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Paolo Sciortino

 

“Franca Pisani è, in primo luogo – nel senso anzitutto del “primitivo” – rappresentazione fatta e compiuta del Genius Loci che abita la terra e il mare dalle sue stesse origini”.

 

Il Genius Loci non è una persona dello spirito umano che pervade la terra, è umano spirito che si incarna nel corpo della terra e di tutti i suoi elementi. Franca Pisani rappresenta una delle rare incarnazioni dello spirito nella sintesi dei regni che abitano la terra, tra l’animale, il vegetale e il minerale.

Evidentemente, tale rappresentazione non può manifestarsi se non sotto la forma dell’espressione artistica. Ma quando la mutazione perfetta accade, essa porta con sé indizi certi della sintesi che, di per sé, è già arte spontanea, radicale, movimento vitale terreno prestato all’eterno.

Basta guardare l’artista per riconoscere in lei il portamento di una esile e robusta radice antica, l’eleganza di un arbusto che contiene la natura del giunco e la forza dell’ulivo, e la bellezza esile e contorta dei glicini che adattano la propria forma alle aderenze del reale.

Tra i pionieri della poesia visiva, vanta un curriculum che l’ha vista protagonista in musei del calibro del Centre Pompidou e gli Uffizi. Ora ha in serbo nuove sperimentazioni e nuovi appuntamenti, mentre continua la sua ricerca sul segno come archetipo culturale

 

Franca Pisani è, in primo luogo – nel senso anzitutto del “primitivo” – rappresentazione fatta e compiuta del Genius Loci che abita la terra e il mare dalle sue stesse origini. Terra e mare sono quelli geograficamente determinati della Toscana costiera e insulare, tra Grosseto, Pietrasanta e l’Isola d’Elba si estende e circoscrive il raggio d’azione e di espressione dell’artista.

 

Franca Pisani
Franca Pisani indossa uno dei suoi cappelli-opere d’arte intitolato Creazione segnica, 2022.

 

 

Questi i confini territoriali elettivi, e due le coordinate essenziali della ricerca attiva: la natura e il segno. La prima, indagata con l’istinto della ragione, che nel Genius Loci si assommano e si bilanciano sempre. Il segno invece è reperito e riprodotto nella mescola di istinto e conoscenza, non casuali sono stati gli studi semiotici al Dams bolognese, per la guida dotta e somma del professor Eco Umberto.

Ma alla fonte delle attività pittoriche, plastiche e performative di Franca Pisani vi è da sempre lo scandaglio delle radici che affondano le sue appendici fisiche nella terra che l’ha generata, bagnata dal mare della Tuscia arcaica. Non sono infatti nuovi, gli artisti italiani, come è ben noto, alla seduzione del fascino primitivo, a partire da Modigliani, non per azzardo un nipotino degli etruschi pur’egli, o di Giuseppe Capogrossi, non toscano, romano, ma pur sempre debitore genetico degli antichi popoli centroitaliani.

 

 

Franca Pisani, La perfetta imperfezione, 2022, cm 100×20.

 

 

Ed è ravvisabile, istintivamente, appunto, non senza immediatezza logica, la relazione evidente tra le forme segniche antropomorfe del Modì e quelle di Franca Pisani, tra i moduli grafico-pittorici ripetuti come alfabeti ideogrammatici del Capogrossi e le corrispondenti decorazioni (sia detto senza ingiuria nel verbo), insistite in una grafia che pare scolpita a selce, delle tele e dei teloni pisaniani.

Ma la missione endemica del Genius Loci consiste nell’affermarsi come parte integra e omogenea del luogo e del tempo, in ogni tempo e in ogni luogo.

Da quelle plaghe maremmane, dunque, lungo una parabola che si inarca tra gli anni Settanta e l’Oggi, Franca Pisani ha narrato e racconta tuttavia la propria ispirazione, che nel caso coincide, come detto, in una missione: accordare la manifestazione segnica, in armonia con la storia naturale dell’Uomo e della Terra, con gli impulsi della vita sociale, del progresso che prende linfa e insegnamento dalla storia antica, delle battaglie per i diritti a una buona vita di donne e uomini sul pianeta.

Con ciò, come spesso capita, al Genius tocca di nascere e crescere nelle condizioni più favorevoli a onorare la missione, e Franca è nata in una famiglia di artisti che aveva dimora tra la Maremma e l’arcipelago toscano. Frequenta precocemente lo studio di Alessio Sozzi, da cui apprende le tecniche artistiche, fin da subito immergendosi nello studio dei manufatti etruschi, la magia delle argille e l’incanto dei pigmenti naturali. Poi incontra e si confronta con Vinicio Berti, Renato Ranaldi e Giovanni Ragusa, ed è scelta come assistente di studio dal maestro Bruno Gambone, e da Antonio Berti, allievo di Libero Andreotti.

 

 

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Franca Pisani, Movimento simbolico, 2020, seta di lione, ossidi e lacca, cm 120×100.

 

La via dell’artista è però ricca e varia, dopo le esperienze fiorentine, doverose e necessarie, passa a Bologna per incrementare la conoscenza del segno, sotto la specola della filosofia, e infine arriva il momento dell’incrocio fatale, quello con la poesia visiva di Ketty La Rocca, che segnerà l’avvio della prima traccia di ricerca concreta sopra uno stile che da allora diviene distintivo e preciso. E lancia Franca Pisani nell’orbita internazionale.

