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L’artista sciamano

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Introspezione, cura, profezia: ecco gli artistregoni

Basta ripensare a Joseph Beuys, o a Marina Abramovich, per confermarci nella coscienza che l’artista è sciamano per natura e in spirito.

Non è pertanto difficile selezionare una lista di nomi, tra gli artisti italiani contemporanei (tale è il campo elettivo d’azione di “Arte In”), rappresentativi dello sciamanesimo in arte, poiché sono praticamente tutti, in quanto artisti, se artisti lo sono davvero.

È un puro esercizio di critica, proprio nel senso della scelta, dell’esclusione e della responsabilità, quello che reca la presente carrellata. Qualunque altro artista non nominato (praticamente tutti gli altri, appunto) non si senta libero dalla dannazione e dal privilegio di essere sciamano, sempre che esso stesso, per primo e con diritto assoluto, si senta principalmente un artista, s’intende.

Dario Arcidiacono, Alle sette del mattino la Sacra Triptamina lavorava ancora prepotentemente, 2018, disegno digitale.

 

Dario Arcidiacono, preso a esempio capofila, vive la prassi sciamanica come pulsione naturale e vitale, ritirato com’è in una meditazione continua lontana dai rumori del presente, necessaria, soprattutto oggi, per adempiere al dovere imposto allo sciamano dal proprio destino: catalizzare energie e convertirle in messaggi di aiuto e di cura per il prossimo.

Arcidiacono si è ben distinto, negli ultimi trent’anni, come interprete discreto ma potente delle visioni interiori più sincere e ineludibili della contemporaneità: dalla postazione d’avanguardia degli Ultrapop, accessibile, suadente e pervasiva, espressa attraverso ironiche icone mostruose, oggi lo sciamano propone un proprio catalogo di meditazione, consultabile on line alla maniera di Amazon per una salvezza individuale composta – non senza un forte senso dell’ironia –, a misura di consumatore su uno dei maggiori marcketplace on line, sotto la godibile etichetta NOM Couture, dove NOM sta per Nuovo Ordine Mondiale (www.redbubble.com/people/NomCouture/shop).

L’ironia, ora più che mai, si è fatta parodia dei codici convenzionali dell’attualità e portatrice, al contempo, di un’offerta sostenibile di talismani adatti alle circostanze che segnano il nostro tempo.

 

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Marco Cingolani, Pescatori Cacciatori Raccoglitori, 2021, olio su tela, cm 200×200. Courtesy Galleria Gaburro, Milano.

 

Sulla stessa rotta, è il caso di dire, quella delle merci e della mercificazione beata del lavoro dell’artista, adottando una prassi che non è solo concettuale ed è certamente più aderente alla convinzione che i mercanti siano i veri eroi misconosciuti della storia umana, si dirige Marco Cingolani, sciamano dalle visioni fluidamente dettagliate in lacerti di sogno, così ben restituite a chi guarda potendo vedere le stesse scene oniriche che lui vede, fissate perennemente su tela come attimi di rivelazione che non fuggiranno mai più, nella serie recente delle “Terre rare”, esposta a Milano per la galleria Gaburro.

Cingolani continuerà a viaggiare, l’anno prossimo, in obbedienza alla vocazione del mercante, e sarà esposto alle fiere di Ginevra, in gennaio, poi a Bologna, Bruxelles, Dusseldorf, a Milano per il Miart e per finire a Dubai, per la prima volta, sulle tracce di Marco Polo. La sua merce artistica, tradotta in aura sciamanica, sarà contrassegnata dall’enfasi del rosso e dell’oro e comincia pure l’ossequio per i grandi del passato che hanno fatto del viaggio e della scoperta una missione per conto di tutti gli uomini: dall’imperatrice Elena, bizantina, a Malcolm Purcell McLean, inventore senza gloria ancora conclamata del container.

Dall’anno prossimo imperatrici e trasportatori ignoti benemeriti vivranno di nuova, animistica vita.

