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Francesco Boni

Sempre più spesso, intorno a me, sento pronunciare e poi ripetere questa parola quasi magica: Arte. A volte, non posso nasconderlo, anche con un’esagerata superficialità. Ma cosa significa parlare d’Arte? È confrontarsi sul nostro futuro, proiettarsi nel mondo di domani che noi stessi stiamo costruendo, giorno per giorno, ora per ora. Non può certo trattarsi, allora, di materia semplice e leggera. È attenzione, costante e collettiva.

Ogni parola ha un senso ben preciso e non ho scelto questa a caso: può sembrare, a chi si vuole fermare lì, che io non mi renda conto del fatto che l’arte sia essenzialmente creazione, quindi il frutto di una capacità inventiva individuale, della genialità di un uomo, di un artista, di uno scienziato o di un pensatore che ha lasciato nel suo tempo una traccia incancellabile.

Su quel solco, però, ogni volta altri artisti hanno continuato a ragionare e costruire ancora, fino a quando l’iniziale pensiero individuale non è arrivato a caratterizzare un periodo storico, fino a quando non è diventato collettivo e condiviso, inevitabilmente. È un processo continuo, inarrestabile, che ha trovato il suo primissimo e sacro slancio più di 70.000 anni fa, quando un giovane tracciò il primo segno della sua esistenza sulla parete della caverna che lo riparava. Come un grido, improvviso, destinato a stravolgere la storia: “Io esisto, ho la coscienza di me stesso e lo urlo ai miei simili”. Da lì si è generato il fenomeno di comunicazione creativa che – ne sono fermamente convinto – non si fermerà mai.

 

Arte
Antonio Joli, Capriccio romano con monumenti.

 

Il salto è enorme, per arrivare fino a oggi e al sistema dell’arte attuale. Lo abbiamo creato noi, ma dobbiamo interrogarci ancora: può sopravvivere e continuare a proliferare per il futuro? Ha bisogno di nuove intuizioni? Oppure, addirittura, deve essere smantellato per poter continuare a vivere liberamente e democraticamente? Siamo nel bel mezzo di un periodo storico capace di incredibili rivoluzioni tecnologiche, come continui regali da scartare che hanno aiutato anche l’arte e gli artisti.

Sta cambiando tutto, rapidissimamente e senza tregua: la comunicazione, il sistema finanziario e quello economico. Cambierà radicalmente anche la stessa organizzazione sociale in atto. L’artista, come naturale conseguenza, ha incredibili possibilità di partecipare e determinare un’evoluzione nuova. Ma sta a noi trovare il modo corretto per lasciarglielo fare, perché tra tante possibilità si nasconde – silenzioso e pericolosissimo – anche un fastidioso ostacolo: l’attuale sistema finanziario che domina, letteralmente, il mercato dell’arte. Dovrebbe essere risorsa per i giovani artisti, si sta trasformando nel tremendo e potente nemico da combattere.

In un contesto in cui siamo sempre più destinati a guardare, la televisione, gli smartphone e chissà quale altro mezzo già pronto ad invadere i nostri pensieri, la visibilità diventa elemento essenziale per determinare l’affermazione di un artista. Secondo le regole di questo gioco, però, la si può raggiungere solo e soltanto grazie a un ingente impegno di capitali, da spendere in mostre museali, libri, cataloghi e critici d’arte. Non c’è strada alternativa e non esiste risultato peggiore: il successo rapido e temporaneo, la precedenza ad artisti di impatto e “alla moda” piuttosto che ai veri creatori di idee.

L’arte più pura, dunque, resta lì a guardarci. Inerme. Con una domanda dentro agli occhi e il rischio concreto di rimanere soffocata nel proprio guscio, di poter essere riscoperta – nel migliore dei casi – quando la storia non potrà farne a meno. Quanto tempo e idee perdute, per correre affannosamente dietro alla ricchezza!

Tutto questo non deve e non può essere istituzionalizzato. È giunta l’ora di trovare mezzi e idee per sconfiggere questa preoccupante abitudine, per rendere nuovamente la disponibilità economica ciò che deve essere: il motore primario dell’evoluzione dell’arte e della scienza. Allo stato dei fatti, una quantità di denaro enorme viene usata per l’arricchimento di pochi. Se trovasse la sua giusta direzione, come sostegno per i veri innovatori e per chi può davvero arricchire il patrimonio culturale contemporaneo, permetterebbe un ulteriore importantissimo passo in avanti all’umanità intera. Non possiamo dimenticarlo. Non possiamo più permettercelo.

 

 

 

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