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Alberto Burri (non) ama solo il nero

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Che sarà un viaggio nel nero di Burri si capisce subito, che sarà un viaggio nella luce lo si scopre solo inoltrandosi. La mole austera degli hangar degli Ex Seccatoi del Tabacco – undici grandi volumi geometrici in sequenza seriale, chiusi in un nero opaco e imperturbabile – si presenta come l’enigma di un gioco di scatole misteriose.

Qui il nero è colore e involucro compatto, un nitore che non si lascia ammorbidire da nulla, nemmeno dall’azzurro mistico del cielo umbro, nemmeno dal verde smagliante del prato, sul quale i corpi di fabbrica accorpati appoggiano come criptiche presenze. Fuori, intorno a tutto questo nero, canta solo il rosso dei grandi ferri curvi, le sculture monumentali che il maestro ha voluto ad abitare anche nello spazio aperto. Rigore e perfezione, questo è il disegno. Preparatevi.

 

Burri
Prima Sala A, Grande Plastica, 1970, Città di Castello

 

Il primo passo all’interno è dominato dall’apparizione di una plastica combusta trasparente che ha la forza espressiva di un’icona di Matthias Grünewald. D’impatto percepisci di essere entrato in una cattedrale, dove la religione dell’astrazione troverà la sua liturgia, un contesto unitario in cui spazio e opere sono entrati in un equilibrio irripetibile. Resterà nella storia come la sintesi della Grande Opera del Maestro, viene voglia di pensare, ma troppo facile sarebbe vederla come un’operazione alchemica, troppo accattivante e letterario cercare un gioco sapienziale nel bianco, nel nero, nel rosso, nell’oro.

Qui Burri è Burri e basta, non serve altro. Una tautologia, perché questa è la bellezza: la sua verità immediata.

Gli Ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello – un grande complesso di archeologia industriale costruito nel secondo dopoguerra per raccogliere il tabacco allora prodotto nell’Ata Valle del Tevere – erano già stati utilizzati come contenitori al servizio della cultura nel 1966 quando, a seguito dell’alluvione di Firenze, vi furono raccolti i volumi della Biblioteca Nazionale e i documenti del Tribunale fiorentino, in attesa di restauro.

Affascinato dalla potenzialità funzionale ed estetica dei grandi spazi, Alberto Burri, già artista di notorietà internazionale, ne ottenne l’uso e ne volle poi il recupero a spazio espositivo, determinato a lasciare la sua eredità artistica proprio lì, nella terra dove era nato nel 1915.

 

“Qui, nel luogo in cui Burri stesso ha voluto affidare al futuro solo opere di grande dimensione, tutto è a misura di grandezza”.

 

Come a Palazzo Albizzini, dove nel 1978 era stata istituita la sua Fondazione, e dove aveva collocato 150 opere realizzate tra il 1948 e il 1985, anche in questo nuovo spazio, totalmente diverso e in qualche modo complementare rispetto a quello storico, l’artista è entrato in profonda sintonia, impaginandovi il racconto della sua produzione più recente, in un ordine che non procede per cronologie ma per cicli.

 

Burri
Esterno, Ex Seccatoi del Tabacco, Città di Castello, Ph G. Basilico

 

Inaugurati nel 1990 (cinque anni prima della scomparsa del maestro) e riaperti nella primavera del 2022 – dopo anni di accurati lavori di restauro supportati da un investimento di 10 milioni di euro da parte della Fondazione Burri – gli Ex Seccatoi sono oggi la straordinaria sede permanente di 128 opere realizzate fra il 1974 e il 1993, suddivise in cicli i cui titoli sono la guida di un racconto esistenziale, i capitoli di una storia visuale in cui inoltrarsi: Il Viaggio, Orsanmichele, Sestante, Rosso e nero, T Cellotex, Annottarsi, Non ama il Nero, Grandi Neri, Metamorfotex e Nero e Oro.

Qui, nel luogo in cui Burri stesso ha voluto affidare al futuro solo opere di grande dimensione, nella sequenza di spazi regolari in cui a lungo le ha pensate e ambientate, tutto è a misura di grandezza.

 

 

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