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Zao Wou-Ki. Luce, movimento, respiro – La via dell’arte e della virtù

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Gli amici di Zao Wou-Ki avrebbero dovuto festeggiare proprio nel 2020 il centesimo anniversario della sua nascita. La pandemia ha deciso altrimenti, rendendo impossibile la realizzazione di questo atteso momento di partecipazione da parte di amici venuti da tutto il mondo per celebrare degnamente questo Maestro della pittura aniconica. Non si trattava semplicemente di organizzare piacevoli riunioni di personalità provenienti dagli ambienti più disparati, decise a dedicare un po’ del proprio tempo nel ricordare il loro amico, parlando dei suoi meravigliosi lavori, rievocando ad esempio il modo in cui i quadri che hanno avuto la fortuna di possedere li abbiano accompagnati nel corso della loro vita, dando loro gioia e coraggio. Si trattava, piuttosto, di riconnettersi al nucleo più profondo della sua ispirazione, della sua ricerca essenziale delle dinamiche profonde dell’armonia del mondo.

 

Zao Wou-Ki
Zao Wou-Ki nella sua casa di Rue Jonquoy a Parigi, a Montparnasse. Photo Françoise Marquet. Courtesy Zao Wou Ki Foundation.

 

Zao Wou-Ki non diceva: “Amo i miei amici come curo ogni mattina, all’ora di colazione, bevendo il tè, i bonsai, gli aranci e le orchidee nella mia sala da pranzo. Coltivo l’amicizia”, diceva, “perché ho bisogno di questa armonia con il mondo esterno”. Era evidente che se il rapporto con gli amici era per lui indispensabile, altrettanto lo era anche quello con il mondo vegetale. In questo modo si manifesta, in Zao Wou-Ki, la concezione taoista dell’Esistenza: Natura e Umanità provengono entrambe dal Respiro primordiale che emerge dal Vuoto dinamico.

Zao Wou-Ki rivendicava di essere sempre stato interessato al pensiero di Lao Tse. Nel 1956, quando è passato alla pittura astratta, lui stesso confessò: “Sto rileggendo Lao Tse proprio adesso. Quello che vorrei fare è realizzare il quadro di cui parla nel Tao Te Ching”. Così, nella traduzione dell’ellittico Libro della Via e della Virtù, attribuito al maestro considerato il fondatore del taoismo, egli dà la propria versione di una delle massime che si trovano nel capitolo quarantuno. Se da alcuni questo passo viene tradotto, ad esempio, come “la grande forma senza contorno”, o “il grande tipo ma sfuggente”, lui invece propende per un’altra traduzione: “un grande quadro senza immagine”. È un modo, per il maestro, per dar conto del nascente carattere non-figurativo della sua arte.

 

Zao Wou Ki, Omaggio a Riopelle, 2003. Photo Dennis Bouchard. Courtesy Zao Wou Ki Foundation.

 

Va ricordato che, sebbene abbia trascorso la maggior parte della sua vita in Francia e sia stato molto vicino a molti pittori dell’Espressionismo astratto americano, Zao Wou-Ki è nato in Cina in una famiglia di intellettuali che gli hanno trasmesso una cultura tradizionale molto solida. Suo nonno, eminente studioso, lo introdusse sia alla calligrafia, che è contemporaneamente immagine e parola, sia ai testi classici, quelli del confucianesimo naturalmente, ma soprattutto quelli del taoismo. Ed è in Cina che Zao Wou-Ki entra per la prima volta in una Scuola di Belle Arti: quella, rinomata e modernista, di Hangzhou.

Anni di apprendimento della pittura tradizionale cinese, naturalmente, ma anche della pittura occidentale, attraverso la pratica della pittura a olio. Tuttavia, al di là della progressiva acquisizione di tecniche pittoriche, il maestro ha soprattutto affinato la sua estrema sensibilità, viaggiando ogni giorno lungo le rive del Lago Ovest che costeggia alcuni edifici della Scuola. Lì, come molti poeti cinesi avevano fatto prima di lui, era solito raccogliersi, spesso anche per ore e ore.

 

Zao Wou Ki, Senza titolo (Taroudant, Maroc), 2009, acquerello. Photo Dennis Bouchard. Courtesy Zao Wou Ki Foundation.

