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Alessandra Redaelli

Lui è il più folle e visionario dei Preraffaelliti: personalità instabile con tendenze maniacali e occhi spiritati sotto una precoce stempiatura. Lei è l’eroina triste: esile, malinconica, sfortunata e presto dipendente dall’oppio. L’altra è la forza della natura: curvilinea, burrosa, labbra da mordere e una massa di capelli in cui viene voglia di affondare le mani. I loro destini si incrociano nella Londra vittoriana, divisa tra perbenismo di facciata e venti torbidi, che soffiano soprattutto nell’ambiente degli artisti.

I Preraffaelliti – William Hunt, John Everett Millais, William Morris, Walter Deverell e il nostro isterico e stempiato protagonista, e cioè Dante Gabriel Rossetti – predicano un ritorno alla pittura e alla sensibilità quattrocentesche (prima che Raffaello rovinasse tutto, per farla breve) e in un certo senso ricalcano anche la loro vita su quelle dei cavalieri del Dolce Stil Novo e degli eroi del loro amato Shakespeare. Una vita tutta slanci, emozioni, amori disperati e poesie strappalacrime.

Soprattutto Rossetti, che – forse per dare un senso al pesante nome di battesimo che gli è toccato in sorte – decide di essere la reincarnazione del sommo poeta italiano, l’Alighieri, e comincia ad andare alla ricerca della sua Beatrice. La incontra nel 1851 mentre posano insieme per il collega Deverell. Il soggetto è una scena da La dodicesima notte di Shakespeare. Dante siede su una panca con aria ispirata e accanto a lui c’è Elizabeth Siddal, la nostra eroina triste. Il viso sottile e drammatico, il perenne pallore, i capelli rossi e la decisa reticenza al sorriso conquistano tutti i pittori della confraternita – che fanno di Liz la loro musa – e il malinconico Dante, convinto di aver trovato la propria anima gemella.

Modista, figlia di un venditore di coltelli, la ventunenne Liz dipinge e scrive poesie, e dunque non ci mette né uno né due a farsi conquistare dal pittore (e poeta) che la fissa con i suoi occhioni da batrace e la dipinge con forsennata costanza. Solo che per Dante l’amore non è bello se non è tormentato, e dunque lui la tradisce a destra e a manca, mentre lei si strugge, lasciandosi consolare dai complimenti del critico John Ruskin (solo dai complimenti, però: Ruskin è impotente e lo dichiarerà il processo intentato dalla moglie Effie Gray, vergine dopo sei anni di matrimonio; ma questa è un’altra storia). Intanto Liz posa anche per John Everett Millais (quello che consolerà davvero Effie Gray, sposandola dopo Ruskin). Al momento Millais sta dipingendo il suo capolavoro, Ofelia, e perché i suoi capelli fluttuino come si deve sull’acqua, la povera Liz è costretta a posare in una vasca da bagno scaldata da alcune candele. Quando una sera quelle si spengono, lei non osa disturbare l’artista e dunque si becca una polmonite di quelle che non perdonano. Un malanno che l’accompagnerà fino alla morte e che la renderà dipendente dal laudano.

 

L’Ofelia di Millais; la modella era Liz Siddal.

 

Insomma, tra i complimenti di Ruskin che la definisce una delle figure più interessanti del movimento (nel 1857 lei espone insieme ai colleghi), e il fatto che tossisce di continuo ed è piuttosto lagnosa, Liz diventa per Dante una presenza molesta. Per fortuna nella sua vita entra l’altra. L’altra, rispetto alla pallida Liz, è un tripudio di colori e di sensualità. Una festa. Un corpo che risveglierebbe un morto con una gracchiante voce da fumatrice incallita, ma la cosa non disturba nessuno. A tempo perso fa la prostituta, Fanny Cornforth (vero nome Sara Cox, più adatto al mestiere, tra l’altro), ma appena la vedono i pittori londinesi fanno a gara per ritrarla. Lo fa Edward Burne-Jones, lo fa George Price-Boyce, che se ne innamora, e lo fa naturalmente il nostro Dante, che nel 1859 la ritrae nel sensualissimo Bocca baciata. Proprio quell’anno Liz perde il padre, a cui è molto legata. E quando a breve va in overdose da oppiacei e rischia la vita, non si sa bene se l’abbia fatto per l’ingombrante presenza di Fanny o se per quel lutto.

Rossetti a questo punto è travolto dal senso di colpa. Così non solo la sposa – dopo un sacco di false promesse e ripensamenti – ma la mette anche incinta. Solo che la donna non regge la gravidanza e la bambina nasce morta. Per Liz è il colpo di grazia: ci va giù pesante col laudano e mette fine alle proprie sofferenze. Per Fanny è il colpo di fortuna: strada libera e Dante tutto per lei. Mentre ancora lui sta ultimando l’inumazione della cara estinta (che seppellisce con il manoscritto dell’ultima raccolta di poesie a lei dedicate), Fanny si stabilisce a casa Rossetti, prima come governante e poi come amante ufficiale.

In quel periodo lui la dipinge in alcune delle sue opere più sensuali, quelle che contribuiranno a costruire l’immagine della donna preraffaellita come la precorritrice della torbida femme fatale: nel 1863 sarà la polposa Aurelia che si intreccia i capelli, l’anno dopo la splendente Venus Verticordia che mostra il capezzolo e nel 1866 la micidiale Lady Lilith. Solo che il benessere dà un po’ alla testa a Fanny, la quale comincia a mangiare come un lupo, diventando presto enorme (lui, nell’intimità, la chiamerà Elefante e lei risponderà con un tenero Rinoceronte).

 

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Dante Gabriel Rossetti, Lady-Lilith: la modella è Fanny Cornforth.

 

Un quadretto idilliaco. Peccato che la famiglia di Dante non sia per niente contenta. E non appena lui ha la bella idea di farsi venire un colpo apoplettico, comincia a fare la guerra alla ragazza. Quando la storia tra lei e Rossetti finirà, Fanny – ancorché non in formissima e ultraquarantenne – riuscirà a impalmare tale John Schott, ma una volta rimasta vedova si troverà un’altra famiglia contro. Così incattivita, questa, da farla rinchiudere in un ospedale psichiatrico, dove resterà fino alla morte, nel 1909 a settantaquattro anni.

Dante Gabriel Rossetti a quel punto sarà morto da un po’. La sua vita finisce infatti a cinquantaquattro anni, nel 1882. E lui è completamente folle. Si vocifera che all’origine della sua follia ci sia la malsana idea di andare a disseppellire la povera Liz sette anni dopo la sua morte. Per un motivo piuttosto gretto, per giunta: Dante non ha più un soldo e gli serve quel manoscritto mai pubblicato. Non sia mai che se ne possa ricavare qualcosa.

 

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Ritratto di Dante Gabriel Rossetti all’età di 22 anni realizzato da William Holman Hunt.

 

Così, col favore delle tenebre, lui e il suo editore vanno al cimitero, tolgono la lapide e aprono la cassa. Lo spettacolo che si trovano davanti, effettivamente, è da perdere il senno: Liz è intatta, con la pelle splendida che sembra brillare sotto la luce della luna, mentre i suoi capelli, che non hanno mai smesso di crescere, hanno invaso tutta la bara.

 

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