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Alberto Fiz

Da Madame Bovary a Marilyn Monroe, ci sono figure femminili che sono entrate nel nostro immaginario. A questa ristretta categoria di elette appartiene Valentina, il personaggio inventato da Guido Crepax che fa la sua prima apparizione nel luglio 1965 quando si presenta, in sordina, sul quarto numero di “Linus” diretto da Giovanni Gandini. Lei era in seconda fila dietro al suo compagno, il critico d’arte Philip Rembrandt che per i suoi strani poteri è noto anche come Neutron.

Tutto sembrava proseguire secondo la logica maschilista del fumetto classico. Invece, poco dopo, i ruoli si sono invertiti e ad emergere è stata Valentina Rosselli, di professione fotografa, che non è mai più stata messa in discussione. Leader assoluta e, come si direbbe oggi, influencer con milioni di follower. A dire il vero, il suo creatore ha tentato di mandarla in pensione ma non c’è stato nulla da fare, tanto che Valentina compare persino nelle tavole frammentarie realizzate da Crepax poco prima della sua scomparsa.

 

Valentina
Guido Crepax, Vent’anni dopo, 1980. Courtesy Archivio Crepax.

 

Valentina è Crepax; Crepax è Valentina e tra di loro esiste una straordinaria complicità tanto che dalla loro indissolubile unione nasce quello che Oreste Del Buono ha definito “il fumetto autobiografico”.

Crepax affida al suo alter ego desideri ed ossessioni, tic e nevrosi, incrociando continuamente il suo personaggio con la vita.

Valentina è l’unica figura del mondo del fumetto a possedere una carta d’identità e condivide con la moglie Luisa Crepax il giorno della nascita, il 25 dicembre, ma non l’anno: 1937 per Luisa e 1942 per Valentina.

Al di là delle coincidenze volute, il personaggio di carta rappresenta, poi, il mondo culturale, politico e ideologico (come il suo autore, anche Valentina si proclama trotzkista), oltreché i desideri inconfessati del suo autore.

La realtà è il punto di partenza ma Guido e Valentina sono accomunati dal desiderio di andare oltre i limiti imposti dalla contingenza: “Mi piace inventare gli spettacoli che voglio… quelli che non riesco a vedere, cerco di sognarli”, afferma Valentina interpretando il pensiero di Crepax.

Partendo da questi presupposti, abbiamo voluto intitolare “I mille volti di Valentina” l’ampia rassegna proposta sino al 17 ottobre al Centro Saint-Bénin di Aosta in un progetto organizzato dalla Regione autonoma Valle d’Aosta che ho curato in collaborazione con l’Archivio Crepax.

 

Valentina
Guido Crepax, Il falso Kandnsky, 1991. Courtesy Archivio Crepax.

 

Ma di quale Valentina stiamo parlando rispetto ad un personaggio che si modifica storia dopo storia? Proprio questo è uno degli interrogativi che emergono da una mostra scandita da sette sezioni con oltre cento opere in un percorso che spazia dagli esordi di Crepax come illustratore e pubblicitario, per giungere al dialogo con moda e design.

Valentina, simbolo audace della rivoluzione sessuale, amante passionale di uomini e donne, nonché intellettuale sofisticata e attenta alla psicologia, nel corso del tempo, ha un figlio, è madre premurosa, teme l’invecchiamento, non nasconde le sue fragilità e, come tutte le signore di una certa età, è costretta ad inforcare gli occhiali per correggere la presbiopia.

Insieme a lei, cambiano anche Crepax e il suo segno: si passa, infatti, dalle figure piene degli anni Sessanta, a quelle eleganti e asciutte degli anni Settanta e Ottanta, sino alle rarefatte immagini squadrate e persino malinconiche dell’ultimo periodo quando la malattia dell’artista, affetto da una grave forma di sclerosi multipla, ne limita i movimenti (persino il suo nome fuoriesce in parte dal celebre tondino che costituisce la sigla inconfondibile di tutti i suoi lavori) e lo costringe ad un disegno più rigido realizzato con pochi tratti essenziali che, tuttavia, non perdono d’intensità.

