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“Dove puoi trovare cacciatori o chi si è smarrito”. Intervista a Luca Ceccherini

Ritratto fotografico di Luca Ceccherini, ph. Max Tomasinelli
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Il coltello nel noce, la prima mostra personale Luca Ceccherini alla galleria Umberto di Marino a Napoli, è visibile fino al 29 novembre 2025.

In questa occasione è esposto un nuovo corpus di opere composto da disegni e tele a tecnica mista, tutte datate 2025. In esse troviamo i tuoi principali codici visivi che evocano un incanto di gusto medievale: fuochi, fronde, animali, incontri misteriosi e figure intente in varie attività, sempre incorniciati dai boschi e dalle radure Casentinesi. Che cosa vuoi comunicare con questa nuova importante esposizione, abitata dalle fascinazioni del tuo passato?

La mostra, come dicevi, trae spunto da un vasto bacino di riferimenti visivi e immagini che provengono dai luoghi a me cari. Il titolo è il nome di una vecchia novella toscana, e il foglio di sala è la conclusione di un racconto di Ella Noyes, scrittrice che, nei primi anni del Novecento, ebbe modo di visitare il Casentino e sul quale scrisse un volume. Il testo da me riportato è la conclusione del suo racconto, che termina con la descrizione del piccolo borgo a cui spesso mi riferisco. Il paesaggio da lei descritto è profondamente diverso da quello odierno: i castagni secolari non sono più presenti e la foresta nel complesso è molto più giovane, persino i percorsi di alcune strade sono cambiati, ma trovo che il lato più evocativo del testo resti ancora molto valido, a mio parere infatti ne coglie perfettamente lo spirito che indubbiamente è rimasto intatto. Ho scoperto il testo recentemente, proprio durante il periodo in cui lavoravo sui quadri per la mostra da Umberto Di Marino e, devo dire che concordo perfettamente con tutto il suo scritto. Spero che allo stesso modo l’odore e il sentire di quel paesaggio emerga dai lavori esposti, che in essi vi sia un pò di quel paesaggio arcaico che la Noyes riesce a restituire in poche righe. Perfino la premessa di rendere contemporaneo il medioevo – per quanto possa sembrare assurda questa affermazione – mi sembra una sfida altrettanto avvincente e ancora degna di essere intrapresa.

Nelle opere esposte in mostra, in particolare nelle tele a tecnica mista, il paesaggio è distinto e particolareggiato, è parte del quadro senza “fondersi” con i personaggi in primo piano – come invece accadeva in molte delle tue precedenti opere. In questo modo, il paesaggio sembra avere un ruolo differente rispetto alla tua produzione anteriore: sorregge prontamente i personaggi o ci dice qualcosa di più?

Credo che il paesaggio, o più precisamente la sensazione di un certo tipo di paesaggio, siano sempre stati gli elementi principali del mio lavoro. Adesso è un elemento maggiormente distinto, e i personaggi scompaiono meno dentro di esso, ma cerco sempre di integrarli come se fossero degli elementi naturali. Spesso il paesaggio di cui parli risulta spezzato, suddiviso e quasi scontornato in piani come fossero quinte teatrali, un luogo abitato da figure che vi agiscono all’interno. In ogni caso, penso che il paesaggio rimanga comunque il personaggio principale, quello che determina le premesse e le condizioni generali. Poi, indubbiamente, al suo interno vi sono degli accadimenti che lo cambiano, ma mi accorgo che ancora l’intenzione resta comunque legata a una sensazione del mio paesaggio, che sia quella di un uliveto in una giornata maggiormente soleggiata o quella di un bosco in settembre.

Da diverso tempo hai due tecniche favorite: il disegno e la pittura a olio – nel caso de Il coltello nel noce utilizzi molto anche la tecnica mista su tela. In che rapporto sono questi due media? Si tratta di due sentieri distinti o hanno punti di contatto?

