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Pittori moderni della realtà

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La breve vicenda dei Pittori moderni della realtà e tra le esperienze artistiche più controverse e trascurate dalla critica nel Secondo dopoguerra. La questione è ancora aperta ma finalmente è oggi possibile interpretare questo episodio alla luce della storia del gusto e delle sue oscillazioni in una fase cruciale e nevralgica del secolo scorso.

Sono molte le ragioni che hanno alimentato le infinite polemiche attorno a questa avventura donchisciottesca che vede riunirsi quattro orgogliosi pittori firmatari di un manifesto programmatico: Gregorio Sciltian (1898 – 1985), Pietro Annigoni (1910 – 1988) e i fratelli Xavier (1915 – 1979) e Antonio Bueno (1915 – 1979) a cui si aggiungeranno, nelle cinque mostre realizzate tra il 1947 e il 1949, Alfredo Serri (1897 – 1972), Giovanni Acci (1915 – 1979) e Carlo Guarienti (1923), l’ultimo testimone vivente di questi fatti, prossimo a festeggiare, nel mese di ottobre, l’invidiabile traguardo dei cento anni.

 

Pittori moderni della realtà
Gregorio Sciltian, I vagabondi, 1943, Collezione/Collection Famiglia Adreani

 

Il tono acceso dei contrasti, scaturiti fin dalla nascita del gruppo dei Pittori moderni della realtà, fu in parte cercato dagli stessi artisti animati dal desiderio di far emergere la propria voce in quegli anni delicatissimi in uscita dal conflitto. Le loro rivendicazioni erano chiare e sostenute con fermezza e perfettamente espresse dall’eloquenza della loro pittura sintonizzata sui modelli più alti della storia dell’arte del Rinascimento e soprattutto del Barocco che al tempo stava vivendo un profondo processo di riappropriazione critica.

L’atteggiamento non era certo nuovo, il clima di Ritorno all’ordine fra le due guerre aveva riportato la pittura, dopo gli anni delle spericolate sperimentazioni delle avanguardie, a una solida rappresentazione figurativa e a un recupero di riferimenti attinti dalla tradizione pittorica verso cui confrontarsi apertamente orientandosi sugli archetipi trecenteschi e quattrocenteschi.

 

Xavier e Antonio Bueno, Natura morta con brocca, mele e paglia, 1948, Collezione privata / Private collection, Varazze

 

Rispetto, per esempio, al fenomeno del Realismo magico, la proposta dei Pittori moderni della realtà si plasma con maggiore slancio nei confronti dell’estetica Barocca incardinandosi però attorno a un atteggiamento di completo rifiuto rispetto a quelle che consideravano pericolose derive moderniste imposte con prepotenza dall’École de Paris. In altre parole, l’atteggiamento di Sciltian, Annigoni e compagni è più radicale, nella loro visione artistica non è ammessa alcuna forma di mediazione con i fenomeni artistici nati nel Vecchio continente a partire dalla rivoluzione della pennellata impressionista.

Espressionismo, cubismo, futurismo e in particolare qualsiasi forma di astrazione dalla realtà rappresentano per loro non soltanto una deriva di carattere formale che allontana l’artista dalla tecnica, dal mestiere e dalla tradizione ma appaiono come manifestazioni di una degenerazione di carattere morale.

Nel loro manifesto, i Pittori moderni della realtà scrivono: «Non ci interessa né ci commuove una pittura cosiddetta “astratta” e “pura” che, figlia di una società in sfacelo, […]. Noi rinneghiamo tutta la pittura contemporanea dal postimpressionismo a oggi, considerandola l’espressione dell’epoca del falso progresso e il riflesso della pericolosa minaccia che incombe sull’umanità. […].

 

Gregorio Sciltian, La biblioteca magica, 1945, Collezione privata / Private collection

 

Noi vogliamo una pittura morale nella sua più intima essenza, nel suo stile stesso, una pittura […] impregnata di quella fede nell’uomo e nei suoi destini, che fece la grandezza dell’arte nei tempi passati. Noi ricreiamo l’arte dell’illusione della realtà, eterno e antichissimo seme delle arti figurative. Noi non ci prestiamo ad alcun ritorno, noi continuiamo semplicemente a svolgere la missione della vera pittura.».

Ogni membro dei Pittori moderni della realtà stabilirà connessioni profonde con gli artisti del passato. Sciltian imposterà la sua carriera a partire dagli anni Venti sul modello assoluto del Caravaggio. Per comprendere la singolarità di questa associazione va ricordato che il Merisi all’epoca era considerato un pittore minore e sconosciuto al grande pubblico, la sua riscoperta, dovuta agli studi longhiani, è tra le più importanti conquiste critiche del secolo scorso.

La parabola di Sciltian, come primo caravaggesco del Novecento, si inserisce in questo processo proprio per la vicinanza tra il pittore russo di origine armena e Roberto Longhi autore della prefazione alla sua prima mostra italiana nel 1925.

 

Antonio e Xavier Bueno, La carrozza (Passeggiata alle cascine), 1942, Collezione privata / Private collection

 

 

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