanni Fattori, la “macchia” e molto altro, a Piacenza

Giovanni Fattori, In vedetta. Il muro bianco, circa 1874, Trissino, Fondazione Progetto Marzotto © Fondazione Progetto Marzotto, Trissino
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Fino al 29 giugno, XNL – Centro d’arte contemporanea, cinema, teatro e musica di Piacenza, in collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, ospita la mostra Giovanni Fattori 1825-1908. Il ‘genio’ dei Macchiaioli.

Con 170 opere tra dipinti, disegni e incisioni, l’esposizione, a cura di Fernando Mazzocca, Elisabetta Matteucci e Giorgio Marini, offre una prospettiva storica che pone l’attività del celebre pittore in rapporto al contesto culturale del XIX secolo e giunge fino a noi.

Trasversale è il percorso, plastico nella sua dimensione argutamente pittorica e narrativo di un momento storico che per nulla deve essere circoscritto al contesto in cui accade. La vicenda dei Macchiaioli, così come le innovazioni coloristiche che giungevano dalla Francia alla Firenze di metà Ottocento, supera, infatti, l’espediente tecnico per introdurre l’estetica a cui siamo arrivati oggi.

Vedere Giovanni Fattori nella mostra presso XNL di Piacenza, quasi distrugge l’idea post-romantica e di genere a cui spesso si confina l’attività del pittore livornese. Certamente rurale e avido di scene contestuali che spingono molte volte a decretarlo come “fotografo” storico-risorgimentale di bovini, cavalli, contadini e soldati, lascia, invece, il segno molto di più quanto si creda.

Ed è centrata l’esposizione a cura di Fernando Mazzocca, Elisabetta Matteucci e Giorgio Marini, giacché sembra si siano divertiti non a cercare una sorta di epilogo filologico buono solo a riempire le pagine dei manuali, ma a conferirgli, finalmente, il respiro che merita. Nell’opera traspare, quindi, l’essere insegnante di Fattori, ossia quella strana categoria del genere umano che è obbligata ad apprendere per poter mostrare.

Leonetta Pieraccini, già allieva di Fattori all’Accademia di belle Arti di Firenze, dove il nostro presiedeva la cattedra alla Scuola Libera del Nudo, per la sezione femminile, e i corsi di Disegno e Figura, ne ricordava il metodo. “Lasciar fare” era il punto chiave del suo insegnamento e diceva: “Fate quello che vedete con naturalezza”. Il giusto mezzo tra dettaglio e sintesi. L’essenzialità dei Soldati francesi del ’59 (1859 ca.) e dei Tre artiglieri (1859); la cattura in una visione d’insieme di un evento concitato, come può essere Lo staffato del 1878, piuttosto che La mena in maremma del 1890-91; oppure la ritrattistica, imperfetta nella sua varietà sì da poter suscitare stupore nel filone che unisce Goya a Manet (Ritratto di buttero, 1882-85; Lupo di mare, 1890 ca.).

Si era innamorato dei “fatti d’arme”, poiché era quello che succedeva. La battaglia di Magenta (1960-61), L’assalto alla Madonna della Scoperta (1866-67) e altro ancora, come buona parte delle scene di guerra rappresentate in quel periodo, che furono capaci nel tempo a dare avvio a frammenti epici poi ripresi nel cinema da Akira Kurosawa a Luchino Visconti; da Ran a Il Gattopardo. La macchia, inizialmente nominata con disprezzo, permetteva, dunque, alla progressione formale della pittura di osservare il quadro come indivisibile in se stesso.

“Decolorando” (Martelli) le policromie impediva di crogiolarsi nell’analisi del dettaglio verista, esaltando, al contrario, l’immagine per contrasto mediante l’esplicitazione del chiaroscuro. Già si vedeva nella sua differenza il rapporto con il poco più giovane Impressionismo. Se quest’ultimo era innanzitutto movimento di luci e forme, sintesi ottico-percettiva e frutto di un approccio razionale al dipinto, nell’opera di Fattori non vi è alcuna risoluzione: “Tutto il creato che vedo e osservo mi incanta, mi fa pensare e a nulla serve né comprendere né definire”, affermava. I suoi dipinti erano accadimenti a se stanti e parti di un tutto, come di uno stesso tableau.

Né vedutismo, né tantomeno storicismo. L’opera di Giovanni Fattori va colta nei termini di una qualità evolutiva che si insedia sino alle porte della Scuola di Düsseldorf. Dalla veste del fotografo Elger Esser (Stoccarda, 1967), a cui la mostra dedica l’ultima sala, si ipotizza il dato di continuità che ci fa cogliere uno spaccato d’arte di metà Ottocento non più così distante. Generativo nel tentativo di rendere “il reale dentro il suo moto diurno, nella fatica del divenire” (Monti).


Giovanni Fattori 1825-1908. Il ‘genio’ dei Macchiaioli
a cura di Fernando Mazzocca, Elisabetta Matteucci e Giorgio Marini
29 marzo – 29 giugno 2025
XNL Piacenza, Via Santa Franca 36, Piacenza

www.xnlpiacenza.it
@xnlpiacenza


Immagine di copertina: Giovanni Fattori, In vedetta. Il muro bianco, circa 1874, Trissino, Fondazione Progetto Marzotto © Fondazione Progetto Marzotto, Trissino


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