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Cittadellarte, patria dell’artivismo

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L’artista come connettore della società

 

Il termine “artivismo” in realtà nasce proprio da noi, a Cittadellarte: abbiamo cominciato a usarlo fin dagli anni Novanta, per indicare quegli artisti che erano in grado di “attivare” l’arte a livello sociale. Cittadellarte nasce infatti come luogo di attività artistica che intende connettere la creazione dell’artista con la società.

L’artista, così, non appare più solo produttore di opere autoreferenziali ma di un’attività complessa, ramificata e collettiva, frutto di una connessione tra diversi settori della società che qui a Cittadellarte abbiamo chiamato “uffici”, riferendoci anche al concetto rinascimentale di “uffizi”.

Ogni ufficio possiede infatti una propria identità specifica, legata a un settore della struttura sociale che è in connessione con tutti gli altri ambiti. Quindi in qualche maniera il complesso di queste attività è configurabile come una rete. Una rete, però, che anziché essere virtuale, come avviene con Internet, è reale, fisica e attiva nella realtà pratica.

 

“l’idea di Cittadellarte è infatti quella di formare artisti capaci di riattivare la società in maniera responsabile, quindi di mettere al centro dell’attenzione non solo l’estetica dell’arte ma anche l’etica, non solo la forma ma anche il contenuto”

 

Noi abbiamo sentito soprattutto la necessità di mettere tutto questo in relazione con la scuola, l’educazione, la formazione: l’idea di Cittadellarte è infatti quella di formare artisti capaci di riattivare la società in maniera responsabile, quindi di mettere al centro dell’attenzione non solo l’estetica dell’arte ma anche l’etica, non solo la forma ma anche il contenuto.

In questo modo è lo stesso contenuto dell’opera a cambiare, che non è più soltanto espressione dell’individualità dell’artista, ma rispecchia invece l’iniziativa dell’artista rivolta verso i diversi ambiti della vita collettiva.

È per questo che il nostro interesse è rivolto innanzitutto a un percorso formativo: la formazione di questi attivisti dell’arte si realizza attraverso l’Università delle idee, nata nel 2000 qui a Cittadellarte con il proposito di raccogliere artisti che hanno questa propensione verso il “noi” oltre che verso il “sé”.

Nel corso degli anni, hanno cominciato ad arrivare da tutte le parti del mondo progetti e proposte di attività di diverso genere, che avrebbero potuto essere sviluppate all’interno di Cittadellarte per poi essere portate sul territorio, all’interno della società.

In questo modo sono nate le ambasciate di Cittadellarte, che oggi sono circa 200 nelle diverse parti del mondo, dove artisti e persone interessate a questo rapporto dell’arte con la società sviluppano progetti che si interfacciano con le realtà del territorio, con le istituzioni, con la società civile, riuscendo a coinvolgere negli anni più di 1,5 milione le persone.

Il risultato è che cambia la pratica stessa del fare arte: non è esclusa la capacità individuale di esercitarsi nella creazione artistica, ma è altrettanto importante che questa interagisca con il contesto sociale in cui opera.

 

cittadellarte
L’Universario alla Fondazione Pistoletto con i simboli del Terzo Paradiso.

 

Nel corso del tempo, l’arte è passata dalla rappresentazione delle necessità ideologiche della Chiesa o del potere, alla celebrazione dell’estetica individuale dell’artista.

Fino agli anni Cinquanta e Sessanta, quando il “segno” individuale dell’artista è diventato il marchio della propria originalità, della propria assoluta libertà creativa. Oggi invece l’autonomia e l’individualità dell’artista possono essere utilizzate diversamente: io personalmente, ad esempio, ho creduto di dover superare quell’utilizzo del tutto individuale del segno per lasciare una “mia” traccia nel mondo, in favore di un lavoro più complesso, che interagisse con la società.

Per me è stato chiaro che avrei potuto usare la mia creatività per sviluppare una responsabilità verso l’intera società, verso l’altro. E in questo contesto anche la creazione artistica finisce per cambiare radicalmente forma e contenuto: è l’arte stessa ad assumere autonomia e responsabilità, ma solo grazie all’interazione con gli altri e con la società.

L’arte, oggi, deve tornare a cambiare il mondo, deve riformulare il mondo e l’assetto culturale della società.
In questo modo cambia la figura dell’artista, che diventa appunto “artivista”.

L’artista non è più al servizio né di se stesso, né del potere, né del mondo: è il mondo stesso che assume l’arte come dinamica essenziale e necessaria al proprio sviluppo, e l’artista-attivista non ne diventa altro che uno strumento, che con la sua creatività, la sua cultura, la sua sensibilità etica e sociale interagisce con le altre forze presenti nella società per agire al suo interno, scardinandone le regole, rinnovandone il linguaggio, smuovendo le coscienze e creando un ponte con le generazioni future.

 

 

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