 

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Sergio Padovani, Stelle Aperte, 2021, olio, bitume, resina su tela, cm 230 x160.

 

Intanto, tra la fine di questo inverno ancora tetro e l’inizio astrologico del nuovo calendario, sarà possibile emergere dal limbo e rivedere le “stelle aperte” immaginate e raffigurate da Sergio Padovani, artista sciamano rivelato perfino a sé stesso piuttosto recentemente.

Nato musicista e rinato pittore dotato di uno straordinario senso teatrale della rappresentazione del sacro che abita nell’uomo, in una forma espressiva che pare dettata confidenzialmente da un consesso di spiriti fiamminghi del Seicento, ma innervata con toccante perizia da sensazioni visive che solo lo spettatore contemporaneo può percepire, come si è visto alle Stelline di Milano con la serie “I folli abitano il sacro”.

Padovani esporrà nei prossimi mesi ai musei Eremitani, collegati alla cappella degli Scrovegni di Padova, un estremo omaggio a Dante di grandissimo formato, in olio, bitume e resina, che davvero celebra la gloria dell’immaginario interiore quando si approssima all’infinito, tale è la forza suggestiva di questo ciclo di anime in ascensione, così minuziosamente, potentemente evocate dall’artista. Padovani compirà altre tappe, nel 2022, tra Padova e Venezia, di nuovo palesando miracoli di bravura.

 

Un’opera di Liw Volpini

E poi è presente, unica sciamana scelta a presidio di genere sul proscenio dell’arte a venire, una piccola e fortissima maga, Liw Volpini, peritissima in un’arte divinatoria che ruba sguardi indiscreti su ciò che verrà, il rain painting, una tecnica raffinatissima e paziente, evidentemente erede del patrimonio orientale di un fare artistico meticoloso, quasi maniacale nella ricerca di micro emozioni a rendere, che ha prodotto finora eccellenti lavori, preziosi a prima vista.

Liw è stata ovunque, nel mondo, a esibire i suoi infinitesimali poteri sull’arte, viene da dovunque, non si sa ancora dove andrà nel futuro, ma è certo che il suo cammino è determinato e predestinato, tracciato da un equilibrio stabile tra la precisione Zen e le ossessioni caotiche dell’Occidente, Liw conosce i segreti delle maschere e svela il nostro volto reale con un trucco semplice ma sorprendente: coprendolo di latex aderente colorato a smalto e acrilico. Ecco l’alchimia dei contrari.

 

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Andrea Zucchi, Pan Pan Panta Penta Rei, 2018, olio su lino, cm 70×120.

 

Mentre un autentico filologo, un assemblatore coscienzioso e spericolato allo stesso modo, ma capace di produrre risultati perfetti di simmetria e ordine nel cosmo imperfetto delle cose, è Andrea Zucchi, da poco esposto alla galleria Bonelli di Milano nella mostra collettiva “Salone d’Autunno”, con pezzi esemplari delle sue ricerche fantasmagoriche, ma compostissime, che sono sillogi universali (remix, come li chiama l’artista) dello scibile ermetico, metafisico, esoterico, trascendentale, sorta di codice personale tratto dai vocabolari delle scienze occulte di ogni paese e di ogni tempo.

Nei mesi a venire, c’è da aspettarsi che le variegate, complicate e affascinanti compilazioni di questo sciamano dalle intuizioni enigmistiche saranno divulgate in una monografia della serie Pondus 100copie.

In ogni momento della storia dell’Uomo l’arte e gli artisti hanno filtrato vaticini, profezie, distillato visioni e forse pure farneticato follie. Dalle imponenti, impressionanti mandrie che galoppano da decine di migliaia di anni sulle pareti delle grotte di Lascaux, testimonianza di un ignoto artista sciamano del Neolitico, il compito testimoniale dell’arte sciamanica transita oggi, culmine storico a cavallo del millennio, verso un nuovo valico.

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