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Ivan Quaroni

Ci vuole tempo per adattarsi ai cambiamenti, ma qualche volta la Storia produce inedite accelerazioni. Come nel caso dell’attuale pandemia di coronavirus che ha dato una scossa a tutto il comparto delle applicazioni digitali arrivando, inevitabilmente, a travolgere anche il settore dell’arte.

Non parlo delle mostre online, che sono la versione semplicistica di questa rivoluzione, ma dell’esponenziale crescita d’interesse nei confronti di una creatività che include non solo la realtà virtuale e aumentata, ma anche l’arte generata dalle I.A. (Intelligenza Artificiale) e perfino quella eseguita dai Paint-Bot (i Robot che dipingono).

Alcune di queste applicazioni le conosciamo da tempo. Ad esempio, gli effetti dell’uso in campo commerciale della I.A., una disciplina informatica nata nel 1956, sono sotto gli occhi di tutti. Li sperimentiamo ogni giorno sul web sotto forma di Big Data Analytics, la tecnologia che compie analisi predittive sui gusti e gli interessi degli utenti.

Più interessante, però, è il modo in cui la rivoluzione digitale produce un allargamento delle forme di espressività artistica e una loro conseguente normalizzazione, dovuta principalmente al fatto che i modi di produzione e fruizione virtuale (anche delle opere d’arte) non riguardano più sparuti gruppi di appassionati e tecno-feticisti.

Autori soppiantati da robot, festival senza curatore.
La rivoluzione dell’arte passa (anche) dall’intelligenza artificiale.

Qualche esempio? A Milano dal 2017 si tiene l’annuale Machinima Festival creato da Matteo Bittanti insieme all’Università IULM. Il Machinima è una produzione mediale ibrida, un audiovisivo che sfrutta i motori tridimensionali dei videogiochi per realizzare video che, secondo John Gaeta, autore degli effetti speciali del film The Matrix, hanno fatto emergere una nuova forma d’arte.

Peraltro, mentre scrivo questo articolo si raccolgono le adesioni di due premi che sanciscono la definitiva transizione artistica verso il digitale. Il primo è Cinello Unlimited, una competizione organizzata da un’azienda impegnata nella creazione di multipli autenticati e numerati di capolavori della storia dell’arte, che premia opere, progetti e campagne di comunicazione nati in ambiente digitale.

 

intelligenza artificiale
Total Refusal, How to Disappear Deserting Battlefield. Courtesy Milan Machinima Festival 2020.

 

L’altro, giunto alla seconda edizione, è Re:Humanism Art Prize, che invita gli artisti a riflettere sul rapporto tra arte e intelligenza artificiale e sulle sue implicazioni politiche. Questi sono solo alcuni dei segnali di un inedito interesse verso le nuove frontiere della creatività, in linea con quanto di nuovo sta accadendo nel mondo dell’arte internazionale.

Proprio in questi giorni si dibatte non solo del curioso progetto di Matt Round, il web developer che ha creato GANsky, la prima intelligenza artificiale che opera come uno street artist, ma anche della prossima Biennale di Bucarest, la cui curatela è stata affidata a un’altra I.A. di nome Jarvis. Il futuro è adesso, ma molti non se ne sono ancora accorti.

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