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Gianluca Marziani

H20(pera), l’arte tra pratica combinatoria, etica, slittamento semantico, nuovi modelli creativi nel Novacene

 

Artisti dai modelli combinatori ed eterogenei, provenienti da molteplici sistemi creativi.
Opere dai confini permeabili che assorbono le culture digitali nel loro processo ibrido.

Progetti che mescolano memoria solida e visione liquida, seguendo traiettorie anomale e innovative. Una categoria basata su:

01. Nuove percezioni mimetiche oltre l’Antropocene.

02. Migrazioni e combinazioni linguistiche.

03. Slittamento semantico tra categorie definite (memoria) e codici fluidi (futuro).

04. Aderenza etica alla dimensione “politica” del reale metaforico.

05. Individuazione di futuri (tecnicamente) plausibili e (moralmente) perseguibili.

06. Distribuzione delle opere nei molteplici canali dell’ecosistema digitale.

07. Nuovi modelli esecutivi di ideazione, produzione e vendita.

 

“Da qui la scelta di un codice alfanumerico che richiami la formula chimica dell’acqua, l’elemento più somigliante ai processi semantici nei giorni del Novacene”

 

H2O(pera) esce dai modelli novecenteschi degli “ismi” e trasforma la classificazione categoriale in un processo liquido
senza confini definitivi. È una nuova categoria generica che muterà costantemente, disponendo soluzioni in base al potenziale effettivo di ogni singolo frangente. Da qui la scelta di un codice alfanumerico che richiami la formula chimica dell’acqua, l’elemento più somigliante ai processi semantici nei giorni del Novacene.

Ormai non ha più senso parlare di movimenti culturali omogenei, basati su singoli linguaggi e temi esclusivi. Siamo calati, di contro, nell’epoca che persegue la fusione tra Uomo e Macchina, secondo principi di reciproca permeabilità, così da condurci oltre le ideologie marxiste, oltre i liberismi finanziari, verso una biologia postvirale e metacellulare, verso un mondo di comunità satellitari ad alta autonomia civica. L’arte visiva è oggi il primo sismografo che stabilisce le coordinate estetiche del futuro etico.

Questi cinque artisti italiani, selezionati in un panorama di proposte permeabili, esemplificano la forma di una contraddizione generativa, dove le incongruenze di una volta diventano sintesi di una verità plurima e slittante, un multiverso in cui ognuno potrà diventare pianeta (personalità) dentro la galassia delle complessità postuma del Novacene.

 

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Carlo Zanni, Crypto moneta, 2018.

 

Carlo Zanni. La sua arte tocca molteplici ambiti ma sfugge a qualsiasi intento classificatorio. Si pensi a come i fotogrammi di un suo film o una sua sequenza di fotografie si modifichino live tramite software collegati a Google Analytics. Si pensi all’invenzione di una criptovaluta, chiamata non a caso ZANNI, che vive in connessione finanziaria ai valori fluttuanti di Ethereum.
Con l’arte di Zanni entriamo nel cuore generativo degli algoritmi, attraversando supporti e linguaggi che si trasformano in un incessante rituale di aggiornamento statistico. In un mondo digitale che produce trasformazioni a ciclo continuo, l’artista rafforza quel sottile limbo in cui oggetti analogici e forze digitali trovano la natura di uno scopo comune. zanni.org@gmail.com

 

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Fabio Lattanzi Antinori, Veduta dell’installazione a Frieze Sculpture Park, 2020, Regents Park, London. Foto PiArtworks.+

 

Fabio Lattanzi Antinori. L’artista italiano, da diversi anni residente a Londra, customizza display hardware con relativi software open-source. I suoi oggetti dinamici, somiglianti alle strutture informative su strade e cantieri, si mimetizzano con le geometrie urbane ma cambiano radicalmente i parametri dei contenuti. Sculture generative e riproduttive, cellule urbane di intelligenza artificiale che filtrano riflessioni fondamentali sul nostro ruolo nel web, sulle pubblicità nei social media, sulle parole-chiave nell’universo Google. L’opera fonde design industriale e informatica, scultura e segnaletica, comunicazione e analisi concettuale, evidenziando la perfetta ibridazione tra funzione e finzione. fabio@lattanziantinori.com

 

 

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Davide Quayola, Jardin #C1.2 (01798), 2018, Ink-Jet Print, cm 122×72.

 

Davide Quayola. Il massimo della referenza iconografica nell’estasi binaria della trasformazione digitale nel Novacene. Quayola, diviso tra Roma e Londra, parte dal processo iconografico rinascimentale, attraversando i grandi costruttori di immaginari figurativi; da qui processa strutture e codici in un maniacale assetto filtrante, usando dispositivi tecnologici che restituiscono la trasformazione di sintesi elettronica. È la biologia derivativa della pittura su tela o del marmo michelangiolesco, digitalizzata con una grammatica che radiografa, scompone, modifica e ricompone. Un lavoro processuale che prende vie molteplici, dal monitor alla proiezione, dalla stampa su telaio alla scultura di derivazione robotica. me@quayola.com

 

novacene
Formafantasma, Quercus, 2020, Video Still.

 

Formafantasma. Un approccio che sembra da studio di design ma non solo; un’attitudine che somiglia a un progetto di scultura evoluta ma non solo; qualcosa che riguarda il mercato delle aziende (clienti) ma anche i musei (clienti) e il sistema curatoriale più innovativo. Andrea Trimarchi e Simone Farresin affrontano il design (prototipo/industriale) con l’ingaggio del puro concetto (habitat sostenibile, pensiero evoluto, ecosistema permeabile) e lo sviluppo simbiotico della forma/ funzione (adattamento ai nuovi habitat, forma mimetica del pensiero, molecola di un ecosistema molare). Un metabolismo senza discontinuità estetica, in grado di produrre ibridi semantici che galleggiano nel (post)museo del Novacene. info@formafantasma.com

 

 

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Invernomuto, MED T-1000, 2019, ceramica, laser. Veduta dell’installazione presso NN Contemporary, Northampton. Foto di Giulio Boem. Courtesy gli artisti e Pinksummer, Genova.

 

Invernomuto. Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi hanno scelto un nome che intercetta il clima biologico del Novacene. Invernomuto parte sempre da una linea narrativa, districando trame antropologiche che tornano al pubblico sotto le spoglie di complesse installazioni. Fotografia, videomaking, suono, grafica, design: un’orchestra di segnali in apparenza dissonanti, allineati col metronomo del tema narrativo, filtrati da metafore che agiscono nella forma stessa delle opere. Temi fondativi come il post-colonialismo si trasformano in apparati sensoriali che ridefiniscono la stessa idea di installazione site-specific. Il linguaggio visivo diventa un prisma tra solido, liquido e gassoso. info@invernomuto.info

 

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