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Bob Liuzzo
Brand / Graphic Designer

Arcobaleni, colombe e simboli astratti di pace non bastano

Gli uomini creano i simboli, i simboli creano altri uomini. Funziona così. I simboli di odio sono solitamente immortali, seguono un’evoluzione ma difficilmente perdono il loro ruolo di maestri negativi della società, basti pensare alla svastica o alla bandiera confederata.

I simboli di pace invece non sono stabili e universali, mutano, diventano di parte e si vendono. Eppure, per quanto concetto sicuramente più ampio della guerra, la pace avrebbe davvero bisogno di un simbolo universale e senza tempo che nessuno ha ancora trovato.

pace
Dall’alto: la bandiera della pace e quella LGBTQ+; il manifesto di Armando Milani per l’Onu Translating War into Peace; e, in basso, il simbolo della pace progettato da Gerald Holtom (1958), ispirato alle lettere “D-N” (Disarmo Nucleare) dell’alfabeto nautico.

Comunicare la pace ha sempre creato atroci guerre di comunicazione. Nella cultura occidentale abbiamo provato più volte a generare un’iconografia per essa per poi assistere a declino o appropriazione indebita come nei migliori conflitti.

L’astrattismo del simbolo della pace progettato da Gerald Holtom (1958), ispirato alle lettere “D-N” (Disarmo Nucleare) dell’alfabeto nautico e divenuto in seguito simbolo dell’antimilitarismo, oggi ha un percepito commerciale. Abbiamo visto tutti i marchi utilizzarlo per vendere magliette e gadget. Oltre ciò, parla di una pace non diffusa ma legata ad un mondo in guerra fredda e a rivoluzioni fatte di fiori e LSD che appare ormai distante da noi.

La colomba bianca, anch’essa simbolo diffuso di pace (famoso il manifesto di Armando Milani per l’ONU Translating War into Peace con la colomba che porta la lettera A tra le parole “War” e “Peace”) è ancorata a un concetto di pace religiosa, quindi di per sé non universale e soggetta a restrizioni di credo. Famosa la scena del film Mars Attack dove proprio una colomba bianca scatena la guerra dei mondi.

E infine l’arcobaleno. Fino a qualche anno fa appeso ai balconi a far da sfondo alla parola “pace”, oggi dice “Pride” diventando icona e iconografia dei movimenti LGBTQ+. Un fine nobile che però spodesta un concetto di pace a favore di altri legati ad accettazione, uguaglianza e libertà. I due simboli non sono uguali per numero e ordine dei colori (7 per la pace, con i freddi in alto, 6 per il Pride, senza l’azzurro, con i caldi in alto). Ma per l’occhio dell’uomo comune, impegnato nelle sue faccende, questa differenza non esiste. Oggi un arcobaleno spunta dopo la tempesta lanciando un messaggio globale ma legato a comunità specifiche.

L’iniziativa “Peace Flag” per unificare tutte le nazioni nella Giornata internazionale della pace, propone che il 21 settembre ogni paese innalzi una versione bianca della propria bandiera per dire che siamo tutti uno. Ma anche “alzare bandiera bianca” sappiamo avere un ruolo come simbolo del conflitto. Forse dobbiamo solo “arrenderci” e capire che la pace non è una ma molte e che volerla visualizzare a tutti i costi conduce solo a conflitti e divisioni.

Arte? No grazie. Preferisco che rimanga solo design.

 

 

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