Dal 2 giugno 2024 al 6 ottobre 2024 Catania ospita la mostra Caravaggio. La verità della luce, organizzata da Associazione MetaMorfosi (in collaborazione con Demetra Promotion) e curata dal Professor Pierluigi Carofano.
Inaugurata il primo giugno, la mostra ha tenuto a battesimo anche la Pinacoteca del complesso monastico di Santa Chiara, edificato, nella prima metà del Settecento, sui resti dell’antico caseggiato distrutto dal terremoto del 1693 che tanto modificò il volto di Catania. Dopo il 1866 il complesso cambiò più volte destinazione d’uso, da edificio scolastico a sede dell’ufficio anagrafe.
Oggi rinasce per ospitare la mostra, dopo l’eccellente intervento di riqualificazione operato con fondi comunitari dall’Assessorato ai Lavori Pubblici e Politiche Comunitarie.
In esposizione è possibile ammirare trentacinque capolavori provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane ed estere, tra cui rilucono tre “gemme” del Caravaggio che approdano in Sicilia per la prima volta: Il ragazzo morso da un ramarro, San Sebastiano e Il cavadenti.
L’esposizione è un viaggio nella carriera di Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi o Amerighi (Milano, 28 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610), dagli albori in Lombardia al periodo di successo a Roma e a Napoli, fino agli ultimi scampoli del suo vivere travagliato e intenso. Inoltre, si presentano le molte declinazioni del Caravaggismo.
Descritto dal Bellori come “uomo torbido e contentioso”, il nostro ebbe una vita sempre in fuga, sempre al limite. La sua pittura segna uno spartiacque nella storia dell’arte. Come dice il critico d’arte, Prof. Vittorio Sgarbi, “In Caravaggio si sente il passaggio da un’epoca all’altra con un distacco così forte nella rappresentazione dei soggetti e dello stile che, se si può trovare in altri momenti della storia dell’arte, non lo si trova mai in modo così impetuoso”.
Passeggiando attraverso i dipinti proposti in mostra, Caravaggio ci appare come un pittore di grande Fede che osa la sfida alla realtà, in quanto la sua pittura non doveva essere e non viene percepita dall’osservatore come “dipinta”, ma come “reale”.
Caravaggio è anche il pittore della luce. La luce svela verità, inscrive i piani, costruisce lo spazio, precisa le forme e dà spiritualità alla materia, anche alla più fosca e terrena.
La mostra offre una straordinaria testimonianza di come l’artista, anche attraverso la luce, riuscisse a estrinsecare quel pathos e quella tensione drammatica che accendono le emozioni e creano una scena pulsante, un’opera viva, con pennellate dai contrasti cromatici forti che amplificano la teatralità delle scene proposte.
“Un progetto scientifico – afferma Enrico Trantino, Sindaco di Catania – il cui spessore consentirà di intercettare un pubblico eterogeneo e desideroso di scoprire insieme a noi la “verità della luce” e l’immaginario entro al quale sono nate le straordinarie opere di Michelangelo Merisi e dei suoi numerosi epigoni, allievi, imitatori, che hanno contribuito a diffondere nel mondo il mito e l’alone di mistero che accompagna ogni uscita pubblica dei dipinti a lui attribuiti”.
Il ricco percorso espositivo permette al visitatore di “abitare” in ogni sua sfumatura il fenomeno del “caravaggismo” con un florilegio di opere di Orazio Gentileschi, Guercino, Annibale e Ludovico Carracci, Simone Peterzano, Cavalier d’Arpino, Mattia Preti, Luca Giordano, Giovanni Baglione, le due pittrici Fede Galizia e Orsola Maddalena Caccia, Mathias Stom e molti altri, per i quali Caravaggio è stato il promotore di una rivoluzione nello stile e nel linguaggio artistico. Il loro realismo esplicito, diretto, spesso dissacrante e irriverente, rappresenta un arricchimento emotivo per lo spettatore che si lasci sedurre e permeare dal loro spirito e dal loro mondo.
L’iconografia caravaggesca è spesso caratterizzata da immagini truci nel loro realismo, da riferimenti alla povertà evangelica degli ultimi (si vedano, ad esempio, le unghie scure del ragazzo morso da un ramarro o i piedi sporchi e le vesti lise dei pellegrini nella famosa Madonna dei pellegrini custodita nella Cappella Cavalletti della Chiesa di S. Agostino in Campo Marzio, a Roma); al contempo l’utilizzo sapiente della luce in diagonale e dall’alto, riveste e carica l’immagine di simboli e di allusioni a Dio, e noi comprendiamo quanto grande fosse la sua fede.
L’attenzione dedicata ai suoi epigoni e imitatori, i “caravaggeschi”, rende testimonianza dei molteplici sviluppi evolutivi del caravaggismo, che permeò la rivoluzione barocca e irradiò l’influenza del maestro in tutta l’Europa ben oltre il tempo della morte che lo colse nel 1610.
Due dipinti di Jusepe de Ribera, universalmente conosciuto come Lo Spagnoletto, ovvero San Girolamo e la tromba del giudizio e Il Profeta, confermano l’eredità dell’imprimatur caravaggesco.
Tra le opere degli autori suoi contemporanei presenti in mostra notiamo la Presentazione al Tempio di Simone Peterzano (primo maestro di Caravaggio), Sansone e Dalila di Giovanni Baglione e la deliziosa Natura morta con coturnice della pittrice milanese Fede Galizia.
