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Nan Goldin, per la prima volta filmmaker, al Pirelli HangarBiccoca

Nan Goldin, This Will Not End Well, Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025© Nan Goldin - Courtesy l’artista, Gagosian e Pirelli HangarBicocca, Milano, foto Agostino Osio
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Fino al 15 febbraio 2026, lo spazio espositivo Pirelli HangarBicocca accoglie con orgoglio a Milano la mostra This Will Not End Well, che costituisce la prima retrospettiva consacrata all’opera di Nan Goldin nel ruolo di filmmaker.

L’esposizione rappresenta un evento di notevole rilevanza, riunendo il più ampio e articolato corpus di slideshow mai mostrato fino a oggi, offrendo così una panoramica esaustiva dell’evoluzione della ricerca visiva dell’artista nel campo cinematografico. La mostra include, inoltre, un’installazione sonora, realizzata appositamente per questa esposizione, che si integra armoniosamente con i materiali visivi presentati, creando un’esperienza multisensoriale immersiva. La retrospettiva si articola attraverso una serie di edifici, simili a padiglioni, che sono stati progettati dall’architetta Hala Wardé, la quale vanta un consolidato rapporto con Goldin. Ogni singola struttura è stata concepita come una risposta architettonica mirata a valorizzare le opere dell’artista, creando così un dialogo intimo e intenso tra spazio e contenuto. La disposizione complessiva, con questi diversi elementi che dialogano tra loro, dà vita a un vero e proprio villaggio. Nonostante il titolo della mostra – che si può tradurre come “Non andrà a finire bene” – possa apparire inizialmente come un’affermazione cupa e pessimistica, esso cela, in realtà, una sottile e benevola ironia. Questa scelta possiede una forza interpretativa capace di comunicare, in modo più profondo, la gioia di vivere, quella “joie de vivre” incrollabile e contagiosa che caratterizza l’opera di Goldin. È un titolo che, anziché indulgere nel pessimismo, si fa portavoce di una resilienza vitale, di un desiderio di vivere con intensità.

Tra le opere in mostra: The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022), considerato il capolavoro emblematico di Nan Goldin, un progetto fotografico che approfondisce con intensità e cruda sincerità le dinamiche della sfera privata, della vulnerabilità e della dimensione performativa dell’intimità umana nel corso di oltre quattro decenni di attività.

The Other Side (1992-2021), un omaggio alle amiche e agli amici trans, immortalando con uno stile intimo e privato momenti che spaziano dal 1972 al 2010; una testimonianza vivida delle sfide, della resistenza e dell’integrazione di una comunità spesso marginalizzata, cogliendo le sfumature più profonde dell’identità e dell’esperienza trans.

Sisters, Saints, Sibyls (2004-2022), lavoro che si fa carico di un gravoso peso narrativo: la testimonianza diretta di traumi familiari e di un lutto estremo, rappresentato attraverso immagini che scavano nell’essenza stessa della sofferenza, in un percorso che si confronta con i demoni interiori e la tematica del suicidio, evidenziando le ripercussioni profonde di tali eventi sulla psiche e sulla memoria.

Fire Leap (2010-2022), una vera e propria immersione nel mondo dell’infanzia, in cui Goldin intreccia ricordi e percezioni attraverso una narrazione visiva che sfuma tra sogno e realtà, catturando le sfumature e le fragilità di un’età che si configura come un tempo di iniziazioni e di scoperte.

Memory Lost (2019-2021), si presenta come un viaggio claustrofobico nell’esperienza dell’astinenza da sostanze stupefacenti, un percorso immersivo e disturbante che esplora le profondità dell’anima umana al limite della percezione.

Sirens (2019-2020), un’intensa esplorazione nell’estasi e nella devastazione connesse all’uso di droga, un racconto che trasporta lo spettatore in uno stato di euforia e di abisso, riflettendo sulla complessità dei desideri umani e delle esperienze di alterazione di coscienza.

Nan Goldin Sisters, Saints, Sibyls, 2004-2022, installation view, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2025 © Nan Goldin - Courtesy the artist, Kramlich Collection and Pirelli HangarBicocca, Milan, photo Agostino Osio
Nan Goldin. Sisters, Saints, Sibyls, 2004-2022, installation view, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2025 © Nan Goldin – Courtesy the artist, Kramlich Collection and Pirelli HangarBicocca, Milan, photo Agostino Osio

A Milano, l’installazione intitolata Sisters, Saints, Sibyls (2004-2022) viene presentata all’interno dello spazio archetipico del “Cubo”, un ambiente che si distingue per le sue proporzioni monumentali, caratterizzato da un’altezza che supera i 20 metri, reminiscenza architettonica della celebre Chapelle de la Salpêtrière di Parigi. Questa scelta spaziale non è casuale, poiché richiama l’impostazione storica e culturale di un luogo emblematico, in cui la presenza fisica e spirituale di opere di grande impatto estetico e simbolico si fonde con un’intensa risonanza storica.

