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L’angelo danzante: il viaggio senza tempo di Carla Fracci

Carla Fracci, Ph Erio Piccagliani © Teatro alla Scala
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Ricorre oggi, 27 maggio, l’anniversario della dipartita della celebre ballerina Carla Fracci.

Milano con il suo Teatro alla Scala l’ha ricordata con la terza edizione del Gala Fracci: protagonisti il Corpo di Ballo, i Primi ballerini, i Solisti e celebri ospiti internazionali, accompagnati dall’Orchestra del Teatro alla Scala, diretta da David Coleman.

“Torna a fiorir la rosa che pur dianzi languia…” è l’incipit de “La danzatrice stanca”, di Eugenio Montale, una delicata poesia dedicata a Carla Fracci del 1969, che ancora oggi evoca perfettamente l’attesa per l’evento annuale dedicato alla ballerina italiana, cardine della storia della danza classica a livello internazionale.

Un florilegio di rappresentazioni che hanno combinato tradizione e contemporaneità, un viaggio etereo nel tempo attraverso repertori di oltre due secoli, un itinerario in una ovattata capsula del tempo che si snoda in passaggi non diacronici.
Si apre il sipario con la rivisitazione coreografica del Lago dei cigni di Rudolf Nureyev da Maurice Petipa, e il ballet blanc del secondo atto, interpretato da Maria Celeste Losa e Timofej Adrijashenko nei panni, rispettivamente di Odette e Siegfried.
Con performanti piroettes, che evocano il flusso del tempo, si arriva magicamente al XXI secolo in cui la danza libera si esprime con un linguaggio diverso, benché sempre influenzato dal balletto classico, che ha una gestualità forse più umana, di tutti i giorni, ben rappresentata dall’Arbakkin, coreografato da Simone Valastro e interpretato da Antonella Albano e Massimo Garon.
Il lirismo moderno lascia ancora il passo alla coreografia della Sylphide di Auguste Bourneville, innovativa per l’epoca ottocentesca, con Vittoria Valerio e Claudio Coviello, per poi tornare nuovamente al nostro secolo con Luce, neonata creazione di Andrea Crescenzi, con Linda Giubelli, Navrin Turnbull e Domenico Di Cristo.

Carla Fracci, ph Erio Piccagliani © Teatro alla Scala
Carla Fracci, ph Erio Piccagliani © Teatro alla Scala

Si ritorna all’Ottocento in “en dehors” per celebrare il maître de ballet Marius Petipa, con Marianela Nuñez e Vadiv Muntagirov nel gran pas de deux de “La bella addormentata nel bosco” su musiche di Ciajkovskij.
Fermata imprescindibile in “en dedans” nel mondo della danza contemporanea con le opere del maestro Maurice Bejart, con il suo passo evocativo, La luna, sull’adagio dal Concerto per violino in mi maggiore di Johann Strauss, ideato nel 1976 per la poliedrica étoile Luciana Savignano che ha personalmente rivisitato l’assolo, simboleggiando un passaggio di testimone alla neo-étoile, Nicoletta Manni.
L’andirivieni temporale non si ferma, tornando all’Ottocento con la prestazione classica di Martina Arduino e Marco Agostino nell’adagio a coda dal divertissement da Paquita, con coreografia di Petipa.

La seconda parte di questo incantato viaggio nel tempo viene aperta dalla fresca e briosa, di stampo classico, coreografia di Manuel Legris, Donizzetti Pas de deux, per la prima volta alla Scala, interpretata da Alice Mariani e Nicola del Freo, per poi risaltare con un grand jeté nel mondo della danza contemporanea con l’opera di Roland Petit, Il pipistrello con Virna Toppi e Christian Fagetti, fino a un’immersione nella magnificenza della Russia Imperiale con l’adagio tratto da Diamonds di George Balanchine con Olga Smirnova e Jacopo Tissi, primi ballerini del Duch National Ballet di Amsterdam.
Il nostro viaggio termina con un Roberto Bolle, magistrale nel suo assolo Rain, in your black eyes, su coreografie di Patrick de Bana con cui omaggia Ezio bosso, compositore e pianista scomparso prematuramente nel 2020.

Carla Fracci i primi passi di danza li muove al Ragno d’oro, balera di Porta Romana, divertendosi con mamma e papà nei tanghi figurati.
Un’amica di famiglia notando la sua musicalità, consiglia così i genitori di iscriverla alla scuola di ballo del Teatro alla Scala.
Anni di interminabili ore alla sbarra e di esercizio in centro formeranno Carlina, che passerà le selezioni finali per il diploma perché “ha un bel visett”. Un viso che sembra un dipinto e da cui traspare dolcezza, occhi con un’espressività mite e allo stesso tempo romantica, il tutto incorniciato da lunghi capelli neri con una attaccatura a punta, perfetta per acconciare lo chignon in modo elegante e preciso.
Milanese, di umili origini, soprannominata la “tramvierina” per il mestiere del padre che alla guida del tram n. 23, ogni volta che passa sotto i finestroni dell’accademia scaligera suona per avvisarla del suo passaggio.
Un carattere mite, discreto, quasi timido ma anche molto determinato che la induce a studiare ad oltranza per perfezionare quello che sarebbe diventato uno stile unico ed inimitabile, fonte di ispirazione per tutte le giovani ballerine di oggi e di domani.

Teatro alla Scala, terza edizione del Gala Carla Fracci, i saluti finali, ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala
Teatro alla Scala, terza edizione del Gala Fracci, i saluti finali, ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Carla lavora tanto, si impegna a rinforzare i suoi piedi, ma va oltre e riesce con il suo lirismo innato a dare vita ad una gestualità che sarà l’essenza espressiva di tutte le sue interpretazioni…il resto è storia, una sfavillante storia di successi e plausi internazionali.

Una figura dalle mille sfaccettature, una diva senza frontiere, che ha combinato tradizione e innovazione, con un viaggio emozionante, coronato da un abbraccio corale tra la ballerina e il suo pubblico, che rispondeva per dodici volte alla chiamata dei suoi spettatori con lancio di fiori e ovazioni.

La sua gestualità era un’attitudine innata tanto alla dolcezza nel repertorio classico, quanto alla drammaticità in quello della danza libera, per cui i movimenti diventano espressione con cui calarsi nei personaggi con tutto il corpo, rendendolo così pulsante e vivo.
Carla ha simboleggiato per il nostro Paese anche un ritrovato romanticismo dopo gli infausti e sanguinosi anni della Seconda guerra mondiale, un riscatto sociale, valori di cui anche oggi abbiamo bisogno, visto l’incertezza di questi tempi.

Il Gala a lei annualmente dedicato dal Teatro alla Scala esprime pienamente il disegno che Carla Fracci ha tratteggiato in punta di piedi con le sue interpretazioni: valori attraverso la bellezza della danza, in tutte le sue forme artistiche che arricchiscono gli animi, che rimangono così permeati di grazia, eleganza e profondità.
Lo spettacolo si è chiuso in pompa magna con il gran finale del III atto della nuova Coppelia del coreografo russo naturalizzato statunitense Aleksej Ratmansky, con il Corpo di ballo del Teatro alla Scala al completo: sullo sfondo Carla con impalpabile garbo ringrazia.
Un omaggio sentito e riconoscente alla grande ballerina che ha saputo trasmettere al suo pubblico la passione e il talento, ma soprattutto come tutto può essere e diventare possibile, proiettandosi “a fare di più e se possibile meglio”


Immagine di copertina: Carla Fracci, ph Erio Piccagliani © Teatro alla Scala

www.teatroallascala.org
@teatroallascala


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