l'arte come non l'hai mai vissuta
CARRELLO
Cerca
Close this search box.

Ritrovare il senso etico dell’arte

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

“Mi piacerebbe, dunque, che succedesse per una volta davvero. Che la politica di oggi facesse sue le mie problematiche sul senso etico”

 

Quando ci penso, mi sembra di aver trascorso un tempo sostanzialmente infinito di fronte alle telecamere. Faccia a faccia con uno sguardo soltanto apparentemente freddo e distante, pronto a nascondere quello di milioni di esseri umani caldissimi e presenti.

Ore e ore di trasmissioni in diretta, con una compagna fedele sempre accanto a me, dentro di me: la ferma intenzione di provare a trasmettere al telespettatore la mia emozione sincera, la trepidazione, il turbamento e la commozione che può generare nel cuore un’opera d’arte. Il tutto può assumere un significato ben diverso, se riletto alla luce di alcuni interrogativi che sempre più spesso – ultimamente – mi pongo: ho presentato Opere d’Arte (con la maiuscola non certo occasionale), o ciò che il sistema del mercato ha definito tali?

Ho veramente reso partecipe il grande pubblico televisivo, che non aveva mai frequentato un museo o una galleria, del valore obiettivo, educativo e sociale che può raggiungere il dipinto nella nostra storia, o mi sono limitato a comunicare ciò che la “Babele” dell’informazione artistica ha voluto imporre nel tempo?

Sono quesiti che mi inquietano, perché mai come oggi mi sto rendendo conto di quanto il sistema di mercato possa creare dei veri e propri “miti” economici, artisti ed opere che raggiungono prezzi impressionanti pur non rimanendo sempre in linea con valori artistico-storici equivalenti.

 

Si deve ripensare la storia per creare il domani

 

senso etico
una foto di Roberto Longhi

 

Quando consulto i cataloghi d’asta delle più importanti organizzazioni internazionali, mi rendo perfettamente conto che i risultati, i leggendari Record Price che tanto ci appassionano e vengono esaltati dalla stampa, sono il frutto in realtà di un efficace lavoro su misura: investimenti enormi di capitali, da parte di operatori finanziari e galleristi, che spesso si rivelano essere soci o azionisti delle organizzazioni di vendita o museali stesse.

Il mercato, dunque, viene costruito secondo intenzioni e direzioni ben precise. Come un codice, che non sorge certamente libero, sincero e spontaneo seguendo il valore culturale e storico delle opere.

Molti operatori mi rassicurano, affermando che soltanto gli artisti migliori vengono assorbiti dal sistema finanziario. Secondo loro, insomma, il valore economico finisce sempre per essere corrispondente a quello storico-artistico. Con l’affermazione economica, però, inevitabilmente si crea una “moda”.

Come ben sappiamo la sua caratteristica primaria è per definizione la fragilità: si esaurisce nel tempo, per poi essere rivisitata in momenti o periodi diversi. Non è un valore assoluto quindi, quello che si afferma, ma assolutamente temporale. Ecco allora la domanda più importante: l’Arte, nel suo significato più profondo, può essere considerata tale?

A consolarmi è una certezza indissolubile: la grande qualità e le opere più significative di artisti anche fuori dal sistema, spesso, trovano effettivamente uno spazio museale per esaltare la propria vitalità.

Voglio dunque continuare a credere che, al di là della moda, si possa riuscire sempre a delimitare e proteggere una “zona di sicurezza” per coloro che sanno creare i presupposti intellettuali, storici, politici utili alla creazione del domani. Un piccolo grande rifugio per gli artisti veri e indiscutibili, per il bene supremo che è l’Arte.

C’è però un elemento ben preciso, nel mercato attuale, che mi turba e mi spaventa in maniera particolare. Qualcosa che potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile, in questa ricerca di un maggior senso etico e di giustizia: chi mi conosce sa che sono un appassionato della pittura, uno studioso che ha fatto tesoro delle lezioni di Longhi, Arcangeli, Causa, Briganti e Zeri, che ha iniziato a frequentare le gallerie d’avanguardia sin dalla fine degli anni Cinquanta.

Nella mia vita non ho mai smesso di studiare la materia, a dir la verità, perché così funziona in maniera naturale e bellissima quando la passione coincide con la professione. Ho sempre frequentato direttamente gli artisti, il loro mondo e il loro quotidiano, perso dentro un percorso pieno di colori e dettagli che mi ha aiutato a conoscere la verità.

 

“Ho cercato di “salvarmi”, sostenendo con forza che per evitare pericoli si debbano acquistare soltanto opere qualitativamente superiori, mai le produzioni “commerciali” di un artista”.

 

page11image11263088
Giuliano Briganti a una trasmissione televisiva della Rai; sui cavalletti, due quadri di De Chirico.

 

Negli anni, quando ho lavorato per grandi organizzazioni, mi sono ritrovato spesso di fronte ad opere che personalmente giudicavo non degne della mano del “Maestro” a cui venivano attribuite. Eppure possedevano tutti i requisiti e i relativi documenti che il sistema ritiene ancora oggi necessari per definirle autentiche e… di valore.

Vi assicuro che è un problema etico insopportabile, per chi vive questo mondo giorno dopo giorno. Ho cercato di “salvarmi”, sostenendo con forza che per evitare pericoli si debbano acquistare soltanto opere qualitativamente superiori, mai le produzioni “commerciali” di un artista.

Perché rimango assolutamente convinto del fatto che si debba rispettare la legge corrente ed esigere l’autentica “di sistema”, ma allo stesso tempo so bene che questa non può rappresentare una garanzia sufficiente per affrontare un investimento. Per questo motivo ho sempre proposto a chi mi ascolta una distinzione netta tra le opere di atelier (pensate dall’artista e realizzate dai suoi collaboratori) e le opere autografe (pensate e realizzate dall’artista stesso).

Su questa strada mi hanno seguito e mi seguono i collezionisti più attenti, ma purtroppo la grande massa continua invece a confidare ciecamente nel “documento”, non sempre proveniente da fonti adeguatamente preparate e competenti. Eccoci allora, pienamente, al centro del tema che questo numero di “Arte In” ha deciso di affrontare: Arte e Politica. Due entità inscindibili per natura, perché l’Arte è saper creare, la Politica saper realizzare l’idea creata.

Mi piacerebbe, dunque, che succedesse per una volta davvero. Che la politica di oggi facesse sue le mie problematiche sul senso etico, cambiando finalmente le regole del gioco e proponendo sistemi sostitutivi, più chiari e corretti, rispetto a ciò che sto con coscienza denunciando. La speranza, del resto, non deve essere abbandonata mai. Domani, sarà un altro giorno?

 

 

Per ricevere il magazine di ArteIn, abbonati subito!

Acquista qui i numeri precedenti!

Articoli correlati
Scopri i nostri autori

Esplora la di articoli firmati da questo autore, lasciati affascinare dalle sue avvincenti storie e dalla sua unica prospettiva sull’arte.

Esplora la di articoli firmati da questo autore, lasciati affascinare dalle sue avvincenti storie e dalla sua unica prospettiva sull’arte.

Esplora la di articoli firmati da questo autore, lasciati affascinare dalle sue avvincenti storie e dalla sua unica prospettiva sull’arte.

Esplora la di articoli firmati da questo autore, lasciati affascinare dalle sue avvincenti storie e dalla sua unica prospettiva sull’arte.

Esplora la di articoli firmati da questo autore, lasciati affascinare dalle sue avvincenti storie e dalla sua unica prospettiva sull’arte.