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Matilde Bruzzone

Dalle opere al femminile più spazio alle emozioni

 

“Alla Biennale questa volta le donne non sono una “minoranza” a cui si deve concedere per legge una “quota” per non ledere i loro diritti, ma addirittura una maggioranza ottenuta per merito e per scelta intima e convinta della curatrice, donna anch’essa”.

A volte ci può essere il rischio di cadere nella retorica, parlando dell’universo femminile e dell’importanza di uno sguardo “diverso” da quello maschile nei diversi campi della società: da quello imprenditoriale, che mi riguarda personalmente, a quello culturale e artistico.

Settori che, seppure in maniera meno diretta (e con una certa modestia, perché non sono uno specialista) mi riguardano anch’essi, perché ho sostenuto eventi d’arte e di cultura, nelle loro più diverse sfaccettature, per due ragioni.

In primis perché sono convinta che il mondo della cultura e dell’arte, soprattutto in un paese come il nostro, possa rappresentare uno dei principali asset del Pil creando ricchezza e posti di lavoro, e poi perché convinta come sono sempre stata che l’emozione di vedere un bel quadro, una bella scultura, un’opera capace di darci emozione siano un apporto imprescindibile, non solo alla nostra esistenza come singoli individui, ma anche come entità collettive.

Noi tutti, infatti, siamo ciò che vediamo, ciò che esprimiamo in termini di visioni, di progetti, di valori e di simboli.

Ecco perché credo sia importante, quasi fondamentale, anche per chi non è direttamente “dentro” il mondo dell’arte, ma si può trovare a esserne in qualche modo vicino per progetti, lavoro, educazione famigliare e sensibilità, ragionare sul tipo diverso di approccio e di sensibilità da parte di uno sguardo femminile all’arte.

Ed ecco perché mi ha subito colpito che la Biennale Arte di quest’anno sia diretta da una donna, che a sua volta ha coinvolto l’80 per cento di artiste, rovesciando in questo modo il tradizionale ruolo riservato alle donne (dalla politica all’economia fino alla cultura), alle quali addirittura si è pensato, nel tempo, di riservare delle “quote rosa” per fare in modo che non fossero completamente escluse dalla competizione nei più svariati settori.

Ebbene, alla Biennale questa volta le donne (in questo caso le artiste) non sono una “minoranza” a cui si deve concedere per legge una “quota” per non ledere i loro diritti, ma addirittura, una maggioranza ottenuta per merito e per scelta intima e convinta della curatrice, donna anch’essa.

Non ho ancora avuto modo di vedere dal vero la Biennale, iniziata da poche settimane, ma ho potuto intravedere, dalle foto, tante e tante immagini provenienti dal mondo intero, di pere realizzate da artiste donne nei materiali più svariati, dalle forme suggestive, opere in grado di farci emozionare e colpire nel profondo.

 

Biennale
Tetsumi Kudo, Garden of the Metamorphosis in the Space Capsule, 1968, materiali vari. Foto Roberto Marossi. Courtesy La Biennale di Venezia.

 

Già, perché io credo ancora che, nell’arte, importi l’emozione prima che il ragionamento. Se mi capita di dover scegliere un’opera per la mia collezione o per un progetto che voglio sostenere, è proprio all’emozione che essa deve per prima cosa parlare.

Se mi sono avvicinata all’arte è infatti proprio perché sono una donna capace di emozionarsi, di sentire nel profondo ciò che mi colpisce, di riconoscere il bello per quello che rappresenta: una scintilla in grado di far muovere il mondo.

Quindi, ecco che davanti a qualcosa di bello mi fermo sempre, guardo, scruto, ascolto le mie emozioni: e in questo modo capita spesso che, nell’arte, io riesca a trovare corrispondenza alle emozioni che albergano dentro di me.

Per tradizione famigliare, ma anche per sensibilità e curiosità personale, i quadri o in generale le opere d’arte che sanno dare qualcosa risuonano dentro di me, risvegliano qualcosa, ricordi, emozioni, sensazioni, suggestioni: e vorrei pensare che sia proprio questo, forse, che fa dello sguardo femminile uno sguardo diverso sull’arte e sul mondo.

Difficile, dunque, parlare di “arte al femminile” e della sua importanza nel mondo di oggi. Eppure, la sfida è importante, e proprio per questo va accettata: oggi tutto è cambiato, e l’approccio femminile nelle varie discipline, sia economiche che culturali, è diventato imprescindibile, direi insostituibile. Una nuova era è iniziata, e questa Biennale credo che ne sia il simbolo perfetto.

 

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