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Christian Gangitano

Spesso abbiamo sentito dire, sia da appassionati che da addetti ai lavori, che la street art sia “roba da maschi”, un lavoro duro, che richiede muscoli, fatica e un certo atteggiamento per farsi rispettare in strada, ma questo è evidentemente solo uno stereotipo e un “falso storico”, perché chi conosce i muri, sia in Italia che all’estero, sa perfettamente quante street artist donne abbiano realizzato e continuino a realizzare capolavori in tutto il mondo, alcune considerate “maestre” e altre emergenti.

Così, in un momento in cui si torna a parlare dell’importanza delle donne (anche) nel sistema dell’arte, ci è sembrato importante dedicare questo articolo alle artiste che hanno dimostrato il loro talento creativo nella scena urbana (purtroppo non sempre esente da un certo maschilismo), contribuendo in modo fondamentale a portare alla ribalta un “nuovo” tipo di sensibilità, rendendo diversi, colorati e spesso anche “impegnati” luoghi degradati e abbandonati, infrastrutture, strade e palazzi.

Perché, che siano impegnate politicamente, per la parità di genere e contro il sessismo, o semplicemente raccontando storie, le donne della street art hanno influenzato e continuano a influenzare in modo molto incisivo l’ambiente urbano e culturale.

Iniziamo con un elenco di alcuni nomi, di artiste italiane e internazionali, da vedere e da scoprire tramite instagram e i vostri device:

MicroBo, Gio Pistone, Alessia Babrow, MP5, Kiki Skipi, Miss Van, Lady Aiko, Marzia Nais, Alessandra Montanari “Alita” degli Ortica Noodles, Lex (del duo StenLex), Murielle, Maya Hayuk, Jacoba Niepoort, Alice Pasquini, Camilla Falsini, Chiara Loca, Alessandra Odoni (aka Ale Senso), Kruella D’Enfer, Giulia Salamone, Noeyes, Medianeras, Shamsia Hassani, Faith47, Bastardilla, Mademoiselle Maurice, Anna Garforth e altre che mi scuso per non aver citato per quella che, per lo spazio limitato, vuole essere solo una panoramica generale.

 

“Anche la street art è evidentemente un campo in cui si misurano e si riflettono i rapporti sociali di genere”

 

Non entro nel dettaglio descrittivo del lavoro di ognuna di loro, né delle loro storie e provenienze, ma salta all’occhio una cifra che le accomuna, una visione dell’arte urbana e una sensibilità straordinarie, una importante forza di bilanciamento quando lavorano in crew, non tanto per gli stili, che sono ovviamente i più diversi e disparati, spaziando dal figurativo all’astratto al superpop, ma per un côté poetico, relazionale, metodologico.

Street art
Un murale di Lady Aiko in Sunset Park, Brooklyn, NYC, 2018.

È più una questione di senso per il lavoro svolto, per l’importanza della rivalsa in questo mondo “street” cosi come in tanti altri ambiti lavorativi dove spesso non si hanno gli stessi trattamenti, per un problema di “sessismo” che esiste anche nel mondo dell’arte.

Quella dell’universo street femminile è una community che risponde con una riflessione di respiro differente, un impegno che fa emergere il nesso tra sessismo, violenza, disparità e precarietà lavorativa. In Italia, la mancanza di welfare e di una vera cultura paritaria, come avviene in altri paesi, è uno dei nodi centrali di una questione ancora aperta. La soluzione non è quindi valutare le opere come “diverse” da quelle dei loro colleghi maschi, ma valutare le pratiche e le forme di relazione.

Il problema del sessismo nel mondo del lavoro e della cultura (a partire dalla matrice Hip-Hop per quanto riguarda la scena urbana) non è certo un argomento nuovo e che la questione sessista sia presente anche nel mondo dell’arte contemporanea, e quindi anche nella street art, è evidente: pensare il contrario purtroppo significherebbe vivere su un’isola felice, dato che si parla di una questione culturale e sociale ancora aperta.

Anche la street art è evidentemente un campo in cui si misurano e si riflettono i rapporti sociali di genere, per un invito più ampio a riflettere su quale sia la reale inclusione delle artiste nel sistema dell’arte, e in particolare se la visibilità oggi dedicata al loro lavoro, in tutte le strade d’Europa e del mondo, sia un elemento di effettivo cambiamento, sufficiente a rendere la disparità di genere un ricordo del secolo scorso.

 

 

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