A poche settimane dall’inaugurazione della discussa mostra sul Futurismo alla Gnam di Roma, abbiamo raccolto la testimonianza e la memoria di Filippo Tommaso Marinetti nell’esperienza di tradizione e di ricerca sul movimento artistico e poetico che diede inizio al ‘900, mantenuta e proseguita da Leonardo Clerici, figlio di Ala Marinetti, nipote ed erede naturale e spirituale del fondatore del Futurismo.
Tra le valli antiche della Lucchesia si è ritirato il conte Leonardo Clerici, erede in linea materna di Filippo Tommaso Marinetti, a sua volta poeta filosofo, o per meglio dire teosofo poeta, in una mistica magione che fu accademia medievale, residenza di Torquato Tasso, e prima ancora Domus romana. Un luogo che raduna tutti gli emblemi, la reminiscenza arcaica e primaria della vita italiana, e che oggi raccoglie l’archivio esistenziale, prima ancora che letterario o artistico, del nonno fondatore del Futurismo (qui sotto linkato il video in cui il padrone di casa illustra Musa FTM, così ha chiamato la raccolta inestimabile che arreda i vasti ambienti della casa).
Villa Triklinea ha ribattezzato Clerici il suo Sancta sanctorum spirituale, dove tra i diversi strati storici si dispiegano e articolano le memorie di Marinetti e i risultati della vita di ricerca e meditazione dell’attuale inquilino.
A cominciare dal piano nobile, quello che fu durante il Rinascimento un loggiato animato da conversazioni letterarie all’ombra delle volte affrescate, dove oggi Clerici ha disposto pezzi emblematici e rari della storia del Futurismo: l’aeropittura spiegata da Marinetti in un manoscritto originale e un grande quadro che rappresenta la “moltiplicazione dei cieli”, un ritratto del primo futurista che richiama il “volo ariostesco”, e poi cimeli suggestivi quali un “Cosa fatta capo ha” ricamato dalle donne fiumane, donato da D’Annunzio a Marinetti, prime pagine originali di Lacerba e il Manifesto originale del Futurismo pubblicato da Le Figaro il 20 Febbraio 1909, e poi gli oggetti raccolti da Marinetti nel mondo islamico, retaggio di un fortissimo legame con quella religione, icone russe, lampade di moschea, la vacca sacra Kerub del viaggio mistico islamico e strumenti musicali che nascono dalle “geometrie del linguaggio”.
Non meno suggestivo è il Portico del Tasso, sottostante, con i prodigiosi affreschi dell’epoca (1594) raffiguranti la Gerusalemme liberata, la battaglia di Lepanto, descritti in una personale, originale rilettura delle relazioni effettive tra turchi e veneziani. E poi l’accesso al Salone Etruria, dove sono esposte icone e simboli napoleonici, nei riferimenti logici e coerenti con la tradizione spirituale e autoctona italiana che conducono al Futurismo, come i centauri, presenze allegoriche che appartengono all’immaginario del Bonaparte, ma poi anche di D’Annunzio, di Marinetti e di Pasolini. Il tutto omologato culturalmente a una sola linea di tradizione “oracolare” che nasce nella Roma antica.
Il percorso, dopo avere attraversato pareti che illustrano il lavoro allegorico artistico del Clerici, nella continuità con le letture e soprattutto le riletture dei classici che hanno anticipato le riflessioni futuriste – futuristi anch’essi dunque, in un certo senso – termina nelle biblioteche, ampi e ricchi archivi di volumi originali che datano parecchi secoli, ma sorprende la teca vetrata contenente i testi letti e consultati da Marinetti, che spaziano dal simbolismo al surrealismo, dispense obbligatorie nella sua lotta strenua al formalismo e al sillogismo accademico. La bibliografia parte dalla Germania di Tacito e arriva a Jarry, De Bergerac, Zola, Boccioni e l’immancabile Majakovskij.
Da ultimo una sosta nelle “biblioteche del linguaggio”, collezione personale e privata del Clerici, che ha impegnato la sua vita, con la fondazione “Skriptura”, a riscrivere la storia attraverso l’allegoria delle lingue, nella funzione “cromatica” della semantica linguistica, come spiega l’autore, nella ripresa attuale del dizionario storico e critico del Bayle, e nel suo completamento, aggiornato ai tempi nostri.
In questa sezione troviamo edizioni umanistiche del Petrarca, di Erasmo e di altri autori fondativi e capisaldi – o pietre miliari – della “lunga via alta del metodo” della conoscenza, chiosa l’erede del Futurismo.
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