La specifica ubicazione della mostra nel “Cubo” crea un contesto di sedimentazione temporale e spaziale, che amplifica le tensioni emotive e concettuali proprie dell’opera, la quale ha origini nel 2004, momento in cui fu esposta per la prima volta. Al centro di questa rappresentazione si ergono due figure di cera, realizzate con estrema precisione e dal forte valore simbolico: una giovane donna sdraiata su un piccolo letto, e un uomo elevato su un supporto che ne esalta la presenza e la staticità. Questi soggetti iconici sono visibili dall’alto, grazie a una piattaforma sopraelevata che consente allo spettatore di ambire a una visione panoramica e di coinvolgere empaticamente il pubblico. In occasione della mostra milanese curata da Roberta Tenconi in collaborazione con Lucia Aspesi, la rassegna si arricchisce di due proiezioni slideshow.

Il primo di questi lavori, You Never Did Anything Wrong (2024), si distingue come la prima creazione di Goldin di natura prettamente astratta, un raffinato esercizio di meditazione poetica che si ispira a un antico mito, secondo il quale un’eclisse sarebbe causata da animali mitici che si contendono e rubano il sole. In questa opera, l’astrazione si fa veicolo di un discorso universale sulla vita, la morte e i cicli naturali, configurandosi come un’insinuante riflessione sulla connessione intrinseca tra tutti gli esseri viventi e sui misteri insondabili dell’esistenza.

Il secondo slideshow, Stendhal Syndrome (2024), si sviluppa a partire da sei miti tratti dalle “Metamorfosi” di Ovidio, i quali vengono portati in vita attraverso un dialogo visivo che intreccia il passato mitologico con l’esperienza personale dell’artista. In questa installazione, le amiche e gli amici di Goldin assumono un ruolo centrale: attraverso ritratti che si configurano come vere e proprie incarnazioni di miti, si crea un ponte tra l’iconografia classica e l’intimità della vita quotidiana, tessendo un ecosistema di immagini che dialogano tra loro e con l’esperienza individuale di Goldin stessa. La composizione visiva diventa così un vortice di significati, un’intricata rete di riferimenti storici, mitologici e personali, in cui l’artista si confronta con i temi della memoria, dell’identità e del tempo, facendo confluire nella narrazione artistica una molteplicità di livelli interpretativi.

Non si tratta semplicemente di un’evocazione estetica, bensì di un’elaborazione complessa che coinvolge la sfera emotiva, intellettuale e culturale, attraverso elementi tratti da una pluralità di fonti: fotografia, pittura e scultura provenienti da musei di tutto il mondo vengono integrate in un dialogo visivo che accentua la permeabilità dei confini temporali e la natura fluida della percezione.

“Tutto passa, ma tutto rimane.” Questa affermazione di Pavel Aleksandrovič Florenskij racchiude in sé una riflessione profonda sulla natura dell’esistenza e sui modi in cui il temporale si intreccia con il perenne, suggerendo che niente, nella sua essenza più autentica, può essere veramente svanito o perduto. Il senso di questa proposizione si configura come una richiesta a riconoscere la persistenza invisibile di ciò che ha valore, una conservazione che trascende la logica del divenire e si radica nella memoria, nel segreto dell’anima o nel tessuto più profondo dell’universo. Se si considera questa filosofia alla luce del lavoro di Nan Goldin, la connessione diviene immediatamente evidente e potente. Goldin, attraverso la sua pratica artistica, si adopera per catturare e conservare frammenti di vita e di emozioni, testimonianze di esperienze intime che sembrano, nel momento stesso dell’istantanea, temporanee e irripetibili. La sua fotografia, spesso cruda e priva di artifici, si propone di fissare momenti di vulnerabilità, di gioia, di dolore e di identità, elementi che potrebbero sembrare destinati a sbiadire col passare del tempo. Eppure, nelle immagini dell’artista, si percepisce quell’idea florenskiana che “niente si perde completamente”: ogni scatto diventa una cellula di memoria che, una volta là fuori, si conserva in qualche modo, aggiornando la nostra percezione di noi stessi e del mondo.


Nan Goldin
This Will Not End Well
11 ottobre 2025 – 15 febbraio 2026
Organizzata dal Moderna Museet, Stoccolma, in collaborazione con Pirelli HangarBicocca, Milano, Stedelijk Museum Amsterdam, Neue Nationalgalerie, Berlino, e Grand Palais Rmn, Parigi.
La mostra in Pirelli HangarBicocca è curata da Roberta Tenconi con Lucia Aspesi
Pirelli HangarBicocca, Via Chiese 2 Milano

www.pirellihangarbicocca.org
@pirelli_hangarbicocca


Immagine di copertina: Nan Goldin, This Will Not End Well, Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025© Nan Goldin – Courtesy l’artista, Gagosian e Pirelli HangarBicocca, Milano, foto Agostino Osio


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