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Marzia Spatafora

Danilo Eccher, uno dei più affermati critici e curatori d’arte contemporanea italiani, dal 1989 ha diretto importanti Musei, dalla Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento, alla Gam di Bologna, al Macro di Roma, e nel 1993 è stato commissario per la 45^ Biennale di Venezia. Professore all’Università di Bologna e alla Sapienza di Roma e attualmente all’università di Torino, nel 2002 ha istituito un master per curatori d’arte, in collaborazione con MACRO – La Sapienza.

Dal 2015 Danilo Eccher è curatore indipendente e ha dato vita a mostre di grande successo al Chiostro del Bramante. Lo abbiamo intervistato in occasione della mostra CRAZY “La follia nell’arte contemporanea”, inauguratasi il 14 febbraio al Chiostro del Bramante di Roma, per sapere di più del suo percorso e del suo modo innovativo di fare mostre.

 

“Ci sono luoghi comuni che vogliono l’arte contemporanea difficile, se non inarrivabile, e i giovani totalmente disinteressati all’arte. Questo è spesso solo un alibi per non accendere il dubbio sul proprio lavoro”.

Danilo Eccher

 

Danilo Eccher
Gianni Colombo, Topoestesia – itinerario programmato, 1970, Tecnica mista/Mixed Technique, Misure ambientali/Variable Dimensions, Courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano

 

Il suo profilo professionale è di alto livello artistico e culturale. Ha diretto i più importanti musei italiani con successo. Qual è il suo segreto?

“Non ci sono segreti, solo tanto lavoro e un po’ di fortuna. Ho iniziato come Direttore della Galleria Civica di Trento nella seconda metà degli anni Ottanta, quando si stava affermando un nuovo modello di museo d’arte contemporanea ed è stato quindi più facile affermare il mio lavoro. Inoltre ho sempre considerato il museo un ente di servizio per il pubblico, non un luogo per compiacere amici, penso che questo sia stato riconosciuto in tutti i musei che ho diretto.”

 

È stato uno dei primi Direttori a dare un respiro internazionale ai musei italiani, le sue mostre sono costellate di nomi altisonanti dell’arte contemporanea, pensa che gli artisti italiani all’estero godano della stessa attenzione?

“Ho avuto la fortuna e il privilegio di lavorare con alcuni dei più importanti artisti mondiali e con alcuni di loro anche di costruire una solida amicizia. All’inizio era importantissimo contribuire alla conoscenza diretta dell’arte internazionale, cosa che oggi è ovviamente superata, ma anche gli artisti italiani avevano un grande riscontro all’estero, molti grandi musei internazionali proponevano mostre di artisti italiani, tra Arte Povera e Transavanguardia, l’Italia aveva un ruolo abbastanza centrale.”

 

Al Chiostro del Bramante a Roma ha messo in scena la Trilogia dell’Uomo con le mostre: Love, Enjoy e Dream; come si inserisce in questo contesto l’ultima mostra CRAZY?

“Quando ho lasciato la direzione della GAM di Torino volevo provare a realizzare un nuovo progetto curatoriale che riprendesse le esperienze storiche delle mostre surrealiste degli anni Trenta, quelle curate da Duchamp, e poi riprese negli anni Sessanta e Settanta da Szeemann, Fuchs, Rosenthal.

Così quando il Chiostro del Bramante mi ha chiesto di realizzare una mostra ho proposto un modello di “curatela narrativa” che superasse il semplice processo espositivo per accedere al campo visionario di una narrazione critica. Al Chiostro si è creato così un bel gruppo di lavoro che mi ha dato enormi stimoli e suggerimenti per ottenere un grande risultato.”

 

Ci racconta come nasce una mostra di Danilo Eccher e cosa la differenzia dalle altre?

“Ogni mostra nasce da un pensiero, una sorta di spina dorsale lungo la quale si sviluppa tutto il lavoro. Un processo che si articola in tre momenti: 1) ANALISI, la ricerca e lo studio delle opere e degli artisti che si vuole coinvolgere, i riferimenti storici, le relazioni e le connessioni; 2) INTERPRETAZIONE, l’approfondimento delle singole opere in relazione al ‘pensiero’ della mostra, il loro rapporto con le altre discipline: letteratura, filosofia, scienza, religione, ecc. 3) NARRAZIONE, la “Messa in Scena” delle opere, la loro costruzione narrativa, la composizione di un pensiero per immagini.

E’ qui che il curatore esprime la sua forza intellettuale e sviluppa il profondo confronto con l’artista. Non va poi mai dimenticato che anche il curatore deve sempre imparare qualcosa da ogni sua mostra.”

 

Danilo Eccher si sente più curatore o critico d’arte? Secondo lei queste due figure stanno subendo una trasformazione rispetto ai ruoli originali?

“Sono laureato in Filosofia e la mia origine…

 

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