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Paula Rego

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“Ognuno concepisce a modo suo il senso dell’esistenza, ma avere delle storie aiuta”.

Paula Rego

 

Il cortocircuito che si avverte subito, entrando nella room 46, dedicata alle esposizioni temporanee, è solo la scintilla di un iniziale spaesamento: sulla lunga parete frontale un monumentale dipinto quasi monocromo – sinfonia di blu smaltati, bianchi e rari bruni – distende orizzontalmente con il suo racconto, popolato da decine di massicce figure femminili e di minute vicende concitate, mentre, alle spalle di chi entra, tra i bagliori dorati di un’antica pala d’altare, una piccola rondine sembra essersi appena posata sul trono marmoreo della Madonna, principessa rinascimentale dall’incarnato di porcellana.

 

Paula Rego
Paula Rego, Crivelli’s Garden II, 1990-91, The National Gallery, London. Presented by English Estates, 1991 © Ostrich Arts Ltd. Photo: The National Gallery, London

 

Quando, nel 1491, il sublime pittore veneziano Carlo Crivelli, dipinse su tavola la delicata Madonna della Rondine per la cappella gentilizia della famiglia Ottoni nella chiesa di San Francesco degli Zoccolanti di Matelica, piccola città delle Marche, non avrebbe certo potuto immaginare che cinque secoli dopo, in un grande museo come la National Gallery di Londra, la sua opera sarebbe stata reinterpretata da un’irriverente pittrice femminista portoghese.

Ma probabilmente nemmeno Paula Rego, artista visionaria e socialmente impegnata, avrebbe mai immaginato di vedere la sua opera duettare vis-à-vis nella stessa stanza con quel capolavoro di soggetto sacro, mirabilmente in bilico tra preziosismi tardogotici e spazialità rinascimentale, al quale trent’anni prima aveva voluto rendere omaggio, ma a modo suo, spinta da un’ispirazione libera e un po’ provocatoria, nel grande murale che le era stato commissionato per la Sainsbury Wing Dining Room del museo.

 

Carlo Crivelli, La Madonna della Rondine © The National Gallery, London

 

La mostra Crivelli’s Garden, con la quale la National Gallery vuole ricordare fino al 29 ottobre l’artista portoghese-britannica a un anno dalla scomparsa, avvenuta poco dopo l’apertura della sua sala alla Biennale di Venezia del 2022, è l’occasione per riscoprire la vicenda di una committenza singolare.

Il dialogo, che ora è andato in scena con l’efficacia scenografica del confronto diretto tra mondi all’apparenza lontanissimi, è in realtà nato quando, all’inizio degli anni Novanta, poco dopo la nomina di Paula Rego a prima artista associata della prestigiosa istituzione, come artist in residence le venne chiesto di realizzare un dipinto site-specific di grandi dimensioni, destinato a caratterizzare il ristorante del museo, dove a lungo è rimasto quasi inosservato.

Paula Rego, forse prendendo un po’ di sorpresa i curatori, scelse di ispirarsi all’opera di provenienza italiana, affascinata dall’uso della luce e dalle figure, che popolano il dipinto nella tipica alternanza di diverse scale proporzionali, da quelle piccole che ani- mano la predella a quelle principali, più immote e solenni, nella parte superiore.

Tra Dame Maria Paula Figueiroa Rego – nata a Lisbona nel 1935 e cresciuta con la nonna sulla riva del Tago, mentre i suoi genitori antifascisti si rifugiavano in Gran Bretagna – e Carlo Crivelli – nato a Venezia intorno al 1435 in una famiglia di raffinati pittori -, non ci sono “solo” esattamente cinquecento anni di distanza cronologica: interpreti di due mondi lontanissimi, l’uno elitario e dogmatico, l’altro eversivo e democratico, le loro due potenti opere si pongono agli antipodi della storia dell’arte figurativa.

 

Paula Rego nel suo studio con Crivelli’s Garden, 1990 © Ostrich Arts Ltd. Photo: The National Gallery, London

 

Eppure, per entrambi, la pittura è narrazione di storie tanto profondamente intrise di spiritualità che, nel confronto, lentamente affiora una vocazione comune e sottese connessioni, pur in assenza di citazioni didascaliche, dalle quali Paula Rego si è intelligentemente astenuta. Così la visita alla mostra londinese è un’immersione in un ambiente denso di sollecitazioni, perché due racconti vi si intrecciano, l’uno con le sonorità di un canto liturgico, l’altro con il ritmo di una canzone popolare, incontrandosi a tratti su note inaspettate.

Come quasi sempre nell’opera di Paula Rego, anche qui sono tutte voci di donne, e gesti del vissuto femminile, a guidare lo sguardo.

Ci sono donne vere e immaginate, tra le quali persino Dalila, Maddalena, Caterina d’Alessandria e la Vergine Maria prendono vita, incarnandosi nei corpi e nei volti delle persone coraggiose e forti che Paula Rego ha conosciuto, da quando era bambina fino al momento dell’esecuzione del dipinto; quando, oltre ad amiche e famigliari, posarono per lei anche due operatrici dello staff del museo, che ancora ricordano con affetto la capacità di Paula Rego di entrare in immediata sintonia con le modelle, chiedendo di muoversi con la massima naturalezza, durante le lunghe sedute di posa.

 

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