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AI WEIWEI- La solitudine dell’arte

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Sandro Orlandi Stagl: Secondo te esiste ancora un sogno cinese? Chi pensi dovrebbe governare uno stato?

Ai Weiwei: Sono convinto non sia mai esistito qualcosa come un sogno cinese. Storicamente la Cina non ha mai avuto un’unità singola, né un’autonomia coerente. Esistono più di 50 diversi gruppi etnici, compresi quelli del Tibet, dello Xinjiang e della Mongolia. Nel corso della storia, il mio paese non è mai stato considerato come uno stato totalmente unito, questo fino ad oggi. C’è Hong Kong che ha sempre avuto una certa indipendenza e autonomia, ma recentemente è stata bloccata dalla cosiddetta Hong Kong National Security Law. C’è anche Taiwan che era e rimane uno stato indipendente secondo qualsiasi definizione. Se la domanda riguarda i sogni della gente, esiste una moltitudine di sogni diversi. Ma la Cina non ha mai dato la possibilità a nessun individuo o gruppo di parlare dei propri sogni. Così, quando qualcuno descrive un’utopia cinese, racconta sempre delle aspirazioni degli imperatori e dei costanti cambiamenti di stati d’animo dei suoi sovrani. Ecco perché non ho il mio sogno cinese. Se lo avessi, penserei che la gente di quella terra merita di avere la libertà e di scegliere il proprio modo di governare, invece di essere costretta in un sistema in cui la persone non hanno mai avuto il diritto al voto.

Quale “principio” dovrebbe regolare le relazioni tra i vari Stati?

Secondo i principi concordati dall’ONU, ogni Stato dovrebbe essere indipendente e avere il diritto di decidere il proprio sistema di governo, rispettato da tutti. In tal caso gli affari interni non dovrebbero subire interferenze da parte di altre nazioni. Questo sulla carta, ma in realtà nessuno Stato può esistere in modo realmente indipendente. Le nazioni condividono e si scambiano i diversi valori ma tutti gli Stati, specialmente quelli potenti e con grande autonomia economica, promuovono il loro modo di vivere o la loro ideologia, mettendo il loro obiettivo di sviluppo al di sopra di quello degli altri.

Sotto, Ai Wewei, Odyssey Tile (realizzata con Viúva Lamego), una delle istallazioni della mostra “Rapture” a Lisbona. Courtesy Ai Weiwei studio.

Hai menzionato l’ONU. Cosa ne pensi? Ha ancora senso che esista così com’è o dovrebbe cambiare?

L’ONU è un vecchio prodotto del secondo dopoguerra, quando la gente credeva che ogni nazione dovesse seguire un insieme di regole comuni per promuovere la politica e lo sviluppo globale, anche se ognuna di loro aveva un livello di sviluppo molto differente. In realtà, non è possibile difendere i principi dell’ONU in modo efficace, perché quest’ultima è controllata proprio da quelle nazioni che pagano i suoi stessi stipendi. Si evidenziano squilibri di potere che finiscono per non rendere possibile le risoluzioni dei problemi. A volte, tendono persino ad aggravare i conflitti tra nazioni e singole regioni. Penso che l’ONU dovrebbe essere completamente riformata per riflettere realmente la situazione politica di oggi.

 

Sotto, Ai Weiwei, Odyssey Tile, (realizzata con Viúva Lamego), una delle installazioni della mostra “rapture” a Lisbona. Courtesy Ai Weiwei studio.

Secondo te la globalizzazione è un bene o un male?

Sono convinto che globalizzazione sia una descrizione perfettamente calzante del progresso intentato dall’uomo dal secolo scorso fino ad oggi. Il termine ha iniziato a essere ampiamente usato, dopo la Seconda guerra mondiale, per spiegare e affrontare ciò che stava accadendo. Questo concetto rispecchia fondamentalmente come l’Occidente abbia cercato di cogliere nuove opportunità per svilupparsi più velocemente e avere un impatto più ampio. Un atteggiamento che può essere letto come una sorta di nuovo colonialismo nel modo in cui le nazioni occidentali traggono enormi vantaggi dai paesi sottosviluppati, imponendo i loro stili di vita e ideologie. Quello che hanno fatto è stato soddisfare la loro avidità ed estendere il loro potere per controllare le risorse del mondo. Tutto ciò minaccia la nostra società nel suo insieme, perché in questo modo potremmo diventare un unico villaggio. Un villaggio in cui, pur cambiando i padroni, ci sarebbe sempre chi esercita il potere e chi lo subisce, addirittura chi viene reso schiavo. Osservando questo drammatico spostamento e stravolgimento della situazione nel mondo, tutti i principi, le regole, i valori e persino la filosofia hanno dovuto affrontare molte sfide. Purtroppo non abbiamo ancora sviluppato una visione chiara per affrontare questa rapida espansione del capitalismo a livello globale, una situazione che in futuro potrebbe essere la causa principale di ulteriori crisi umane.

 

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