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Vincenzo Bordoni

La “cancel culture” è il più pericoloso fenomeno per l’arte di questo secolo a venire. Anche se il termine forse non vi dice nulla, l’avrete sicuramente incontrato, siete sicuramente venuti a contatto con questo “modo di agire”, lo avete incrociato e sono sicuro, alle volte, addirittura approvato, senza sapere che stavate avvallando questo fenomeno.
La “cancel culture” è una moderna forma di ostracismo in cui qualcuno viene espulso dai “circoli sociali” e professionali, persone “cancellate”, ai quali viene tolto qualsiasi tipo di supporto, e tutto ciò che hanno fatto viene boicottato. Chiunque, basta che si sia ritenuto abbia agito in modo discutibile o controverso.
Moralismo spicciolo applicato alla censura.
La “cancel culture” è l’abisso creato dal politicamente corretto del nuovo millennio, abisso che si nutre della più grande incomprensione storica: il dualismo tra l’Artista e l’Uomo, il creatore e l’essere umano.
È la matrice di ogni fenomeno di censura artistica che c’è stata da qualche anno a questa parte.

La statua di Colombo distrutta: cancel culture.
“Ila e le ninfe” di Waterhouse tolto perché “maschilista”: cancel culture.
“Thérèse Dreaming” di Balthus boicottato perché “un invito alla pedofilia”: cancel culture.
Fino ad arrivare al caso di Letizia Battaglia, l’apice della follia perbenista, che finisce per colpirsi da sola.
Follia.

Non solo si danno giudizi morali a persone vissute in altre epoche storiche, senza relativizzare la morale sociale del tempo, ma si cerca di cancellare e censurare ogni loro creazione artistica.
Cancelliamo il creatore per un’incongruenza morale che noi sentiamo di avere con la persona, con l’essere umano dietro al creatore, alla creazione.
Follia pura.

 

cancel culture
La statua di Indro Montanelli ai Giardini Pubblici di Milano, realizzata da Vito Tongiani, imbrattata di vernice dalle femministe di “Non una di meno”, marzo 2019.

 

Utilizzare la nostra morale attuale come metro di giudizio definitivo per ogni cosa, ergersi a divinità e cancellare con il lanciafiamme tutto ciò che non rientra nello spettro del nostro “credo”.
A dire il vero, mi ricordo alcune immagini molto simili, erano gli anni 30-40, ci si trovava in Germania ed a terra c’era una pila di libri giudicati immorali, che bruciava.
Ma sapete una cosa? Forse la colpa è anche la nostra, noi che parliamo di arte e creazione, noi che abbiamo questo “bisogno marketing” del dover vendere la persona per poi vendere l’opera, dover creare un’aura intorno all’essere umano per aver poi più facilità nella narrazione che accompagna la spinta su di un’opera, e quindi preferiamo parlare della vita di Frida Kahlo che non dell’estetica delle sue opere, preferiamo parlare della follia di Dalì che non delle sue opere, preferiamo parlare delle dichiarazioni spesso ironiche ed estreme di Ai Weiwei che non
delle sue opere.
E così chi ci ascolta realizza che l’importanza della creazione è l’essere umano, e l’essere umano è bene, è male, è morale, è etica, e deve essere come voglio, come me l’aspetto, ha un inizio ed una fine, è mortale, ma non la creazione, non l’Arte, non l’Estetica: quelle sono eterne.

 

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