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Marzia Spatafora

Una vita piena e avventurosa, in un mondo caratterizzato da eccessi, eleganza, spregiudicatezza. Ma con uno stile inconfondibile e unico, che hanno reso Tamara De Lempicka mitica e pagatissima già in vita. Che nasconde un mistero, e ha fatto nascere qualche interrogativo…

Tamara De Lempicka è stata una grande esponente dell’Art Déco, ma ancor prima di questo è stata un noto personaggio del mondo dell’alta società europea e americana, simbolo della donna emancipata che adorava vivere sopra le righe dividendo i suoi innumerevoli amori tra uomini e donne indifferetemente.

Nata nella Varsavia zarista, presto si trasferisce a San Pietroburgo, città del padre, che muore quando lei è ancora molto giovane, cosa che la fa vivere con la ricca nonna in un mondo dorato in splendide case e viaggiando per l’Europa. In quel periodo conoscerà anche l’Italia e i suoi più grandi artisti classici, come Agnolo di Cosimo detto il Bronzino, che la ispirerà in seguito.

Nel 1916 sposa il barone Tadeusz Lempicki e si trasferisce a Parigi. Famosa per i suoi gioielli e la sua joie de vivre, ha vissuto la Parigi più effervescente e mondana frequentando i salotti più sofisticati, che le diedero modo di scambiare opinioni con artisti cubisti e futuristi, influenzando in maniera determinante il suo percorso artistico.

La prima mostra, dedicata a disegni di cappelli di alta moda, la vede apparire sulle copertine di note riviste come “Die Damen”, e segnerà la scalata al successo irrefrenabile che caratterizzerà tutta la sua vita.

Tamara De Lempicka, dopo l’esperienza con l’Alta moda, e dopo molti contatti con artisti dell’epoca, si sofferma sullo stile post-cubista di André Lhote, suo maestro, unendo note stilistiche Art Déco, che insieme daranno vita al suo inconfondibile segno iconico.

Intraprende, quindi, un personale percorso artistico dipingendo donne moderne ed emancipate che ben interpretano la bellezza contemporanea, spesso con lo sguardo sognante che tradisce il disagio psicologico di un matrimonio che comincia a pesare. Donne irrangiungibili, sensuali, spesso scandalosamente vibranti di desiderio saffico…

 

Tamara de Lempicka
Tamara de Lempicka, Suzy Solidor, 1935, olio su tela, Cagnes-sur-Mer, Château-Musée Grimaldi ©Tamara de Lempicka Estate, LLC – Adagp, Paris. 2022. Foto François Fernandez

 

Volti caratterizzati da profonde ombre, pochi colori, linee essenziali; un impianto stilistico che oscilla tra pittura e scultura. I nudi sono sensazionali, i corpi deformati nascono da archi e cerchi di chiara matrice cubista. Il dipinto della signora al volante della Bugatti verde è diventato il simbolo di un’epoca e della donna emancipata, emblema di un mondo spregiudicato e soprattutto di un’Europa gaudente che vive agli estremi, ignara del tracollo che stava per colpirla con l’avanzare della guerra.

I soggetti dell’artista sono i più svariati, infatti passa con disinvoltura da dipinti di donne conturbanti, a ritratti infantili come quelli dedicati alla figlia Kisette e addirittura a soggetti religiosi. Dopo il matrimonio con il barone Kuffner, nel 1933, Tamara de Lempicka ottiene la fama e la ricchezza a lungo bramata. Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, a Houston, in Texas, dove continua a dipingere. Muore a Cuernavaca in Messico, il 18 marzo 1980.

Questo il ritratto di un personaggio famoso e affascinante. Ma c’è un però: la giornalista del “Corriere della Sera” Lauretta Colonnelli approfondisce gli studi sulla De Lempicka e si pone una domanda inquietante: Tamara De Lempicka sapeva dipingere o qualcuno lo faceva per lei?

La Colonnelli definisce l’artista come un’avventuriera, bravissima nell’edificare il mito di se stessa, nel costruire l’immagine di una star che riusciva a vendere i suoi quadri al quadruplo degli altri artisti, e ci riusciva perché i giornali parlavano di lei non come artista, ma piuttosto come un personaggio mitico. Questi dubbi vengono alla giornalista, perché, mettendo a confronto le opere dell’artista, si scorgono evidenti differenze tra i vari periodi: quello parigino prima, e quello americano dopo.

 

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Tamara de Lempicka, Perspective ou Les Deux Amies, 1923, olio su tela, cm 130×160, collezione privata. ©Tamara de Lempicka Estate, LLC / Adagp, Paris. 2022 – Foto Association des Amis du Petit Palais, Genève / Studio Monique Bernaz, Genève2022. Foto François Fernandez.

 

Chissà… comunque il mio parere personale è pro Lempicka per due motivi: il primo è che tutti gli artisti riescono ad avere connotazioni diverse nelle varie fasi che intraprendono; mantengono però quel segno inconfondibile come nella personalità della grafia di ognuno di noi.

Secondo è che il fatto di sapersi “vendere” oggi è tipico di quelli che definiamo grandi artisti, perlomeno sono quegli artisti che riescono ad imporre la propria immagine a livello mondiale, dando valori e prezzi astronomici alle proprie opere. Oggi ce ne sono tanti.

Personaggi che magari non hanno un grande valore prettamente artistico, ma che riescono ad emergere prepotentemente sul mercato internazionale. Quindi penso che Tamara De Lempicka, anche in questo senso, sia stata una pioniera della nostra epoca. Ma questa è la mia opinione personale. Il mistero resta.

 

 

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