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Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci (GEL)

In mostra a Parigi abiti e opere da collezione

“La mia arma è il mio modo di guardare alla mia epoca e all’arte del mio tempo. Per sopravvivere, ogni uomo deve avere, come dice Nietzsche, dei ‘fantasmi estetici’. La vita è possibile solo grazie a loro. Credo di averli trovati in Mondrian, Picasso e Matisse, ma anche, soprattutto, in Proust. Sono del tutto eclettico.

Credo che il lavoro di uno stilista sia molto vicino a quello di un artista, infatti ho costantemente tratto una qualità d’ispirazione dal lavoro dei pittori contemporanei. Poliakoff e Mondrian mi hanno ringiovanito e rinfrescato in modo straordinario: mi hanno insegnato purezza ed equilibrio.

Sono sempre stato influenzato dalla pittura: devo la mia collezione del luglio ‘68 a pittori americani come Wesselmann e Roy Lichtenstein. Tutti i miei vestiti erano illuminati da paesaggi, lune e sole”.

Queste sono soltanto alcune delle asserzioni che l’allora enfant terrible della moda, quello che poté davvero far tremare la terra sotto i piedi alle convinzioni e convenzioni piccolo-borghesi del tempo (colui che posò completamente nudo nella campagna scattata da Jeanloup Sief del 1971), faceva circa alcuni dei macrotemi per lui imprescindibili e inscindibili dal loro eterno intreccio: arte e moda.

 

Yves Saint Laurent
Una sala della mostra Yves Saint Laurent aux Musées al Centre Pompidou, con abiti optical ispirati ai quadri di Victor Vasarely con un’opera dell’artista. Foto Hélène Mauri, Courtesy ©Yves Saint Laurent @Nicolas Mathéus.

 

Oggi quei temi si affiancano, esaltandosi vicendevolmente in una grande mostra diffusa, concepita come un vero e proprio effetto domino celebrativo dei sessant’anni dalla prima sfilata del marchio dal logo che vanta le tre magiche lettere intersecate, idea dell’uomo che con Yves Saint Laurent intrecciò ben più di una fulgida e proficua collaborazione: Pierre Bergé.

La mostra è infatti realizzata con il supporto della Fondation Pierre Bergé e dislocata nelle sedi dei sei più importanti musei parigini: il Centre Pompidou, il Musée d’Art Moderne de Paris, il Musée du Louvre, il Musée d’Orsay, il Musée National Picasso e il Musée Yves Saint Laurent Paris.

“Yves Saint Laurent aux Musées”, aperta sino al 15 maggio prossimo, racconta in parallelo non solo una cospicua porzione di storia della moda e di storia dell’arte, ma anche, con citazioni quasi didascaliche, come queste due rette tematiche abbiano non incredibilmente intersecato il loro cammino: è presente in mostra sia il tubino che nel 1965 fu un lapalissiano omaggio a Piet Mondrian sia il dipinto che ha ispirato lo stesso, Composition en rouge, bleu et blanc II; così come un abito da sera del 1979 che celebra l’opera tutta di Pablo Picasso.

Altre raccolte, come gioielli e fotografie collezionati nel corso della vita del grande couturier, fanno compagnia alle opere d’arte che rappresentano una cospicua parte della collezione che Yves Saint Laurent acquistò e amò assieme al compagno Pierre Bergé.

Della sopracitata collezione d’arte, 691 lotti per un risultato record di 373.942.375 euro contro una stima iniziale di 193-274 milioni, furono battuti nel 2009, a seguito della morte dello stilista avvenuta l’anno precedente.

Il laconico racconto dell’episodio è sapientemente affrontato nel prologo del film del 2014 Yves Saint Laurent, per la regia di Jalil Lespert, con Pierre Niney e Guillame Gallienne ad interpretare magistralmente rispettivamente Yves e Pierre.

Il biopic fedelmente narra la fragilità dell’Yves uomo prima ancora che dell’Yves stilista, la sua vena non troppo vagamente autodistruttiva (tra uso di droghe e pratiche di sesso promiscuo), nonché la contrapposta ancora di salvezza idealmente riposta nella persona di Pierre, ed il conseguente e inevitabile struggimento amoroso derivante da quell’eterna dicotomia tra sregolatezza e stabilità.

 

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Un capo di YSL ispirato a Georges Braque, A/W 1988, con a fianco un quadro di Picasso intitolato Le violon, 1914, olio su tela, cm 81×75, nella mostra Yves Saint Laurent aux Musées, Centre Pompidou. Foto Hélène Mauri. Courtesy ©Yves Saint Laurent @Nicolas Mathéus.

 

Al netto della narrazione cinematografica, tornando a raccontare il piano del reale, si può dire che la maison omonima del blasonato genio abbia subito nel corso degli anni un’interessante evoluzione-rivoluzione, culminata nelle redini della direzione creativa in mano a Hedi Slimane (oggi direttore creativo di Celine), allora pupillo di Pierre Bergé.

Slimane elide quell’“Yves” iniziale, rinominando il marchio solo come “Saint Laurent”, conferendogli un’allure maggiormente scarnificata e minimalista, decisamente punk-chic, che ancora oggi conserva. Lo scettro di indiscussa musa passò dalle mani della mitica Catherine Deneuve a quelle, decisamente più grunge, di Courtney Love.

 

 

 

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