Si pronuncia “Artefiera”, tutto attaccato, tutto d’un soffio, come la velocità con cui si è decisa l’organizzazione di questa manifestazione che è la prima in Italia, mentre a livello europeo c’è solo la Kunstmesse di Basilea, appuntamento fisso già dal 1970. La Biennale di Venezia e Documenta a Kassel sono altra cosa, il mercato c’entra, ma lì non si deve vedere.
Questa, invece, è proprio una mostra-mercato. Siamo nel 1974 e dal 5 al 16 giugno, dalle dieci del mattino a mezzanotte inoltrata, il mondo dell’arte in tutte le sue declinazioni è invitato a incontrarsi ad Artefiera. Partire dal capoluogo emiliano, nonostante per l’attenzione al contemporaneo appaiano ben più “lanciate” città come Torino o Milano, potrebbe sembrare un azzardo, ma le condizioni in fondo sono tutte favorevoli: i prefabbricati sono più che dignitosi, sembrano piccole gallerie in miniatura offerte quasi senza spese agli espositori invitati; Bologna è in una posizione strategica tra il nord e il sud, passaggio cruciale tra il continente industrializzato e l’emergente area mediterranea.
L’humus economico è fertile, perché gli imprenditori del settore meccanico lavorano intensamente trainando un indotto significativo di piccole aziende e benessere, e poi la gente beneficia ormai diffusamente dello sviluppo del dopoguerra, in tanti si sono costruiti la casa nuova da arredare, e nell’entusiasmo del “nuovo” si fa spazio la curiosità per l’estetica del proprio tempo. Il culto dell’innovazione e dell’invenzione, che da un decennio guida l’economia, riverbera nell’avvicinamento a una prospettiva più moderna anche nel design e nella moda, e allora perché non offrire proprio qui un’occasione per comprare a prezzi abbordabili anche arte visiva?
Le pioniere di Artefiera sono dieci gallerie di livello interessante, con uno sguardo ben bilanciato tra prudenza e sperimentalismo: Pasquale Ribuffo e Franco Bartoli della Galleria de’ Foscherari, che sono stati tra i primi, insieme a Tiziano e Stefano Forni dell’omonima galleria a credere nell’idea, sono affiancati dal gruppo degli altri spazi bolognesi come la galleria di Paolo e Daniela Stivani, la Duemila di Giancarlo Franchi e Silvia Spinelli, Il Cancello diretto dal pittore Giovanni Ciangottini, La Loggia, la San Luca di Giuseppina Scardovi e Marilena Camerini Maj.
Ad attestare la potenzialità di una rappresentazione del panorama nazionale ci sono la Giulia di Roma diretta da Ennio Casciaro, la Vinciana di Milano e La Bussola di Torino. Per coordinare l’evento, Mazzotti stesso ha scelto Giorgio Ruggeri, il critico d’arte de “Il Resto del Carlino” persona informata e competente, con una visione pragmatica della differenza tra gli obiettivi di una mostra-mercato e quelli delle esposizioni con finalità esclusivamente culturali.
Essenziale e quanto mai opportuno il catalogo di Artefiera, una sobria pubblicazione in bianco e nero rilegata a spirale metallica, quasi un quadernone di appunti con frammenti di testi dei migliori critici in attività (Argan, Ballo, Barilli, Sanguineti, Dorfles, Caroli, Bandini, D’Amore, Morosini, etc.) e sintetiche indicazioni sugli autori, che resterà nella storia come documento di questo coraggioso quanto ragionevole inizio, segnato da uno sguardo plurale e non puramente commerciale.
Scorrendo le immagini, infatti, si potrà ricordare che in questa prima fiera sono esposti i nomi di punta della scena bolognese come Concetto Pozzati, Pirro Cuniberti, Giorgio Zucchini, Luciano De Vita, Luigi Ontani, ma ci sono anche altri protagonisti della scena nazionale – tra i più differenti tra loro – come Fabio Mauri, Carol Rama, Valeriano Trubbiani, Sergio Sarri, Fabrizio Plessi, Gottardo Ortelli, e pittori stranieri quali Hans Hartung, Adolf Frohner, Pedro Cano e Carlos Alonso.
NdA. Ringrazio Bernardo Bartoli e Francesco Ribuffo della Galleria de’ Foscherari per aver condiviso memorie e avermi messo a disposizione l’originale del catalogo della prima edizione di Artefiera, dalle cui pagine sono tratte le immagini che accompagnano il testo.
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