A questo proposito, sono convinto che l’ultimo Crepax meriti di essere rivalutato in quanto giunge ad una sintesi visiva di assoluto interesse rendendo i personaggi più veri, più prossimi alla vita con le rughe che nessun lifting è più in grado di arrestare.

 

Guido Crepax, I mille volti di Valentina. Courtesy Archivio Crepax.

 

Musica, teatro, letteratura, arte, fotografia e naturalmente il cinema sono gli ambiti principali con cui si confronta Valentina, una figura ibrida, nata dalla fusione tra la moglie Luisa e Lulù, il personaggio interpretato dall’attrice americana Louise Brooks nel suo film più celebre Il Vaso di Pandora diretto nel 1929 da Georg Wilhelm Pabst. “Se non fosse stato un maestro del fumetto, Crepax avrebbe avuto una straordinaria carriera come regista”, ha affermato Mario Martone in una mia intervista pubblicata sul catalogo edito da Gli Ori che accompagna la mostra.

Appassionato di cinema russo e francese (Valentina nasce ai tempi della nouvelle vague), Crepax realizza un cinema disegnato dove ogni tavola appare come invenzione autonoma. Zoomate, carrellate, dissolvenze. Ma anche frammentazione dell’immagine e la sua ricomposizione. O, ancora, montaggi paralleli con sequenze temporali previste in luoghi diversi, immagini viste da tutte le angolature, ribaltamenti tra la figura intera e il particolare o inquadrature dal basso.

Le infinite sperimentazioni di Crepax che utilizza la tavola come fosse la tela bianca del pittore, non favorisce affatto la narrazione ma, al contrario, la frena costringendo il lettore a soffermarsi sulla pagina sino a sviluppare un proprio universo immaginario, esattamente come fa Valentina quando, in sogno, s’immedesima nei protagonisti delle sue storie.

“Con Crepax cambiava il senso del tempo nel fumetto, ovvero il rapporto tra spazio e tempo. La sua grande innovazione non era tanto dovuta alla maestria del disegno o all’invenzione romanzesca, quanto alla nuovissima sintassi dell’impaginazione”, ha scritto Umberto Eco.

Il fumetto, dunque, è per Crepax un mezzo per affrontare ogni ambito della creatività e, insieme alla letteratura, non può mancare l’arte che viene affrontata trasversalmente con una particolare attenzione nei confronti del surrealismo introiettato secondo un principio di spaesamento che compare in gran parte dei suoi racconti. Insieme a René Magritte, i riferimenti spaziano dal dadaismo alle performance di Yves Klein, da Pablo Picasso a Lucio Fontana.

Ma le sole due storie interamente dedicate all’arte, entrambe del 1991, hanno come protagonisti due classici, Wassily Kandinsky e Henry Moore. Ne La Sindrome di Moore Valentina s’immedesima con le sculture diventando parte integrante dell’universo plastico espresso dal maestro inglese in seguito all’apparizione di meteoriti che si frappongono tra sé e la macchina fotografica.

Dopo essere stata a fianco dell’Uomo Mascherato e di Corto Maltese, aver viaggiato nel tempo e nello spazio, Valentina è costretta a superare “l’inconscio condizionamento di una forma”, come le diagnostica lo stesso Moore trasformato in un improbabile ed esilarante psicologo.

I mille volti di Valentina sono naturalmente i mille volti di Guido Crepax che emergono da una mostra complessa dove, accanto alle tavole originali, vengono presentati inediti documenti d’archivio, copertine di dischi, oggetti di design, abiti, paraventi, studi per la pubblicità e i grandi giochi di battaglie. Non manca, infine, la ricostruzione del suo studio con il tavolo da lavoro e la tappezzeria tratta dai disegni che animano le sue storie.

Una rassegna, dunque, dove il fumetto diventa ambiente, spazio e riflessione su uno dei maggiori autori italiani.

 

 

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