“Mi piacerebbe, dunque, che succedesse per una volta davvero. Che la politica di oggi facesse sue le mie problematiche sul senso etico”
Quando ci penso, mi sembra di aver trascorso un tempo sostanzialmente infinito di fronte alle telecamere. Faccia a faccia con uno sguardo soltanto apparentemente freddo e distante, pronto a nascondere quello di milioni di esseri umani caldissimi e presenti.
Ore e ore di trasmissioni in diretta, con una compagna fedele sempre accanto a me, dentro di me: la ferma intenzione di provare a trasmettere al telespettatore la mia emozione sincera, la trepidazione, il turbamento e la commozione che può generare nel cuore un’opera d’arte. Il tutto può assumere un significato ben diverso, se riletto alla luce di alcuni interrogativi che sempre più spesso – ultimamente – mi pongo: ho presentato Opere d’Arte (con la maiuscola non certo occasionale), o ciò che il sistema del mercato ha definito tali?
Ho veramente reso partecipe il grande pubblico televisivo, che non aveva mai frequentato un museo o una galleria, del valore obiettivo, educativo e sociale che può raggiungere il dipinto nella nostra storia, o mi sono limitato a comunicare ciò che la “Babele” dell’informazione artistica ha voluto imporre nel tempo?
Sono quesiti che mi inquietano, perché mai come oggi mi sto rendendo conto di quanto il sistema di mercato possa creare dei veri e propri “miti” economici, artisti ed opere che raggiungono prezzi impressionanti pur non rimanendo sempre in linea con valori artistico-storici equivalenti.
Si deve ripensare la storia per creare il domani
Quando consulto i cataloghi d’asta delle più importanti organizzazioni internazionali, mi rendo perfettamente conto che i risultati, i leggendari Record Price che tanto ci appassionano e vengono esaltati dalla stampa, sono il frutto in realtà di un efficace lavoro su misura: investimenti enormi di capitali, da parte di operatori finanziari e galleristi, che spesso si rivelano essere soci o azionisti delle organizzazioni di vendita o museali stesse.
Il mercato, dunque, viene costruito secondo intenzioni e direzioni ben precise. Come un codice, che non sorge certamente libero, sincero e spontaneo seguendo il valore culturale e storico delle opere.
Molti operatori mi rassicurano, affermando che soltanto gli artisti migliori vengono assorbiti dal sistema finanziario. Secondo loro, insomma, il valore economico finisce sempre per essere corrispondente a quello storico-artistico. Con l’affermazione economica, però, inevitabilmente si crea una “moda”.
Come ben sappiamo la sua caratteristica primaria è per definizione la fragilità: si esaurisce nel tempo, per poi essere rivisitata in momenti o periodi diversi. Non è un valore assoluto quindi, quello che si afferma, ma assolutamente temporale. Ecco allora la domanda più importante: l’Arte, nel suo significato più profondo, può essere considerata tale?
A consolarmi è una certezza indissolubile: la grande qualità e le opere più significative di artisti anche fuori dal sistema, spesso, trovano effettivamente uno spazio museale per esaltare la propria vitalità.
Voglio dunque continuare a credere che, al di là della moda, si possa riuscire sempre a delimitare e proteggere una “zona di sicurezza” per coloro che sanno creare i presupposti intellettuali, storici, politici utili alla creazione del domani. Un piccolo grande rifugio per gli artisti veri e indiscutibili, per il bene supremo che è l’Arte.
C’è però un elemento ben preciso, nel mercato attuale, che mi turba e mi spaventa in maniera particolare. Qualcosa che potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile, in questa ricerca di un maggior senso etico e di giustizia: chi mi conosce sa che sono un appassionato della pittura, uno studioso che ha fatto tesoro delle lezioni di Longhi, Arcangeli, Causa, Briganti e Zeri, che ha iniziato a frequentare le gallerie d’avanguardia sin dalla fine degli anni Cinquanta.
Nella mia vita non ho mai smesso di studiare la materia, a dir la verità, perché così funziona in maniera naturale e bellissima quando la passione coincide con la professione. Ho sempre frequentato direttamente gli artisti, il loro mondo e il loro quotidiano, perso dentro un percorso pieno di colori e dettagli che mi ha aiutato a conoscere la verità.
“Ho cercato di “salvarmi”, sostenendo con forza che per evitare pericoli si debbano acquistare soltanto opere qualitativamente superiori, mai le produzioni “commerciali” di un artista”.