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Lucia Rossi

Passare con lo sguardo il rosso – del sangue della tragedia – e il verde – dei campi, delle foreste, della libertà – per indugiare poi sul nero, il grigio e il bianco che coprono ogni cosa ma lasciano spiragli, brevi squarci, a immaginare la figurazione sottostante: scene che sono il dramma.

Il mio occhio sveste la materia di colori nell’osservazione lenta e accurata dei quadri di Gerhard Richter (Dresda, 1932) che ho davanti: “Birkenau” (2014), ciclo composto da quattro dipinti astratti di grande formato (260 x 200 cm) che rappresenta anche l’opera centrale dell’attuale mostra alla Neue Nationalgalerie.

 

Gerhard Richter
Veduta d’installazione “Gerhard Richter, 100 Werke für Berlin“, Staatliche Museen zu Berlin, Neue Nationalgalerie, © Gerhard Richter 2023, Ph. David von Becker

 

“Gerhard Richter. 100 Werke für Berlin” introduce il prestito permanente da parte della Gerhard Richter Kunststiftung di cento opere dell’artista tedesco ai musei di Berlino. L’attuale esposizione sarà visibile alla Neue Nationalgalerie fino al 2026 per poi spostarsi al Museo D’Arte del XX secolo, ancora in costruzione, al Kulturforum a Potsdamer Platz.

Scelta attentamente ponderata quella di Gerhard Richter, che con questo prestito senza scadenza sottrae al mercato la possibilità di comprare alcune delle sue opere, assicurandosi invece la loro continua fruibilità pubblica. In particolare con la serie Birkenau, l’obiettivo è così quello di mantenere viva la memoria di un periodo storico che non deve ripetersi.

Stiamo parlando dell’Olocausto, ovviamente, come si evince dal titolo dell’opera che porta il nome del più grande campo di sterminio nazista.

“In realtà l’inizio è abbastanza facile… Ma durerà solo per un giorno al massimo. A quel punto inizia il vero lavoro: cambiare, sradicare, ricominciare e così via, fino a quando non è finito”.
(I Have Nothing to Say and I’m Saying it, Conversazione tra Gerhard Richter e Nicholas Serota, Primavera 2011.)

Con queste parole Gerhard Richter descrive l‘inizio del processo di un lavoro astratto. Ed è esattamente quello che fa con Birkenau, raschiando, modificando il colore. Non è la prima volta che Richter affronta il tema dell‘Olocausto, ma è con questa serie di quadri del 2014 che raggiunge sicuramente la piena elaborazione espressiva.

Inizialmente Gerhard Richter dipinge, su quattro tele e con diversi strati di colore, le quattro fotografie – presenti in mostra accanto all’opera – che furono scattate di nascosto nell’agosto del 1944 nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau.

Fotografie conosciute come “foto del Sonderkommando” e che riuscirono ad uscire dal campo dentro un tubetto di dentifricio in una operazione che richiese la complicità di diversi altri prigionieri, immagini che, tra l’altro, furono usate nei primi processi ai crimini di Auschwitz nel 1945-47. A questo punto, Gerhard Richter raschia via la vernice per poi mescolarla ancora e di nuovo raschiarla fino a che il soggetto originale non è più riconoscibile.

 

Gerhard Richter, Dresden 2017, Ph. David Pinzer, courtesy Gerhard Richter Archiv Dresden © Gerhard Richter 2023

 

Strati di colore si aprono e le superfici inferiori traspaiono, conferendo profondità e forme, in un’interazione tra caso e decisione consapevole in cui il processo di creazione dell’opera d’arte rimane visibile.

Non è la prima volta che Richter si serve delle fotografie del Sonderkommando: nel 1967 ne aveva già inclusa una nel suo “Atlante”. Ma è stato solo con la pubblicazione di queste immagini nel libro di Georges Didi-Huberman “Images Despite Everything” (2008), in cui il filosofo francese le utilizzò per analizzare come l’Olocausto potesse essere rappresentato, che Gerhard Richter ebbe lo stimolo per affrontare nuovamente il tema, compiendo quindi un processo di astrazione nato dalla convinzione che non si potesse rendere giustizia all’orrore incomprensibile dell’Olocausto tramite rappresentazione diretta.

La sua pittura astratta offre momenti di forma e colore che creano un’atmosfera tragica e riflessiva, specialmente nelle molte superfici nere e grigie. L’astratto non esclude il figurativo e si crea uno spazio tra il mostrare e il non mostrare che apre a molteplici analisi. Osservazioni che vengono intensificate dalla presenza di un grande specchio grigio, suddiviso anch’esso in quattro parti, posto di fronte ai quadri di Birkenau.

In mostra sono esposte anche altre opere dell’artista provenienti da diverse fasi creative a partire dagli anni ‘80, tra cui “Besetzes Haus” (1989), “4900 Farben” (2007) e “Strip” (2013/2016). Un’ampia sezione comprende inoltre i lavori dell’importante gruppo di opere di foto sovraverniciate, “Übermalte Fotografien” (dal 1986), in cui Richter affronta la tensione tra fotografia e pittura a un nuovo livello. Non dipingendo direttamente sulle foto (prese dalla vita privata dell’artista come viaggi, visite a musei…), le strofina invece sulle spatole con cui lavora ai suoi dipinti.

Una mostra non esaustiva, data l’immensa produzione di uno dei più importanti artisti contemporanei che ha insistentemente esplorato le possibilità e i limiti della pittura, ma che tenta comunque di mettere in luce la tensione tra astrazione e figurazione, tra fotografia e pittura, che sottende l’intera opera di Gerhard Richter.

 

 

 

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