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Massimiliano Parente

Oh, l’arte!, che cosa equivoca, sulla bocca di tutti, in generale sommo esempio di servilismo, almeno fino alla fine del XIX secolo, basta farsi un giro agli Uffizi e vedere torme di tormentati lì a sdilinquire di fronte a centinaia di Madonne con bambino, tutte uguali nel pensiero e tutte un po’ diverse, quello ci ha messo la prospettiva, quell’altro la luce, quell’altro il buio, e dunque ma che bello Giotto, e che dire di Raffaello, per non parlare del Caravaggio, e sopra tutti quel genio di Michelangelo, e dunque tutti lì a ammirare una Cappella che se al posto della Chiesa ci fosse stato il Terzo Reich il grande genio avrebbe affrescato serenamente con svastichine al posto degli angioletti.

Un po’ di rivoluzione, di libertà, di emancipazione, con gli impressionisti, gli espressionisti, i cubisti, per carità, le cui tele ribelli sono comunque finite nei musei per essere ammirate dai nuovi conformisti, e l’unico a aver ragione è stato Marcel Duchamp, che non potendone più di essere stupido come un pittore decise di fare arte senza fare arte, fondando la vera arte, un pensiero libero dall’impostura del bello e del gusto, e proprio nell’anno in cui veniva pubblicata la teoria della relatività generale, questa sì una bella coincidenza.

 

arte
Sopra, lo scrittore Massimiliano Parente in veste di Batman.

 

Per il resto, anche dopo, nessuno ha più superato il maestro, poche idee paragonabili a quello che accadeva da oltre un secolo in letteratura, non un Flaubert, non un Proust, non un Joyce, non un Beckett, nessuno, tra gli artisti, che io senta davvero un parente, ma se non altro poche sindromi di Stendhal di fronte a un Fontana o a un Burri. Diciamo la verità, anche se la verità non si può dire: oltre agli scrittori, a certi scrittori, grandi artisti sono stati gli scienziati che hanno fatto collimare la visione con la realtà, lo spazio-tempo curvo di Einstein, l’evoluzione di Darwin, con la maggior parte degli umanisti che di tutto questo non ha mai tratto nessuna idea veramente umana, tragicamente umana, e aveva certamente ragione Andy Warhol, e cioè che è incredibile quanta gente sia disposta a mettersi nella camera da letto il quadro di una sedia elettrica purché intonato al colore delle tende.
Ecco perché l’arte, un vero profondo pensiero sull’arte, non può che essere contro l’arte, contro la bellezza, contro il gusto, contro i bipedi umani che ammirano nell’arte la mostruosità di una consolazione, l’infantile idea di vedere qualcosa di universale che dell’universo non dica niente di diverso da un centrotavola ricamato all’uncinetto, di un rosario con cui dire una preghiera.
Un vero pensiero sull’arte non può essere altro che un pensiero che fa inorridire chi ama l’arte, chi ama ancora le cose carine, i paesaggini, i ritratti, le pennellate che esprimono uno stile o un’emozione, l’ingenuità di una specie che ha appena duecentomila anni e cerca il bello, la bellezza, magari la bellezza della natura, somma eresia, perché perfino Hitler è un filantropo rispetto a quattro miliardi di anni di lotta per la sopravvivenza su questo pianeta illuminato dalla sua stella cancerogena, in una galassia con cento miliardi di stelle, in un universo visibile con cento miliardi di galassie.
Ogni vera opera d’arte moderna è contro l’arte, contro l’idea stessa di fare arte, contro ogni causa sociale o ambientalista o fideistica che non sia negare se stessa, altrimenti va benissimo un selfie di Chiara Ferragni di
fronte alla Venere del Botticelli, o anche meno, tanto oggi sono tutti artisti, dai vignettisti ai presentatori televisivi ai cuochi ai giudici di talent alle influencer di Instagram con l’ultima borsa di Hermes, cosa volete che cambi, signore mie.

 

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