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Lorenzo Fiorucci

Forse solo i più attenti osservatori si accorsero, già nel cuore degli anni trenta, del valore innovativo e dell’atipicità formale delle sculture ceramiche di Lucio Fontana.

 

«La materia di Lucio Fontana è incandescente, ricca di grumi minerali e di sostanze azoniche; nel cuore di queste statue si potrebbe trovare il diamante».

 

Per rendersene conto basta infatti leggere qua e là, dalla non certo sterminata bibliografia del tempo, alcuni commenti di coloro che, incuriositi dalla originalità di queste invenzioni plastiche, annotavano a caldo l’impatto dirompente che queste opere ebbero ai loro occhi. Commenti utili ancora oggi per tracciare quegli elementi che a lungo, in realtà, furono ignorati da critica e mercato, lasciando intendere, sbagliando, che le ceramiche di Lucio Fontana fossero un sottoprodotto a latere rispetto ai lavori pittorici o ambientali, senza nemmeno ipotizzare che potessero esserne invece una probabile radice.

 

 Lucio Fontana, Battaglia,1949 © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022
Lucio Fontana, Battaglia,1949 © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022

 

Raffaele Carrieri è certamente tra i più attenti commentatori del tempo e nel 1939, in un lungo articolo dal titolo esplicativo: “Le Maioliche Geologiche”, che bene esprime la tipologia di ceramiche che andava cuocendo l’italo-argentino, registra come: «La materia di Lucio Fontana è incandescente, ricca di grumi minerali e di sostanze azoniche; nel cuore di queste statue si potrebbe trovare il diamante».

Natura e artificio sono d’altra parte i temi nodali con cui Lucio Fontana mette in crisi l’idea tradizionale di rappresentazione, dominante nella scultura di primo novecento, e con i quali farà i conti per tutta la sua carriera anche approcciandosi alla tela, attraverso azioni dirompenti come i “Buchi” e i più noti “Tagli”.

 

Lucio Fontana, Figura alla finestra,1931 © Fondazione Lucio Fontana by SIAE

 

Un anno prima Attilio Podestà notava che «Lo scultore inquieto e incontestabile ha trovato forse nella preziosa materia il mezzo d’espressione più appropriato di un problema personale di fusione della pittura nella scultura, nell’ordine delle loro intenzioni primordiali». È infatti sull’unione della scultura con il colore pittorico che Lucio Fontana gioca la sua personale partita proprio in seno al rinnovamento di una statuaria, che Arturo Martini avrebbe dichiarato morta di lì a pochi anni.

Sarà Lucio Fontana, assieme a pochissimi altri – tra cui Leoncillo già dal 1938, e Fausto Melotti prevalentemente dal dopoguerra – a rilanciare la scultura dipinta, dove per tutti e tre il colore diviene materia, elemento che si salda indissolubilmente alla terra, spesso sciogliendola in grumi che alterano la “bella forma”, generando un artificio plastico di intensa espressività emotiva.

Luigi Pennone invece, nel 1937, descrive le facce ricche di stupore dei ceramisti albisolesi, nel vedere in azione il funambolico scultore: «Rivedendo ancora gli occhi sbarrati dei “tornanti”, dei “fornacianti”, delle fanciulle pittrici del covo Mazzotti, di Bianco, di Mariano, di Torrido, dello stesso Tullio, di fronte alla stupefacente abilità-velocità plastica di Fontana divoratore di terra, graffiata, foggiata a espressione nitida nel breve consumo di una Lucky».

 

Lucio Fontana, Battaglia,1950 © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022

 

Effettivamente una sigaretta era il tempo di attesa sufficiente per vedere prendere forma da un panetto di argilla intonso, una scultura dalle fattezze di una giovane donna o di una natura morta. Esiste un raro video a colori, ancora oggi poco noto, girato nei primi anni cinquanta proprio in riviera ligure, dove Lucio Fontana si ritirava periodicamente, soprattutto d’estate, approfittando delle vacanze per rigenerarsi e per modellare la creta, ospite per lo più della manifattura Mazzotti.

È in quella bottega, già benedetta dalla presenza del futurista Tullio d’Abisola, che Lucio Fontana dà corpo e forma alle sue “incandescenti” ceramiche. Nel video si può infatti vedere come nel breve volgere di pochi, ma puntuali tocchi chirurgici, egli realizza una “Madonna con bambino”, dalla forte intensità espressionista, quasi “barocca”. Un’opera forse perduta, ma analoga per tipologia alle molte raccolte in anni di archiviazione e studi, dalla Fondazione Lucio Fontana nei due poderosi tomi, editi da Skira, che danno sostanza a “Il Catalogo ragionato delle sculture ceramiche” (p. 818 – € 350,00).

 

Lucio Fontana, Drago,1949-51 © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2022

 

Un’impresa che porta a compimento il progetto catalogatorio di tutta l’opera dell’artista, avviato con prime ricognizioni già negli anni settanta da Enrico Crispolti, lo studioso romano che sul finire degli anni cinquanta si è interrogato sulla spinta innovativa che lo scultore andava proponendo incessantemente dagli anni trenta, continuando a seguirlo nel nodale passaggio tra i cinquanta e i sessanta, dove le turbolenze dell’informale andavano stemperandosi in azioni più composte di tele e sculture spazialiste.

Lo seguì infine nelle ultime produzioni ambientali e pittoriche fino alla morte nel 1968, in quel settembre nero per l’arte italiana, in cui in pochi giorni se ne andarono con Lucio Fontana anche Leoncillo e Pascali, lasciando orfana l’Italia dei più grandi alfieri della scultura contemporanea.

 

 

 

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