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Gli artisti dell’Es

michele ciolino difronte all'opera I love New York di Alessandro Cattelan.
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Quando l’arte è alla ricerca del sé

Il Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse esprime la filosofia che unisce, concettualmente, i “contrastati” artisti di cui si parlerà nel 2022, gli artisti dell’ES.

Dalle righe di quel romanzo emerge la difficoltà dell’autore nel trattare della sintesi tra natura e spirito. Tanto Narciso, che rappresenta lo spirito, quanto Boccadoro, che rappresenta la natura, si sentono insoddisfatti perché adoperano solo lo spirito o solo i sensi, e ciò si rivela insufficiente.

Ciascuno di loro, tuttavia, trova la pace perché impara a vivere secondo la sua natura e in questa trova la piena realizzazione. Narciso e Boccadoro rappresentano le due parti di ogni essere umano, la diade bipolare: l’ascesi dello spirito e la vitalità del corpo. Hesse rappresenta, con i suoi personaggi, la distinzione tra l’Apollineo (razionalità) e il Dionisiaco (istintualità) di Nietzsche.

Rappresentazione artistica di una zampa di cavallo in una stanza vuota.
Michele Ciolino di fronte all’opera Gamba di Cavallo di Alberto Garutti presso la galleria Massimo Minini a Brescia.

L’elemento peculiare dell’opera di Hesse è rappresentato, tuttavia, da una sorta di “accettazione pacificata” di sé stessi: questo ci porta a parlare degli artisti dell’ES, di quegli artisti che, nei loro contrasti, vivono in maniera sofferta la coabitazione della spiritualità e della natura, dell’anima e del corpo nella loro arte.

Questa difficoltà di convivenza dell’anima e del corpo si traduce in opere dove l’anelito spirituale è forte e, per chi lo persegue, probabilmente anche fonte di frustrazione nella misura in cui si pone il problema della sua traduzione in opera. Ciascuno utilizza un linguaggio personale, semplice e complesso, dove si svela, rimanendo celata, la ricerca di Narciso e Boccadoro.

Non possiamo non iniziare il nostro excursus con Maurizio Cattelan. I piccioni “viaggiatori” di “Breath” dall’Hangar Bicocca di Milano sono volati a Pechino al Museo UCCA, ove, fino al febbraio del 2022, il “maturato” Maurizio espone “Il giudizio universale”, mostra curata da Francesco Bonami.

In un Paese in “debito” di democrazia, l’enigma Cattelan scuote proprio nel passaggio tra il 2021 e il 2022. I misteriosi temi della poetica di Cattelan si prestano ad una lettura, prima facie, ironica e dissacratoria, ma in grado di “gridare” ancora più forte i contenuti della cultura occidentale e della sofferenza esistenzialista che li accompagna.

Le opere di Cattelan inducono a una rifl essione sul totalitarismo (L’Hitler inginocchiato di Him), la religione (il Papa colpito da un meteorite de La nona ora), il rispetto per tutti gli esseri viventi in opere come Novecento o I.N.R.I. (ove il richiamo al mondo animale è associato a una riflessione sul sistema economico mondiale).

Lo spirito e il corpo di Maurizio (Cattelan) volano con le ali di quei piccioni, in cui siamo chiamati a immedesimarci, in un Paese dove i contrasti arrivano sino alla più profonda delle diadi: libertà e democrazia. In fondo Cattelan posa le sue ali su quella terra e con il suo “homeless cinese” esposto come opera inedita invita quel paese a guardarsi allo specchio.

Chiesa con alberi di limone al posto delle panche, piantate nella sabbia
Gian Maria Tosatti, Sette stagioni dello Spirito, Terra dell’ultimo cielo, Napoli, 2016. Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano, Napoli.

Francesco Vezzoli è uno degli artisti dell’ES; anche in lui convivono le contraddizioni e l’anelito alla sintesi, lo spirito e la natura. Nel suo linguaggio espressivo questa contraddizione e questo sforzo alla sintesi sono riconoscibili nella trasfigurazione di un passato che guarda a una contemporaneità che ha bisogno di ancorarsi al passato.

Anche di Francesco Vezzoli si parlerà nel 2022, perché dopo l’importante esposizione de ”I palcoscenici archeologici” al Parco Archeologico di Brescia, l’artista in collaborazione con il museo Novecento di Firenze e il museo Pecci di Prato ha esposto altri due lavori proprio a Firenze, di cui uno in Piazza della Signoria e un altro a Palazzo Vecchio. Le opere di Vezzoli sono attinte dal passato, in particolare a Brescia; in occasione della restituzione alla città dell’antica scultura della Vittoria Alata restaurata, l’artista ne realizza una con la testa degli Archeologi Dechirichiani.

Altre vestigia del passato sono decorate in maniera pop, altre lacrimano. In Piazza della Signoria a Firenze un leone imbizzarrito tiene tra le fauci una testa umana in una sorta di riscatto universale della natura.

Nel 2022 una grande mostra monografica racconterà il suo lavoro al Museo Pecci di Prato. Vezzoli trasfigura, parla con le metafore, fa lacrimare le icone del contemporaneo, le immagini stereotipate della felicità. Queste le contraddizioni di un artista poliedrico, considerato anche per le sue capacità curatoriali (Fondazione Prada e Galleria Tommaso Calabro) e autore di quella tela dipinta con la bandiera italiana squarciata con un taglio “alla fontana”, che ha saputo rappresentare così, in un’estrema sintesi sofferta, la tragedia della pandemia in Italia ma anche la forza di un popolo capace di resistere e reagire con lo spirito ma anche con il corpo.