La vita segreta del Genius Loci, del resto, ben prima del conio linguistico di Piero Bassetti, Glocal, è locale e globale per definizione e per costituzione. E Franca Pisani ha il physique du rôle. Sulla scorta della frequentazione con Eugenio Miccini, fondatore del movimento per la poesia visiva, Franca Pisani esordisce con “Album Operozio”, rivista contenitore di talenti liberi e creativi che raduna in sei numeri (dal 1976 al 1978) esperienze di totale libertà espressiva, in contrasto dichiarato con la tradizione dell’arte.

L’operazione (operozione?) vale a Franca Pisani il riconoscimento posteriore, mai interrotto fino all’attualità, del Centre Pompidou di Parigi, poi acquisito dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid e dall’Università degli Studi di Roma La Sapienza, dalla Biblioteca Hertziana di Monaco di Baviera, dalla Yale University a New Haven nel Connecticut, dall’Università di Chicago, dal Museo de Arte Moderna di Città del Messico, dal Rheinstrasse Kunst di Mainz e dalla Galerie Eveche di Ginevra.

I decenni che seguono e precedono l’avvento del millennio sono stati attraversati da Franca nel segno del segno, certamente, ovvero di un solco creativo e fertile che la conduce, dopo “Operozio”, direttamente al progetto denominato “Manumissio – Dell’affrancare gli schiavi e le altre persone di condizione servile”, e qui la missione si fa manifesto chiaro e luminoso.

Chi per prima si affranca è proprio lei, Franca (nomen omen), che prende le distanze dall’arte concettuale “a temperatura fredda”, come è definita sarcasticamente, e si dirige membra e nervi a terra, sempre più a fondo nelle viscere di quella terra generatrice e custode dei segreti della creazione, verso la condensazione dell’opera in “manufatto”, verso l’identificazione serrata dell’artista come “individuo”.

E, quasi paradossalmente, nel giro parabolico della vita di un’artista locale e globale, Franca Pisani torna a casa, anzi si rifugia, si autoesilia quasi, disertando le scene pubbliche mondiali per riversarsi e racchiudersi in una intensissima elaborazione del discorso interiore sul segno e sulla forma.

 

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Franca Pisani, Archeosegno, 2017, marmo statuario, cm 145x40x89.

 

Sono gli anni, tra la fine degli Ottanta e la fine del millennio, in cui si ricordano l’installazione Le Donne, presso lo storico polo culturale Manila Club di Campi Bisenzio, nel 1984, la personale alla Galleria Bruschi di Arezzo, nel 1989, la personale “Dualità” presso il Cosmo Studio – Galleria Landi di Firenze nel 1999, che la rilancia sotto gli spot newyorchesi.

Il periodo maturo, per così dire, non perde mai il filo del ragionamento istintivo e allo stesso modo finemente illuminato dal pensiero attorno al segno e alla materia che lo manifesta: canvas, ossidi, tessuti. Il tutto assemblato e declinato in una infinita messe di repliche tutte distinte nella omologazione del contenuto e del messaggio.

Un segno che sia, come spiega lei medesima, “elemento di ribellione passiva nei confronti di un’arte appesantita dalle sovrastrutture storiche che si porta dietro. Ricerca di un segno che sia tracciato manuale e atto creativo puro, elementare: un segno che possieda la caratura materica, emotiva, significante del linguaggio scritto, di quello visivo e di ciò che questi rappresentano”.

Una compressione tematica e pratica, insomma, che raggiunge la compattezza di un nucleo fisico primario, dove pulsano di energia primordiale l’idea e il lavoro manuale. Gianluca Marziani, con efficace sintesi, ha chiamato l’arte di Franca Pisani “archeofuturo”.

E sulla linea coerente che percorre da oltre quarant’anni la sempreverde artista-albero, comparabile nell’aspetto a certe creature ibride della mitologia popolare, fatte di natura mista umana e vegetale, oggi Franca Pisani è pronta a debuttare a Capri, al museo Ignazio Cerio, proprio nella piazzetta celebre dell’isola simbolo dell’arcipelago partenopeo, con una mostra curata da Marina Guida, dal titolo: “Secret Garden”.

 

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Franca Pisani, Rare melodie, 2013, canvas, ossidi, cm 82×62.

 

Si tratta di una poderosa e ponderosa installazione che ripropone un sunto semeiotico e logico astrattivo della produzione recente, agganciata a una tradizione che è ormai assolutamente personale, proiettata in un avvenire che sarà certamente somigliante al passato e al presente, ma sorprendentemente allineato alla rappresentazione degli eventi futuri.

Una grande onda in tessuti e supporti lignei accoglierà il visitatore, che sarà scortato attraverso una teoria di sculture-albero dai sapori arcaici e terminerà nella visione di un grande mosaico a frammenti ossidi, sorta di monumentale diorama, pare di capire, che si configura come opera delle opere, ma solo per ora, dal primo al 30 settembre 2022. Poi avremo nuovi oracoli, dal Genius Loci dell’Etruria che vive nella linfa perpetua di un piccolo e tenace arbusto secolare.

 

 

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