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Franca Pisani

Il 15 Marzo scorso sono stata invitata alla Galleria degli Uffizi per raccontare: “I miei sette anni di arte concettuale a Firenze dal 1974 al 1981”. Gli anni ‘70 si ricordano come un decennio problematico per l’Italia, per la scarsa tenuta del tessuto sociale e delle istituzioni. Il vento di rivendicazioni del sessantotto portò un’ondata di estremismo violento. È significativa l’espressione di Andy Warhol “Più che fare, conta comunicare”.

 

“Negli anni ’70 a Firenze c’era tanto fermento artistico culturale, si volevano spostare gli assi della cultura e dell’arte”.

 

Sono stati anni rivoluzionari simbolo di libertà e trasgressione. In quegli anni si è tenuta “Contemporanea”, una mostra curata da Achille Bonito Oliva con 11 critici che presentavano le opere di un centinaio di artisti. L’evento fu per me profetico: ho sperimentato l’Arte Povera e la Pop Art, e fondamentale fu l’incontro con Enrico Crispolti. Cominciai le prime sperimentazioni concettuali. La mia forza artistica si perfezionò con l’amicizia di Eugenio Miccini, artefice e promotore della Poesia Visiva. Istituì a Firenze la pubblicazione “Tekne”, uno strumento per opporsi al potere dell’industria editoriale.

 

Franca Pisani cappello Museo di Chieri Torino
Franca Pisani, cappello, Museo di Chieri, Torino

 

Miccini mi invitò a una mostra a Firenze, mi ritrovai in un ambiente fumoso dove in fondo a un piccolo palcoscenico uscì dalle quinte una figura femminile vestita di nero: capelli corvini, bocca rossa, pelle di porcellana. Cominciò a scrivere frasi sulle braccia e sulle mani, parole che creavano un confronto con la espressività dei gesti. Muoveva le dita con piccoli e lenti movimenti, una sorta di codice gestuale, una modalità in grado di sostituire la parola, una forma di linguaggio primigenio. È Ketty La Rocca.

La sua arte compare tra i pochi esempi di arte femminista italiana, associando forme di Minimalismo e Arte Concettuale. Sono stata sempre attiva nella lotta per la condizione della donna nella società, condividendo il pensiero di Ketty soprattutto nella veste di performer. Così è nata la mia arte concettuale. Il mio esordio artistico inizia nel quartiere di Oltrarno in Santo Spirito a Firenze, dove si respirava la fiorentinità autentica; c’era tanto fermento artistico culturale, si volevano spostare gli assi della cultura e dell’arte.

 

Anni '70

 

Nasce così lo “Studio Franca Pisani Arte d’Avanguardia”, al piano terra di Palazzo Corsini Suarez o Palazzo della Commenda. In quelle sale con volte a crociera alte sedici metri, con capitelli rinascimentali, nacque il mio atelier. Il palazzo, inizialmente fatiscente, sarà molto amato dagli artisti. Per il restauro ho assunto il mitico Brilli, muratore sempre con il sorriso in bocca e pieno di arguzia fiorentina.

Il risultato finale è un ambiente di grande equilibrio architettonico quasi mistico. È in questo momento che cominciò la mia più importante creazione di quegli anni, “Album Operozio”: pubblicazione manuale, che chiamò a partecipare diversi artisti garantendo loro una totale libertà espressiva, parzialmente in polemica con l’arte tradizionale della quale si rifiutarono tecniche, supporti e finalità.

Fu una pubblicazione e storia di clandestinità e fuga, perché era una sperimentazione concettuale, erano idee espresse per fuggire ai controlli e alla censura soprattutto per molti artisti dell’est Europa, provenienti dalla cortina di ferro. Invitai questi artisti su consiglio del critico e curatore d’arte Enrico Crispolti.

Album Operozio opera in netta contrapposizione con i ritmi del sistema, era un manufatto lentissimo da costruire, uno strumento d’arte concettuale, di libertà incondizionata che si avvaleva sul principio che le idee espresse sono più importanti del risultato estetico.

Vi aderirono tanti artisti che diventeranno in seguito molto importanti. Ognuno partecipava con la propria creazione: un disegno, un bozzetto, una foto, una scrittura. Poi nacque il timbro. Dopo giorni di lavoro, con l’aiuto di amici e studenti, sono riuscita a timbrare su carta pergamena di Burgo ogni progetto d’artista, protetto da una velina su cui stamperò sempre in timbro il nome dell’autore.

 

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