 

In quei momenti, allora, come lui stesso ha raccontato in Autoportrait, la biografia scritta nel 1988 con la collaborazione della moglie Françoise Marquet, il maestro si lasciava assorbire “dallo spettacolo di una natura che muta continuamente secondo le ore del giorno e l’alternarsi delle stagioni”, conquistato “dal passaggio dell’aria sulla superficie immobile dell’acqua” e “dal soffio del vento che scuote le foglie”, affascinato “dalla molteplicità dello spazio sulla superficie dell’acqua, dalla leggerezza della luce o dal suo spessore tra il lago e il cielo”.

Allora, l’artista si chiedeva: come dare vita a questa presenza di vento, spazio, luce sulla superficie pittorica? E, alla fin fine, da vero taoista, ha cominciato a cercare il modo di suggerire il vuoto che li sottende, come dare la sensazione di questo motore invisibile che non smette mai di generare la favolosa pluralità dei fenomeni del mondo visibile, che non cessa mai di farli mutare, che non smette mai di relazionarli con se stessi e di rilanciarli di nuovo e in maniera diversa nel flusso dell’esistenza. Per lui, essere artista non consiste nel riprodurre banalmente il visibile, ma nel “far nascere nuovi spazi… dipingere ciò che non si vede, il soffio della vita, il vento, il movimento, la vita delle forme, l’apertura di colori e la loro fusione”.

Per riuscire a sviluppare in pieno i mezzi per riprodurre sulla tela la dinamica sensibile e spirituale che lo anima, Zao Wou-Ki dovrà prima trasferirsi a Parigi nel 1948, prendendo parte all’intensa vita artistica internazionale di questa città, con la presenza di Sam Francis, Norman Bluhm, Jean-Paul Riopelle, Hans Hartung, Maria Helena Vieira da Siva, Pierre Soulages… Sarà necessaria anche la frequentazione di poeti – come Henri Michaux a partire dal 1950 – abituati a giocare con le parole e con le regole della metrica, come ha sempre fatto lui con i colori e le linee. Altrettanto fondamentale sarà l’incontro con musicisti, come Edgar Varèse nel 1954, che, in quel caso, sperimentavano con suoni e ritmi.

Non minore importanza avrà l’approfondimento dello studio dell’arte di Paul Klee (nel 1951), frutto del desiderio di rendere visibili realtà diverse da quelle terrene, che non costituiscono affatto “l’unico mondo possibile”. Non potrà mancare, infine, nel 1957, il primo soggiorno negli Stati Uniti e la familiarità con i maestri dell’Action Painting della Scuola di New York.

 

E la terra era senza forma, 1956-1957. Courtesy Poly Auction. Courtesy Zao Wou Ki Foundation.

 

Ed ecco che, solo a quel punto, Zao Wou-Ki è finalmente aperto a tutte le possibili libertà di colori, di linee, di forme, di dimensioni delle tele, di pennellate e di flussi d’inchiostro. È perfettamente consapevole della direzione a cui tende il suo atto creativo: “Spazio, luce, movimento, respiro. Sono questi i temi permanenti della mia ricerca”. Ecco, allora, che una straordinaria varietà di quadri, di stampe e di inchiostri su carta sboccia dal cuore del suo atelier parigino, che non offre alcuna visuale sulla realtà esterna, dal momento che anche la luce proviene unicamente dalle finestre sul soffitto. Le nuove creazioni partono, infatti, solo dal respiro interiore del maestro, in base ai suoi sentimenti, ai suoi stati d’animo, ai suoi incontri, alle sue letture, alla musica che ascolta, così come alle sue nuove ricerche e invenzioni plastiche.

Col passare degli anni, arriva il momento di una vita più tranquilla. La sua creatività si concentra sulla realizzazione di acquerelli luminosi su grandi fogli di carta bianca. E dalla Francia si trasferisce in Svizzera, perché il Lago Lemano gli permette di riscoprire le intense emozioni che aveva provato sulle rive del Lago dell’Ovest. Le striature luminose, che attraversano le nuvole all’alba e illuminano le increspature della superficie del lago franco-svizzero, lo nutrono con questa festa poetica sempre rinnovata dal Respiro primordiale del Vuoto dinamico, da questo Assoluto che trascende l’intelletto e il linguaggio.

 

 

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