Generalmente li percepisco come molto distinti, superficialmente per una semplice questione di formato e tecnica, e in secondo luogo per una loro indipendenza di senso, in quanto, spesso quello che faccio sulle carte non lo faccio sulle tele, e viceversa. Non penso ai due mezzi in un’ottica di bozzetto e quadro, ma li ritengo autonomi e con la stessa validità; pure il processo in entrambi i casi è molto simile, cambiano solo alcuni strumenti, anche se la distinzione più formale, quella più tecnica, credo si stia assottigliando. Forse recentemente si stanno contaminando a vicenda più di quello che io credo, e questo mi fa piacere: mi accorgo che durante il lavoro, se i colori si spostano e si richiamano a vicenda tra i quadri e le carte lo stesso vale per il disegno con la grafite. Sempre di più sto integrando interventi di questo tipo sui quadri, in modo molto naturale, almeno credo, come se avessi bisogno di riformulare alcuni aspetti della pittura. Non penso sia un’aggiunta di tecniche, ma una naturale conseguenza del lavoro e delle sue esigenze.

Luca Ceccherini, Fuochi nella vigna, 2025, tecnica mista su tela, 190 x 230 cm, ph. Max Tomasinelli, Courtesy dell'artista
Luca Ceccherini, Fuochi nella vigna, 2025 – Courtesy dell’artista, ph. Max Tomasinelli

Penso al Serpente fiorito, opera realizzata nel 2021, e a Fuochi nella vigna del 2025: accostando questi due oli è evidente come la pennellata si sia trasformata nel tempo. Questo cambio nel tratto – dato dalla sperimentazione e da una sicura evoluzione personale – evidenzia anche un cambio nella considerazione dello spazio pittorico?

Sicuramente possiamo parlare di una differente concezione di spazio pittorico: ci conosciamo da molto tempo e penso tu abbia visto molti cambiamenti interni al mio lavoro, e spero ne vedrai ancora. Dico questo perché più che evoluzione – che è un termine che potrebbe far pensare ad un cambiamento verticale – credo che il lavoro, almeno il mio, sia in un’ottica legata all’idea circolare di evoluzione. Riconosco una serie di tematiche e di aspetti attorno ai quali mi muovo e che sono il motore stesso del mio fare, che io poi arrivi al punto centrale spesso ne dubito: mi sembra sempre di giraci attorno toccando di volta in volta punti nuovi e rimandi ad aspetti più vecchi, tutti elementi che messi assieme fanno parte della stessa ricerca. Credo che questa sia la parte più vitale di quello che faccio, almeno lo è per me: riconoscere in un quadro del 2025 i rimandi di senso e gli stimoli presenti in un lavoro del 2021 mi sorprende sempre e crea nuovi stimoli. Forse è una cosa visibile solo dall’interno del lavoro o dello studio, ma ci terrei molto che chi vedesse i miei lavori in mostra percepisse la coralità di una ricerca che si muove attorno ad un macrotema.

Per chiudere questa conversazione uno sguardo verso il futuro: quali saranno i tuoi prossimi passi e progetti? È prevista un’apertura verso l’estero?

Si, a novembre farò una personale in uno spazio privato a Shanghai, lo spazio è di Xu Jiahao, un caro amico che, con molto interesse e dedizione, guarda da tempo sia al mio lavoro che quello degli altri ragazzi in studio con me. Xu passa spesso a Torino per venire a trovarci e ho avuto molte occasioni di confrontarmi con lui sul lavoro, penso sia soddisfatto dei quadri che gli ho proposto. Per la mostra nel suo spazio, ho pensato appositamente ad altri tre lavori, più incentrati sull’idea di giardino, credo comunque che siano visivamente molto vicini a quelli realizzati per Napoli.


Luca Ceccherini
Il coltello nel noce
4 ottobre 2025 – 29 novembre 2025
Galleria Umberto di Marino, Napoli

www.galleriaumbertodimarino.com
@luca.ceccherini


Immagine di copertina: Ritratto fotografico di Luca Ceccherini – Courtesy l’artista, ph. Max Tomasinelli


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