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Marzia Spatafora

Anna Maria Montaldo è Direttrice del Polo Museale d’Arte Moderna e Contemporanea di Milano. Sotto la sua direzione si riuniscono ben tre musei: il Museo del Novecento, la GAM (Galleria d’Arte Moderna) e il Mudec (Museo delle Culture). Manager culturale di alto livello, ma anche intellettuale e curatrice: l’ultima bellissima mostra, curata assieme a Maria Grazia Messina, è quella di Carla Accardi in corso proprio al Museo del Novecento. Montaldo è una donna autorevole, impegnata, colta, che ci stupisce per creatività e modus operandi moderno, libero e fuori dagli schemi. Una donna che sa osare. Ma è anche simpatica, disponibile e gentile. Tanto che quella che avrebbe dovuta essere una “semplice” intervista si è tramutata in una piacevolissima conversazione.

 

Anna Maria Montaldo
Anna Maria Montaldo al Museo del Novecento.

Dottoressa Montaldo, lei è stata scelta per dirigere l’Area Polo Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Milano per le sue competenze scientifiche e lo spirito imprenditoriale. Qual è stato il suo percorso formativo?
Sono laureata in lettere, ma quello che mi ha dato uno sguardo nuovo sul mondo dei musei è stato il master alla Bocconi sulla gestione dei musei e dei beni culturali che, a differenza degli studi accademici che si facevano un tempo, mi ha dato una visione innovativa, intendendo il Museo come un centro culturale che interagisce con la comunità e col sociale a livello scientifico e formativo. Dobbiamo pensare che in Italia, fino al secondo dopoguerra, il museo aveva ancora una struttura ottocentesca che era sostanzialmente conservativa e di studio per pochi addetti ai lavori, invece negli ultimi decenni il museo ha cambiato, anche in Italia, il suo ruolo mettendo al centro il pubblico e la comunità. Ma il mio percorso è ancora più articolato, spazia dalle tante dirigenze museali all’insegnamento all’università di Cagliari e di Ferrara.

Da Direttrice dei Musei Civici di Cagliari è approdata a Milano. Ha avuto difficoltà nell’affrontare questa nuova realtà?
Assolutamente no. Ho lavorato sempre in musei pubblici e civici in particolare, sono una museale per formazione e per convinzione. E anche se Cagliari e Milano hanno dimensioni diverse, le dinamiche e le normative da seguire sono sempre le stesse. Come dicevo, ho sempre diretto musei di enti pubblici, quindi con una stessa impostazione anche da un punto di vista amministrativo e gestionale.

Sotto la sua direzione ci sono ben tre musei milanesi importanti: il Novecento, la GAM e il Mudec. Come riesce a fare in contemporanea scelte artistiche per esigenze così diverse?
Sono abituata a dirigere Musei differenti, a Cagliari dirigevo un Museo Orientale, uno d’Arte Contemporanea e uno del 900. Il modo di dirigere il museo non cambia, anche se sono diverse le competenze specifiche: l’importante è sempre l’impostazione di base e la gestione, benché si usi un approccio diverso.

Oggi più che mai si sente dire spesso che la Bellezza salverà il mondo. Lei è d’accordo con questa affermazione?
(Sorride divertita). Mi sembra a volte una frase un po’ abusata, è diventata uno slogan che si usa in maniera superficiale. Sono d’accordo invece a restituire alla Bellezza il senso profondo: la bellezza è bontà, è tolleranza, è comprensione.

 

Museo del Novecento, Sala Fontana. Photo Thomas Pagani Museo del Novecento, Milano. © Comune di Milano, tutti i diritti riservati.

 

Oggi i nostri giovani tendono a studiare all’estero, è una risorsa? Forse l’Italia non offre un futuro sicuro?
Andare all’estero può essere una ricchezza culturale e formativa, anche i miei figli lo hanno fatto. Ma l’ideale sarebbe che i giovani ritornassero per restituire l’esperienza e la competenza acquisite, sicuramente utili e innovativi per il nostro Paese che dovrebbe essere in grado di dare loro le giuste opportunità.