Intrisa di elementi caravaggeschi appare l’opera di Antiveduto Gramatica: un ritratto muliebre, forse Salomè, raffigurante un mezzo busto di giovane donna, curata nell’ acconciatura, con capelli dorati raccolti e impreziositi da gioielli. L’assenza dell’aureola esclude che possa trattarsi di una santa, e non ci sono segni che facciano pensare a un’eroina del mito. “La vicinanza con la splendida Salomè con la testa del Battista, con la coppia di tondi della Pinacoteca di Brera di Milano e con la Giaele della Galleria Pallavicini di Roma giustifica l’attribuzione a Gramatica di quest’opera” scrive il professore e curatore Pierluigi Carofano, e ancora “l’opera costituisce una preziosa aggiunta al Corpus pittorico del Gramatica, artista in grado di produrre opere di una cifra stilistica immediatamente riconoscibile, coniugando il classicismo bolognese col caravaggismo romano”.
La sezione della mostra dedicata a “amici e nemici” di Caravaggio offre una preziosa testimonianza della vivacità culturale nella Roma del primo Seicento. Due opere di artisti suoi contemporanei, come L’Incredulità di San Tommaso e La Cattura di Cristo, provenienti dalla Galleria degli Uffizi, permettono di cogliere appieno analogie e antinomie con il maestro, oltre alle svariate declinazioni del suo stile e dei soggetti rappresentati. Realizzate all’interno della cerchia di Caravaggio, verosimilmente ebbero la supervisione del Maestro, secondo una pratica in voga, all’epoca, nelle botteghe.
Per il professor Pierluigi Carofano, l’esposizione persegue due obiettivi: “Presentare una selezione di opere di Caravaggio per comprenderne la maturazione, dagli albori della sua severa e controriformistica formazione nella Milano di Borromeo, fino alla fine della sua vita, e offrire nuovi spunti di riflessione sullo stile e sul significato delle opere di Caravaggio e dei caravaggeschi, rivolte nello specifico alla comunità scientifica, attraverso lo strumento del catalogo”.
Esaminiamo brevemente tre dipinti autografi presenti in mostra:
Il ragazzo morso da un ramarro. Da leggere in chiave allegorica, contiene il monito a non valicare i confini del lecito, pur godendo del breve vigore della giovinezza che può presto appassire, e mostra quali insidie possano celare i beni terreni nell’attaccamento alla materia. Sembra uno dei tanti ragazzi di vita immortalati da Pasolini, che tante affinità ha con Caravaggio.
E a ben guardare, il ragazzo pare l’ideale proseguimento del ragazzo portatore del canestro di frutta, che ora si agita, prende vita, morso inaspettatamente da un ramarro. Numerosi sono i segni allegorici che Caravaggio dissemina nel dipinto: la rosa fiorita, la rosa appassita, l’acqua, la spalla denudata, la frutta, il ramarro.
Il Cavadenti. Dipinto nel 1608, proveniente dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti e si caratterizza sia per l’aspetto grottesco dei personaggi sia per il tema del dolore. L’atmosfera intensa è accentuata dal chiaroscuro e dall’attenzione rivolta ai dettagli anatomici e all’espressione dei volti delle figure disposte intorno alla tavola. Il volto truce del cavadenti ci fa “sentire addosso” il dolore, mentre con pinze e tenaglie rudimentali, estrae i denti a popolani indigenti costretti a venderli (come anche i capelli), per garantirsi un minimo di sopravvivenza. Il dipinto è legato alla fase estrema della produzione di Caravaggio (che morirà due anni dopo). L’aspetto grottesco dei personaggi raffigurati esercitò grande influenza su artisti come Matthias Stom, presente in mostra con una coinvolgente “Derisione di Cristo”, in prestito dal Castello Ursino.
Il San Sebastiano, opera esposta in Italia per la prima volta da quando è stata dichiarata autografa di Caravaggio nel 1990, ha una storia complessa di identificazioni, trasferimenti geografici e acquisizioni. Caravaggio lo rappresenta in mezzo a due carcerieri, che nella realtà erano ex detenuti. È quasi una fotografia. Il Santo viene immortalato nel momento esatto in cui guarda conficcarsi nelle sue carni la prima freccia. Caravaggio “illumina” l’istante in cui il giovinetto capisce che il dolore è reale, lancinante, e che Dio lo sta mettendo alla prova.
Molto soddisfatto Pietro Folena, presidente dell’Associazione MetaMorfosi, che dichiara: “Con la mostra La verità della luce, Catania entra in un grande circuito internazionale di esposizioni di qualità. Basilea, Catania, Seul sono le tre tappe di questo straordinario progetto espositivo”. La mostra è patrocinata dal Ministero della Cultura, dalla Presidenza Commissione Cultura della Camera dei deputati, dall’ARS, Assemblea Regionale Siciliana, dalla Regione Siciliana e dalla Città Metropolitana di Catania.
Caravaggio. La verità della luce
A cura di Pierluigi Carofano
1° giugno 2024 – 6 ottobre 2024
Pinacoteca ex Monastero di Santa Chiara, Catania
Immagine di copertina: Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, Cavadenti, c. 1608-1610, Firenze, Gallerie degli Uffizi, inv. 1890 n. 5682 – Courtesy Associazione MetaMorfosi
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