Narciso nell’opera caravaggesca guarda sé stesso in uno specchio d’acqua. Michelangelo Pistoletto fin dagli esordi del suo lavoro ci invita a guardarci all’interno di uno specchio, a cercare un dialogo con noi stessi. In quegli specchi sono raffigurati anche altri momenti della contemporaneità con i quali, comunque, siamo invitati a confrontarci perché questo è il tempo in cui viviamo, in cui esistiamo.

Pistoletto è certamente uno degli artisti dell’ES che riflette sul presente. In lui spirito e natura sono la piena integrazione dell’uomo nella natura (Primo Paradiso) e scienza e tecnologia, il paradiso artificiale (Secondo Paradiso). Questi due “mondi” trovano la loro sintesi nel Terzo Paradiso, la terza fase dell’Umanità, la connessione equilibrata tra l’artificio e la natura. Pistoletto lo raffigura riconfigurando il segno matematico dell’infinito.

L’artista crea tre cerchi consecutivi in cui il centrale è più grande e rappresenta il grembo generativo della nuova Umanità. Spirito e materia potranno convivere praticando l’Ominiteismo e Demopraxia. L’arte sarà la forza generatrice della nuova ricostruzione socio-culturale del mondo globale. Quello di Pistoletto è un impegno anche didattico con la sua cittadella dell’arte di Biella e con gli ambasciatori del Terzo Paradiso. Alberto Garutti è certamente un maestro dell’ES.

Di lui si è parlato recentemente in una mostra alla Galleria Massimo Minnini a Brescia, ma si parlerà certamente anche il prossimo anno perché a lui (professore dell’Accademia di Brera) si deve la formazione di molti artisti italiani affermatesi dagli anni Novanta a oggi quali Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Giuseppe Gabellone, Petrit Halialj, Diego Perrone, Paola Pivi e Patrick Tuttofuoco. Un indiscusso maestro della pratica concettuale che caratterizza i linguaggi dell’arte internazionale e italiana.

In lui la contraddizione di spirito e natura si traduce nel lavoro che appare quasi come registrazione di un “pensiero artistico” che viene prima, quasi che l’opera ne fosse un corollario. Come nella serie Cosa succede nelle stanze quando le persone se ne vanno. Qui, oggetti anonimi sono coperti da pittura fosforescente e appaiono luminescenti solo al buio quando, spente le luci degli spazi espositivi, tutti i visitatori se ne sono andati, “la presenza nell’assenza”, l’opera d’arte sopravvive e in fondo assume una luce magica proprio quando si sottrae allo sguardo dei più.

Garutti ci invita a pensare forse ancor prima di guardare e comunque a pensare guardando. Crede in un’arte popolare e concepisce opere di arte pubblica come Ai nati oggi. Nel 2020 a Roma, in Piazza del Popolo, i lampioni della piazza erano collegati con il reparto maternità del Policlinico Gemelli. Ad ogni pulsazione della luce di un lampione corrispondeva la nascita di un bambino. Sicuramente i passi di Garutti lo porteranno anche a un 2022 importante di spirito, natura e pensiero.

Gianmaria Tosatti. Nel 2022 si parlerà molto anche di un altro tra gli artisti dell’ES, particolarmente “tormentato”. Un artista che sta elaborando il suo travagliato lavoro dal nome Dittico del trauma sin dal 2018 raccogliendo le esperienze di una sorta di pellegrinaggio nel mondo. Quello di Tosatti èiltentativodicreareungrandeautoritrattocollettivo,un autoritratto generazionale.

Pare quasi un paradosso ma, proprio colui che ha iniziato un viaggio lontano dal sistema del mainstream e che intende raccontare la crisi della democrazia (vista come una chimera), viene premiato proprio dal sistema e quindi nel 2022 Gianmaria Tosatti sarà l’unico artista presente nel padiglione italiano della Biennale di Venezia, sarà il direttore della Quadriennale di Roma e verrà pure ospitato all’Hangar Bicocca di Milano.

Tosatti vuole raccontare la realtà alla stregua dei registi del Neorealismo italiano, vuole raccontare dove scorre il sangue e dove purtroppo spesso viene versato e crede nel potere dell’arte di farci percepire la realtà nella sua parte più drammatica così come di spingerci a cambiare, a migliorare. La pratica artistica di Tosatti è incentrata sui concetti di collettività e memoria nella loro valenza storica, politica e spirituale.

Tutto questo si traduce in arte visiva, performance, architettura. I suoi lavori sono grandi installazioni site specific, opere scultoree progettate per interi edifici o aree urbane destinate a durare per lunghi periodi, come il titanico Sette stagioni dello spirito che ha coinvolto, in sette tappe, diversi edifici emblematici di Napoli. Il contrasto spirito-natura di Tosatti pervade la sua pratica artistica ed è quasi rappresentato come un manifesto nella sua opera Il mio cuore è vuoto come una specchio. L’invito dell’artista è certamente testimonianza del suo impegno che si avvale dell’arte per affrontare le dicotomie del contemporaneo. Certamente uno degli artisti dell’ES.

 

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