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Marzia Spatafora

Intervista alla Presidente Giovanna Forlanelli Rovati

 

Giovanna Forlanelli Rovati, donna dalle grandi passioni, medico chirurgo, già direttore Generale della Rottapharm Biotech S.r.l. e Presidente della Fondazione Luigi Rovati inaugurata nel settembre scorso a Milano.

 

 

Fondazione Luigi Rovati
Giovanna Forlanelli nella Sala Ontani,Ph. Giovanni de Sandre per Fondazione Luigi Rovati

 

Dottoressa, ci racconta come è iniziato il progetto “Fondazione Luigi Rovati” e ci spiega come fa a coniugare realtà così fortemente identitarie e di natura completamente diversa?

Dopo il liceo ho scelto la laurea in medicina perché volevo “curare “le persone, ma dopo una breve esperienza in reparto, ho poi preferito entrare nell’azienda di ricerca farmaceutica guidata da mio suocero, professor Luigi Rovati, a cui è intitolata la Fondazione. Luigi Rovati, giovane medico ricercatore, fonda nel 1960 una piccola Biotech trasformandola in un gruppo farmaceutico multinazionale, grazie ai farmaci scoperti da lui stesso. In azienda inizialmente ero responsabile della promozione e commercializzazione dei nostri prodotti nei paesi del Centro America e Far East.

Viaggiare in Guatemala, Costa Rica, Venezuela, Taiwan, Hong Kong mi ha permesso di conoscere persone e culture diverse, e di visitare nel tempo libero monumenti, musei, gallerie. La mia curiosità e la mia sensibilità verso l’arte e le diverse culture si sono arricchite enormemente. Dopo la nascita di mia figlia, ho creato il nuovo reparto di comunicazione e sviluppato il progetto di “responsabilità sociale” legato alla cultura e all’arte.

Il mio interesse per l’arte contemporanea e il desiderio di diventare io stessa un’imprenditrice mi hanno portata a fondare nel 2005 la casa editrice Johan & Levi: in questo modo sono riuscita ad unire due grandi passioni: l’amore per i libri e l’arte.

Nel 2016, la decisione di costruire un progetto culturale, creando quella che definiamo una infrastruttura culturale: la Fondazione Luigi Rovati dove si pensa e si progetta e al suo interno il Museo d’arte che sperimenta nuovi modi di dialogo tra le opere e con il pubblico. Un luogo dove benessere e cultura si fondono creando un valore di utilità sociale: il nostro valore fondale.

 

Cupole, Ph. Giovanni de Sandre per Fondazione Luigi Rovati

 

Anche il museo è caratterizzato da temi differenti: la collezione etrusca e quella d’arte contemporanea. Come mai questa scelta? Riesce a far dialogare questi momenti storici tanto lontani?

La nostra attitudine alla ricerca scientifica ci porta ad avere una visione ampia e aperta: siamo per natura innovatori. Il passato aiuta a interpretare e a costruire la contemporaneità: nell’opera di Giulio Paolini, realizzata nella sala a lui dedicata al Piano nobile, due figure in gesso guardano una serie di ritratti antichi collocati non nella loro epoca, ma nel paesaggio contemporaneo, quindi il passato che continua nel presente.

La storia è un percorso che unisce il prima e il dopo: non ci sono due realtà, ma è un filo continuo che converge in un’unica dimensione. La donna raffigurata nel mosaico di Pompei è all’interno dell’immagine della Pompei odierna, ciò vuol dire che la nostra conoscenza è basata sulla conoscenza passata. C’è sempre un collegamento tra le due realtà anche se a prima vista sembrano differenti o addirittura opposte.

Nel museo d’arte gli oggetti di epoche diverse dialogano tra loro attraverso un rapporto semplice, visivo, di immediata lettura. La collezione etrusca è accolta in uno spazio architettonico in pietra, atemporale, i reperti esposti sono privi di contesto, sono oggetti che si leggono per la loro estetica, ma anche la loro funzionalità.

Il grande piatto in ceramica di Lucio Fontana raffigurante una Battaglia è accostato ad un piccolo morso Etrusco in bronzo a forma di cavallo, due soggetti simili, ma con aspetti funzionali ed estetici totalmente diversi.

La scultura barocca di Fontana è un elemento decorativo per case borghesi e il piccolo oggetto in bronzo etrusco, nella sua essenzialità primitiva ma anche così contemporaneo, è simbolo di una sepoltura aristocratica. Tutto è correlato ed è intercambiabile, due oggetti sono lontani nel tempo, ma sono sempre conseguenziali a un vissuto precedente.

Nel museo l’architettura, gli ambienti, sono anch’essi parte del percorso espositivo: nel piano ipogeo, dove l’arte etrusca è prevalente, l’atmosfera è ovattata, lo spazio curvo è avvolgente e dall’illuminazione soffusa emergono i reperti, protagonisti all’interno di vetrine trasparenti e lineari.

Al piano superiore, il piano Nobile, la luce entra dalle finestre senza schermi, le pareti e i soffitti riccamente decorati hanno colori vivaci e le opere trovano posto sulle pareti, nelle grandi librerie, sul tavolo dalle forme sinuose, come all’interno di una casa.

Quando diventa collezionista? e quando la sua raccolta di opere diventa un progetto di collezione?

Ho acquistato la prima opera della mia collezione alla fine degli anni ‘80 e continuo a collezionare, ma non ho mai pensato di realizzare un Museo per ospitare la mia collezione.

Al contrario, la collezione di arte etrusca di mio marito è stata donata alla Fondazione Luigi Rovati, la quale ha poi acquisito per il progetto museale altre collezioni private, divenute ora parte del patrimonio della Fondazione.

Le collezioni archeologiche sono poi state integrate con opere contemporanee, o commissionando lavori site specific o con l’acquisto di singole opere.

Pensa che sia importante mantenere sempre un fil rouge tra le due forme d’arte svolgendo mostre sul tema che unisce i due momenti culturali? Oppure pensate di spaziare in futuro su altre tematiche?

Nel museo la collezione permanente si modifica e si integra con le opere delle mostre temporanee. Vogliamo sperimentare format espositivi nuovi, nel futuro potremmo esporre anche dei dipinti antichi, ospitare intere collezioni da altri musei, così come opere singole, ma che abbiamo sempre una originalità.

Ad esempio, a dicembre, abbiamo ospitato un manufatto etrusco straordinario, il Lampadario di Cortona, uscito solo una volta (per volere del Duce) dall’Accademia di Cortona, che lo aveva acquistato con una raccolta fondi tra i soci nel 1842. La collaborazione con questa storica istituzione (una delle più antiche Accademie Italiane) ci ha consentito di esporre al pubblico a Milano un oggetto straordinario e allo stesso tempo abbiamo dato visibilità a un Museo che non può avere le stesse potenzialità di pubblico di una città internazionale come Milano.

Abbiamo qui applicato il metodo di lavoro della nostra Fondazione, utilizzando alcuni dei codici che ci guidano: inclusione, collaborazione, innovazione e utilità sociale.

 

Sala Ontani, Ph. Giovanni de Sandre per Fondazione Luigi Rovati

 

 

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