Pensa che questo particolare momento storico avrà delle ripercussioni negative sul mondo dell’arte? I musei dovranno rinnovarsi per adattarsi a nuovi scenari?
È un tempo in cui se il pubblico non va al museo, il museo va al pubblico e tutti i musei hanno cercato di farlo in questa pandemia con esiti più o meno soddisfacenti. Il tempo del Coronavirus si sta rivelando un formidabile incubatore per l’evoluzione della presenza digitale della cultura – in generale – non solo dell’arte. Resta da capire quanto il moltiplicarsi delle iniziative, talvolta guidate dall’ansia di riempire il vuoto della presenza, abbia una risposta in termini di fruizione. Eppure la sensazione netta è che questo fenomeno abbia nel tempo un valore strutturale. Se è vero, infatti, che è cambiato il paradigma, quando saremo usciti dalla pandemia e tutto ripartirà, la difficile e complessa ricostruzione non potrà che comportare una revisione strutturale dei modelli di gestione, produzione e fruizione. In ogni caso ci dobbiamo aspettare una sempre maggiore integrazione tra quello che abbiamo chiamato finora virtuale e realtà. La sfida è capire come i comportamenti evolveranno al di là del momento contingente, per cogliere le opportunità e cominciare a ridisegnare le geografie del futuro, e anche i musei dovranno saperlo fare. I musei dovranno concentrarsi su una fruizione su misura, partecipata, che incida sul miglioramento
della vita delle persone, offrendo un supporto per generare esperienze di valore.

Di solito il lavoro tra donne incontra difficoltà. Lei è circondata fondamentalmente da presenze femminili. È una scelta ragionata o di genere?
Lavoro molto bene con le altre donne e, in genere, mi piace il lavoro di squadra. Quando sono arrivata a Milano ho trovato uno staff quasi tutto al femminile e ne sono stata contenta. Cerco sempre di stimolare il mio gruppo a migliorarsi e a responsabilizzarsi, ad andare avanti e, quando è necessario, a buttare il cuore oltre l’ostacolo,
per quanto possibile.

 

montaldo
Veduta dal basso della Rampa del Cactus, la scala a forma di ellisse che conduce ai piani superiori del Museo. Foto Congiu. © Comune di Milano, tutti i diritti riservati.

 

Le sue scelte artistiche sono sempre colte e raffinate, mai finalizzate al conseguimento di un successo facile. Ricordo bellissime mostre: “Luce Movimento” di Marinella Pirelli, mostra dedicata al cinema sperimentale e agli spazi luce dell’artista. O “Lucio Fontana. Omaggio a Leonardo” accostamento audace e lettura inedita delle opere di Leonardo. Adesso Loris Cecchini e la Accardi. Cosa la porta a queste scelte?
Le mostre sono sempre il frutto di un’accurata ricerca. In questo momento al Museo del Novecento, fino al prossimo giugno, sono in esposizione le bellissime opere di Carla Accardi e una interessante mostra dell’artista Franco Guerzoni. Nelle mie innumerevoli mostre ho spesso privilegiato le donne perché ritengo che il mondo dell’arte, i musei, le gallerie, i mercanti non abbiano esplorato in questa direzione sufficientemente per ovvi motivi storici, economici e sociali. Le donne non hanno avuto l’attenzione che meritano. Io non ho la pretesa di riscrivere la storia dell’arte, ma posso restituire, con la ricerca e la conoscenza, la visibilità alle molte artiste a cui è stata negata. Penso che questo riconoscimento artistico al femminile, ma in generale a tutti gli artisti di valore, sia un dovere del Museo. Ci sono artiste straordinarie non valorizzate e spesso dimenticate. Faccio delle scelte poco comuni, mi piace cercare i talenti poco noti al grande pubblico, com’è stato nel caso di Adriana Bisi Fabbri, pittrice e caricaturista di grande valore qualitativo, ma sconosciuta al grande pubblico: è stato infatti veramente interessante scoprire tutta una serie di documenti, lettere e disegni attraverso i quali abbiamo potuto ricostruire il ritratto di un’artista fuori dal comune.

Qual è la mostra che ricorda con più piacere?
Ce ne sono tante che ricordo con piacere e, tra queste, quella che mi è rimasta nel cuore è senz’altro la mostra dedicata a Maria Lai “Ricucire il mondo”, realizzata nel 2013. La mostra si è svolta a Cagliari, Nuoro e Ulassai poco dopo la sua scomparsa e ha ricomposto per la prima volta la grandezza della sua ricerca artistica. Ma anche la mostra in corso di Carla Accardi e quella di Margherita Sarfatti mi sono particolarmente care. Abbiamo colto aspetti inediti soprattutto della Sarfatti che è stata una personalità controversa ma sorprendentemente interessante.

 

 

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